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Il processo amministrativo[]

Nel processo amministrativo si studiano e si affrontano questioni che non si possono tagliare con la spada. Ad esempio un tipico vizio che si fa valere davanti al giudice amministrativo è l'eccesso di potere, che non è un parametro di valutazione che si applica in modo automatico, perchè accertare se c'è eccesso di potere richiede una valutazione supplettiva. Richiede di stabilire se quel potere è stato esercitato correttamente.

I testi fondamentali sono: il codice del processo amministrativo, cioè il Decreto Legislativo 104/2010, che ha subito in questi due anni due importanti modifiche, una nel 2011 ed una nel 2012. Nel 2011 è stato modificato dal Decreto 195, nel 2012 dal D. Lgs. 160/2012.

Altre leggi importanti sono la legge abolitiva del contenzioso amministrativo (legge 20 marzo 1865 numero 2248), che riguardava la giurisdizione del giudice ordinario, ed il Decreto del Presidente della Repubblica numero 1199 del 1971, che disciplina i conflitti (ricorsi) amministrativi.

Quello che è importante capire è quale sia la particolarità della giustizia amministrativa rispetto alla giustizia ordinaria.

Mentre nella giustizia civile tutti i diritti sono soggettivi e ci sono diritti disponibili dell'attore e del convenuto, nella giustizia amministrativa,soprattotto quella dinnanzi al giudice amministrativo, ciò che viene in considerazione non è solo il diritto soggettivo disponibile, ma è una situazione soggettiva indisponibile, che è l'interesse pubblico, cioè è la pubblica amministrazione che è convenuta, o meglio "amministrazione intimata", non è un semplice convenuto, perchè portatore di un interesse che non è suo dell'amministrazione ma alla fine è di tutti noi, in quanto interesse pubblico.

Esempio. Pensiamo alla gara d'appalto per costruire un ospedale, se il TAR sospende questa gara, è vero che fa valere l'interesse dell'impresa, ma al tempo stesso mette in discussione l'interesse pubblico.

La giustizia amministrativa è il laboratorio di molte nozioni che poi applicano i civilisti. Quando i civilisti parlano dei poteri privati, cioè i poteri che esercita il datore di lavoro sui lavoratori, in realtà non fanno che applicare ai poteri privati ciò che il giudice amministrativo ha ideato.

Quindi anche l'abuso dei diritti, in realtà nasce come abuso di potere.

Dal punto di vista, poi, professionale, ci sono due aspetti vantaggiosi. Il primo è che la giustizia amministrativa viene esercitata dove sono collocati i giudici amministrativi (per esempio a Palazzo Spada, che è uno dei palazzi più belli dell'aristocrazia papale romana), e si svolge in maniera molo formale. La seconda cosa è che dal punto di vista professionale è che da una parte sono sempre più numerose le materie che coinvolgono interessi finanziari notevoli che sono di competenza del giudice amministrativo. Oppure si fa riferimento alle società che praticano giochi online, ma per i giochi online si esercitano perchè c'è un'autorizzazione da parte dell'amministrazione dei monopoli.

Questi sono gli aspetti amministrativi, oltre a tutta una parte penalistica (pensiamo a tutti i reati contro la pubblica amministrazione, con fattispecie a cavallo tra il diritto commerciale, il diritto penale ed il diritto amministrativo.

Origini della giustizia amministrativa[]

Nello Stato di polizia, quindi nella prima parte dell'Ottocento, esistevano quelli che si chiamavano Tribunali del contenzioso amministrativo, che a discopito del loro nome non avevano nulla del Tribunale, cioè l'imparzialità. Erano giudidici all'interno della stessa amministrazione.

Quindi se la stessa amministrazione decide, manca quell'elemento di terzietà che distingue il giudice rispetto alle parti.

E così va avanti fino al 1865, quando si fa una scelta decisamente liberale. Diversamente da quanto capita in Francia, in Italia scegliamo la logica liberale di sottoporre gli atti della pubblica amministrazione alla giurisdizione del giudice ordinario, cioè se si dice che il giudice ordinario è il giudice dei rapporti tra privati non c'è nessuna ragione per creare un giudice speciale per sottoporre l'amministrazione a giudizio.

Lo si fa con la legge del 1865 abolitiva del contenzioso amministrativo. Si abolivano i contenziosi amministrativi e si dice che tutte le controversie della pubblica amministrazione dove sono coinvolti i diritti, ancorchè ci siano provvedimenti della pubblica amministrazione, appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario.

Quindi scelta liberale, teoricamente valida, peccato che in concreto poi abbia avuto scarsa applicazione. Perchè non ha funzionato? Perchè quando si dice che il giudice ordinario si occupa di diritti nei confronti della pubblica amministrazione, tutto dipende dalla concezione che abbiamo del diritto.

Allora è successo che le Corti di Cassazione, che erano cinque, hanno cominciato a dire che di fronte al diritto di fronte alla pubblica amministrazione, i diritti si affievoliscono, o meglio si degradano. Che cos'è questo fenomeno? è la vicenda per cui un diritto soggettivo che vale nei confronti di tutti come diritto soggettivo, nei confronti della pubblica amministrazione diventa qualcosa di diverso.

L'affievolimento del diritto comporta che, se la norma diceva che tutti i diritti soggettivi sono tutelati dal giudice ordinario, sempre meno erano i diritti soggettivi, e quindi la tutela era notevolmente depotenziata, perchè tutti i diritti nei confronti della pubblica amministrazione, ma la maggior parte diventano interessi, e quindi anzichè aumentare la tutela, in realtà la norma, nell'interpretazione che è stata fatta, diventa una cattiva legge.

Ovviamente si avverte l'esigenza a questo punto di ampliare la tutela e creare una tutela diversa. Quindi c'è un orientamento di pensiero capeggiato da quello che diventerà il primo Presidente del Consiglio di Stato, Silvio Spaventa, che porta nel 1889 a creare la Quarta Sezione del Consiglio di Stato, perchè in realtà esisteva già il Consiglio di Stato,

Il Consiglio di Stato è stato creato da Carlo Alberto nel 1831, ma aveva funzioni meramente consultivi. Nel 1889 gli vengono attribuite anche funzioni giurisdizionali.

Qual è il modo di ripartire la giurisdizione tra giudice amministrativo e giudice ordinario? Il giudice ordinario si occupa i diritti soggettivi, il giudice amministrativo si occupa di interessi legittimi.

Sotto il profilo della legittimità ed illegittimità si ha un giudizio strutturato in modo cassatorio. Che cosa vuol dire cassatorio? Vuol dire "da Cassazione". La Cassazione verifica se la sentenza del giudice d'appello e del giudice di primo grado sia legittima e se non la trova legittima, salvo casi rarissimi, deve limitarsi ad annullare la sentenza. Non può fare altro.

Poi la giurisdizione si amplia. Nel 1907 viene costituita la Quinta Sezione della Cassazione, viene prevista la giurisdizione relativa al merito. Nel 1924 viene approvato il Testo Unico delle leggi, cioè la legge amministrativa fino al 2010. Nel 1948 la Costituzione cristallizza definitivamente questa struttura della giustizia amministrativa.

Noi troviamo la contrapposizione dei diritti soggettivi del giudice ordinario e gli interessi legittimi del giudice amministrativo in diverse norme.

La troviamo nell'articolo 24 della Costituzione, dove "tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi". Articolo 103 della Costituzione: si diceva che il Consiglio di Stato e gli altri organi della giustizia amministrativa (TAR) hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della Pubblica Amministrazione degli interessi legittimi. Articolo 113 della Costituzione: contro gli atti della Pubblica Amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinnanzi agli organi di giurisdizione ordinaria od amministrativa.

Quindi noi abbiamo costituzionalizzato la distinzione tra diritti soggettivi ed interessi oggettivi. è una distinzione tipica dell'ordinamento italiano,, in altri ordinamento non c'è questa distinzione. Per cambiarla dovremmo cambiare la Costituzione.

Nel 1971, dopo la costituzione delle Regioni, vengono istituiti i TAR, che quindi diventano gli organi di primo grado della giustizia amministrativa. Ed arriviamo all'assetto attuale, cioè giudice di primo grado - TAR, che ha sede in ogni regione, giudice d'appello e Consiglio di Stato, che ha sede a Roma. Esiste un unico giudic d'appello e non tanti come in Francia.

Sopra il giudice d'appello, il Consiglio di Stato, c'è la Corte di Cassazione, ma che non ha un sindacato sulla legittimità delle sentenze ordinarie, ma si limita ai motivi di giurisdizione. Quindi in realtà non esiste un terzo grado di giudizio.

Ovviamente il processo amministrativo deve adeguarsi ai tempi. Perchè ovviamente un processo strutturato nel 1800 non può fronteggiare le nuove controversie, i nuovi interessi. Nel processo amministrativo, più che nel processo ordinario civile, conta molto l'attività creativa della giurisprudenza, è molto importante il precedente giurisprudenziale, e quindi in realtà le modifiche avvengono gradualmente da parte del giudice amministrativo e poi il legislatore arriva a codificare le modifiche già operate dalla giurisprudenza.

Questo è avvenuto nel processo amministrativo, la prima volta nel 2000 con la legge 205, che ha apportato notevoli modifiche al processo amministrativo, e poi a distanza di dieci anni con il codice del processo amministrativo, ed infine gli ultimi due correttivi, che hanno recepito sostanzialmente i cambiamenti già presenti in giurisprudenza.

Problemi dell'individuazione del giudice[]

Dobbiamo stabilire se la causa è di competenza del giudice ordinario o del giudice amministrativo.

Concretamente come si fa a distinguere un diritto soggettivo da un interesse legittimo? Non è facile. La fortuna vorrebbe che si trovasse il precedente di una causa analoga e quel precedente dice, soprattutto per quanto riguarda la Cassazione, se è il giudice ordinario od il giudice amministrativo. Ma se il precedente non c'è? Dobbiamo allora capire quali sono i criteri, che sono criteri pratici ed operativi.

I criteri servono per concretamente stabilire quanto è giurisdizione amministrativa e quanto è giurisdizione ordinaria.

Questi criteri sono tre.

  1. Carenza di potere (cattivo esercizio del potere). Abbiamo detto che di fronte al potere amministrativo, il diritto si degrada ad interesse, ma se il diritto del potere non c'è (se c'è carenza di potere), allora il diritto non si degrada. Per cui la carenza di potere, non degradando il diritto, non modifica la giurisdizione, che era e rimane del giudice ordinario. Quand'è che c'è carenza di potere? Quando la legge attribuisce un potere all'amministrazione od a quell'amministrazione, cioè nei casi di difetto assoluto delle funzioni, ovvero l'atto è nullo od inesistente. Laddove si discute del correto esercizio del potere, allora si dà per scontato che il potere esista, e quindi che abbia degradato il diritto od interesse, e quindi se non si parla dell'esistenza del potere, ma del modo in cui è esercitato, allora la giurisdizione non è più del giudice ordinario, ma è del giudice amministrativo.
  2. Attività discrezionale ed attività vincolata. Se la legge non riconosce all'amministrazione un margine di valutazione, cioè detta analiticamente i presupposti per cui l'atto può essere emanato o negato, allora siamo di fronte ad un'attività vincolata. E di fronte all'attività vincolata, non essendoci un potere discrezionale, il diritto rimane diritto. è quindi il giudice ordinario che si occupa della relativa controversia. Se invece c'è un potere discrezionale, allora la controversia appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo. La discrezionalità amministrativa, dopo la definizione di Giannini, è la ponderazione tra interessi pubblici primari ed interessi pubblici secondari. Prendiamo la norma che prevede la tutela degli interessi degli immobili di interesse storico - artistico. L'amministrazione può decidere che un immobile abbia un interesse storico - artistico, e quindi lo sottopone a vincolo, cioè il vincolo limita il diritto di godimento dell'immobile. L'attività per cui l'amministrazione impone un vincolo è un'attività discrezionale. La pubblica amministrazione deve stabilire se quell'immobile ha un interesse storico od artistico. Deve decidere secondo le regole della scienza dell'arte. Quest'attività si chiama anche attività discrezionale tecnica, che sta in mezzo alle due, perchè la valutazione che compie la pubblica amministrazione è una valutazione che, sebbene tecnica, è suscettibile di risultati tecnici diversi. Secondo la giurisprudenza l'opinabilità ed il fatto che il potere di valutazione dell'amministrazione fa sì che quest'attività si collochi nell'ambito dell'attività discrezionale e questa sia attribuita al giudice amministrativo.
  3. Norme di azione e norme di relazione. Norme di relazione sono quelle norme dell'ordinamento civile che disciplinano i rapporti tra soggetti pariordinati, cioè che disciplinano rapporti e relazioni tra soggetti che sono collocati sullo stesso piano. Queste norme sono collocate principalmente nel codice civie. L'amministrazione deve rispettare le norme di relazione, deve ad esempio rispettare la norma fondamentale, cioè l'articolo 2043 del codice civile, che sancisce il principio del risarcimento del danno o principio del neminem laedere. Anche se è coinvolta l'amministrazione, proprio perchè è pariordinata alle altre parti, può essere convenuta di fronte al giudice ordinario. Norme di azione sono quelle norme che disciplinano l'attività della pubblica amminsitrazione, quindi hanno un fine di tutela specifico (disciplinano come si deve svolgere l'attività della pubblica amministrazione). Per esempio tutte le birne sui concorsi pubblici (chi deve essere ammesso al concorso, come si compongono le commissioni, come si valutano le prove scritte e le prove orali). Queste norme danno luogo ad interessi legittimi, e quindi alla giurisdizione del giudice amministrativo.

Questi criteri possono concorrere e quindi possono indicarci se c'è giurisdizione del giudice ordinario oppure se c'è giurisdizione del giudice amministrativo.

La questione della giurisdizione è fondamentale ed è la prima questione che si affronta. Una volta che abbiamo affrontato la questione della giurisdizione, allora sappiamo qual è il giudice. Se è il giudice ordinario, in questa sede ci interessa relativamente poco. Se è invece di giurisdizione amministrativa, allora dovremmo fare ricorso al TAR ed al Consiglio di Stato.

Ricorso al TAR[]

Quando si decide di fare un ricorso al TAR a monte si è già deciso che la giurisdizione è del giudice amministrativo, perchè altrimenti si farebbe un atto di citazione al giudice ordinario.

A questo punto si deve cominciare a scrivere il ricorso, che ha una prima parte che si chiama "epigrafe", cioè contiene l'intenzione, e qui si scrive

All'eccellentissimo Tribunale amministrativo regionale.

Ma a questi punto c'è un primo problema: un conto è la giurisdizione, un conto è la competenza, quindi si deve stabilire qual è tra tutti i TAR quello competente, e la questione della competenza è disciplinata dagli articoli 13 e seguenti del Codice del processo amministrativo.

Comunque questa prima questione è regolata dall'articolo 13 del Codice ed è la prima questione da affrontare.

Si immagini in ipotesi che il TAR competente sia il TAR

per il Piemonte.

Ora incomincia il ricorso: l'atto introduttivo nel processo amministrativo si chiama sempre ricorso, anche se le azioni proponibili davanti al giudice amministrativo sono diverse (come l'accertamento e la condanna), come nel rito del lavoro l'atto introduttivo, indipendentemente dall'azione esercitata, si chiama sempre ricorso. Quando si tratta di un'impugnazione ovviamente si chiama appello.

Che cosa deve contenere il ricorso?

Il contenuto del ricorso è disciplinato dall'articolo 40 del Codice del processo amministrativo.

A questo punto vanno indicate le parti e si comincia con il ricorrente, per esempio una persona fisica (Caio). Di fronte al TAR, salvo rarissimi casi, non si può stare in giudizio personalmente, ma è necessario il patrocinio di un avvocato.

Per il Consiglio di Stato, invece, ci vuole più di un avvocato, cioè un avvocato cassazionista iscritto all'albo dei patrocinanti davanti alle giurisdizioni superiori, che sono Cassazione, Consiglio di Stato e Corte costituzionale (si diventa avvocato cassazionista o dopo 14 anni di iscrizione all'albo, o superando l'esame apposito per diventarlo o dopo 3 anni di insegnamento nel caso dei professori universitari).

Caio deve essere identificato almeno per la residenza con il codice fiscale, quindi

Caio residente in ... (codice fiscale)

non sta in giudizio personalmente, ma è

rappresentato e difeso, giusta procura a margine dell'atto

L'avvocato ha la legale rappresentanza processuale in base alla procura, che può essere rilasciata con atto pubblico, o con atto a margine od in calce (in fondo) all'atto, ove Caio delega a rappresentarlo e findenderlo "nel presente giudizio l'avvocato Tizio" (la procura si mette in margine, ed ha certe caratteristiche).

Rappresentato e difeso, giusta procura a margine dell'atto, dall'avvocato Tizio, elettvamente domiciliato presso il di lui studio in Torino, via ...

Il ricorrente deve eleggere domicilio nel comune in cui ha sede il giudice adito: ciò serve ad individuare un luogo in cui il TAR e le altre parti potranno fare le comunicazioni e le notifiche: quando sarà fissata la Camera di Consiglio per la cautelare o l'udienza lo si sa perchè il TAR manda le comunicazioni nel domicilio eletto. Non è necessario nè obbligatorio eleggerlo perchè il Codice prevede che se non lo eleggiamo siamo domiciliati presso la segreteria del TAR, cosa pericolosa perchè ogni giorno si deve andare personalmente a vedere al TAR se c'è una comunicazione in bacheca. Oggi questo è un po' meno pericoloso perchè c'è una sorta di processo telematico anche nel processo amministrativo, e se il sistema funziona si è in grado di sapere se ci sono state delle comunicazioni, se è stata fissata la Camera di Consiglio o l'udienza.

L'avvocato è obbligato, pena sanzione pecuniaria, ad indicare, come avviene per il Codice di procedura civile, la PEC (posta elettronica certificata), perchè tra qualche tempo questa sarà l'unica forma con cui verranno fatte le notificazioni o le comunicazioni.

Questo è il ricorrente, che sta in giudizio con l'avvocato.

Poi c'è la parte resistent, che nel processo amministrativo è parte necessaria ed è sempre la Pubblica Amministrazione. Si scrive allora

contro

la Pubblica Amministrazione.

Si immagini di impugnare un diniego di permesso per costruire, un diniego di concessione edilizia: il ricorso si fa quindi contro il Comune, dunque l'amministrazione resistente è il Comune di Torino, si scrive allora:

contro il Comune di Torino

che sta in giudizio attraverso il legale rappresentate, e chi sia costui dipende dall'amministrazione, dalle norme legislative o regolamentari che disciplinano la legale rappresentanza dell'ente. Nel caso del Comune il legale rappresentante secondo il Testo Unico è il sindaco. Dunque lo si fa contro il Comune nella persona del sindaco P.T. (pro tempore), perchè in quel momento può essere uno ma quando poi si decide di fare ricorso può essere un altro, è cambiato, ma ciò non obbliga a rinotificare il ricorso: è il sindaco pro tempore, cioè in quel preciso momento.

Accanto all'amministrazione resistente c'è un'altra figura eventuale che è il controinteressto, che è colui che ha una posizione contraria a quella del ricorrente, colui che riceverebbe un pregiudizio o che lo riceve dall'emanazione di quell'atto.

In questo caso, se si impugna un diniego di concessione edilizia, il controinteressato potrebbe essere il vicino.

Il Codice del processo amministrativo impone di notificare almeno ad uno dei controinteressati (si immagini che sia il vicino Sempronio).

Quindi si scrive:

contro il Comune di Torino nei confronti di Sempronio.

A questo punto bisogna indicare qual è il petitum = cosa si chiede al giudice, quale provvedimento, ed allora si scrive

per

e qui si ha la possibilità di esercitare diverse azioni: si può chiedere l'annullamento (articolo 29 del Codice), l'accertamento (articolo 31) o la condanna (articolo 30).

Si può chiedere una sola, due o tre, dipende da come si articola la fattispecie dedotta in giudizio.

In questo caso c'è un diniego di permesso di costruire.

Il diritto di proprietà ha una facoltà = ius edificandi, ma essa può essere esercitata solo attraverso un provvedimento di carattere autorizzativo della Pubblica Amministrazione.

Io ho un fondo ma non posso costruirci sopra come mi pare ciò che voglio, altrimenti ci sarebbero dei paesaggi urbani incoerenti, quindi c'è un atto di programmazione (il piano regolatore), che dice come vanno costruite le case, dove sono le strade, le opere pubbliche, dove e come si può costruire, quindi prima di costruire bisogna chiedere alla Pubblica Amministrazione di rilasciare un'autorizzazione che si chiama "permesso di costruire",

Dunque presento un progetto che è valutato dalla Pubblica Amministrazione. Essa può darmi il provvedimento o negarmi il permesso di costruire. In questo caso si è immaginato che ci sia un diniego, e si chiede il suo annullamento. Ma cosa cambia nella vita del cliente? Una volta ottenuto l'annullamento del diniego questa situazione annulla il diniego, ma questo non cambia nulla al cliente, perchè non è il permesso, è solo l'annullamento del diniego.

Allora si può fare un giudizio di esecuzione di quel diniego, obbligare la Pubblica Amministrazione a riesaminare la pratica, oppure in certi casi chiedere al giudice di accertare l'obbligo di rilasciare il provvedimento, quindi oltre all'annullamento si chiede anche l'accertamento, e se è possibile addirittura la condanna a rilasciare quel provvedimento. Già in fase di cognizione quindi si chiede quello che spetterebbe al cliente in fase di esecuzione della statuizione del giudice. Tutto questo fermo restando che l'azione di annullamento rimane la regina del processo amministrativo perchè era l'unica azione disponibile davanti al giudice amministrativo ed anche oggi, quando le sentenze del giudice amministrativo hanno anche un contenuto di accertamento e di condanna, rimangono formalmente nell'ambito dell'archetipo dell'azione di annullamento.

Questa dunque è l'epigrafe:

All'eccellentissimo Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte

RICORSO

CAIO, rappresentato e difeso, giusta procura a margine del presente atto (PROCURA)

dall'avvocato TIZIO, elettivamente domiciliato presso il di lui studio in Torino, via ...

CONTRO

Il Comune di Torino nella persona del sindaco P.T.

NC (nei confronti) di SEMPRONIO

PER

Annullamento / accertamento / condanna (petitum)

A questo punto è stato individuato il giudice (è stato superato il problema della giurisdizione, disciplinato dall'articolo 7 del Codice del processo amministrativo), è stato risolto anche il problema della competenza territoriale ed è stato individuato il TAR competente. è stato individuato il ricorrente, la pubblica amministrazione ed il controinteressato.

Poi c'è la parte detta causa petendi = la parte per cui si chiede al giudice il petitum.

Essa si cimpone solo del diritto, ma è il fatto ed il diritto. Non è solo l'illustrazione delle ragioni di diritto, ma soprattutto l'indicazione delle circostanze di fatto. Quindi si scrive:

Fatto

Questa è la parte più importante, cioè la ricostruzione della vicenda attraverso documenti, ed è una grande difficoltà per i praticanti. Se si sbaglia a ricostruire il fatto si potrebbe anche fare una buonissima ricostruzione giuridica ma si avrà torto perchè quella qualificazione giuridica avviene in base ad un fatto sbagliato, ed i fatti hanno una rilevanza notevole. Quindi occorre leggere i documenti, come diceva Chiovenda "leggerli davanti e dietro", leggerli più volte ed avere la certezza di aver ricostruito correttamente il fatto, che nel nostro caso è dentro il procedimento amministrativo.

La parte prevalente è quella della costruzione dei fatti, con la consapevolezza che il cliente è il principale nemico dell'avvocato, perchè dice cose inutili e nasconde cose rilevanti, dunque mai fidarsi di lui, verificare sempre i documenti e mettere molta attenzione nella ricostruzione dei fatti.

Una volta ricostruiti questi, bisogna procedere alla ricostruzione giudiziale, mai fare il contrario, non farsi abbagliare da essa, magari si crede nell'esistenza di un vizio ma esso non c'è in realtà perchè non sono stati letti i documenti.

A questo punto, una volta riconosciuto il fatto, cioè quello che il Codice dice "esposizione sommaria dei fatti", c'è la parte del diritto. Allora si scrive:

Diritto.

Qui c'è un vincolo nel dedurre i vizi indicati dal codice.

Il processo amministrativo è una struttura rigida nella parte relativa alla causa petendi, perchè si deve per forza far rientrare la censura nell'ambito di uno dei tre vizi, che sono: violazione di legge, eccesso di potere, incompetenza.

Questi tre vizi hanno subito delle evoluzioni, hanno cambiato il loro contenuto nel tempo, ferma restando la violazione di legge e l'incompetenza che sono vizi che si deducono da norme (è una norma che stabilisce se un organo è competente o no, e per quanto riguarda la violazione di legge c'è una norma ed il comportamento della Pubblica Amministrazione che la viola), ma è l'eccesso di potere ad essere cambiato notevolmente, cioè esso è cambiato rispetto al contenuto orifinario che riguardava le patologie più gravi nell'esercizio del potere, che riguardava lo sviamento di potere, che è la cosa più grave, che capita quando la Pubblica Amministrazione esercita dichiaratamente il potere per un fine diverso da quello per cui la legge glielo riconosce.

Esempio tipico di sviamento: c'è un dipendente fannullone, che viola i doveri d'ufficio. La Pubblica Amministrazione dovrebbe avviare nei suoi confronti un procedimento disciplinare, che però è un percorso molto formale, garantisce il contraddittorio, ha tempi molto lunghi, prevede la contestazione degli addebiti, le osservazioni, le difese ecc., è oneroso dal punto di vista di chi lo esercita. Quindi la Pubblica Amministrazione, invece di sanzionarlo con una sanzione disciplinare, lo trasferisce d'ufficio = esercita un potere (di trasferimento del dipendente) in realtà per sanzionarlo, ed è un esempio tipico di sviamento, ma è il caso più macroscopico.

In realtà l'eccesso di potere è diventato un vizio molto raffinato nella verifica della correttezza nell'esercizio del potere, colpisce anche l'esercizio del potere che avviene in violazione di principi diversi, come il principio di proporzionalità e di ragionevolezza, che è la nuova frontiera del contenzioso amministrativo.

è importante dunque l'evoluzione che ha interessato l'eccesso di potere perchè da quel vizio macroscopico di sviamento del potere oggi è diventato un vizio molto più raffinato, che serve al giudice amministrativo non solo a verificare la manifesta illogicità nell'esercizio del potere, cioè gli errori più gravi, ma con strumenti molto più raffinati sindacare l'esercizio del potere, ed uno di questi strumenti usati dal giudice amministrativo attraverso il sindacato sull'eccesso di potere è la ragionevolezza.

Ragionevole vuol dire che corrisponde a ragione, ma come si articola concretamente il vizio?

Esiste una specificazione di questo principio della ragionevolezza fatta da un giurista tedesco, che ha un suo valore pratico. Lui distingue la ragionevolezza in tre componenti: l'idoneità, la necessità, la proporzionalità in senso stretto.

Per fare un esempio per capire come si può dedurre questo vizio, si immagini il caso dell'inquinamento atmosferico: superamento dei livelli dei cosiddetti gas nocivi nell'atmosfera.

Il sindacato di questa ipotetica cittadina decide di adottare un provvedimento d'urgenza per la tutela della salute pubblica (i provvedimenti che limitano il traffico sono provvedimenti d'urgenza adottabili dai singoli sindaci).

S immagini in questo caso che si accertato che il fenomeno dell'inquinamento derivi dagli scarichi delle fabbriche, dalla ciminiera delle fabbriche escono dei fumi che inquinano l'atmosfera e nuocciono ai cittadini. Allora il sindaco adotta un'ordinanza cui cui obbliga gli imprenditori proprietari di queste industrie ad elevare di 30 metri le ciminiere, aumentandone l'altezza.

Questo provvedimento va valutato sotto tutti i tre profili: deve essere idoneo, necessario e proporzionale.

Idoneo: essere effettivamente idoneo a ridurre l'inquinamento, altrimenti manca uno degli elementi della ragionevolezza, non si può obbligare un imprenditore a compiere una spesa per fare una cosa che non serve a risolvere il problema. Se si scopre in base a quelle consulenze che non è idoneo, il provvedimento è illegittimo.

Ciò capitava perchè c'è stato un contenzioso nella prima metà degli anni 2000 sulla telefonia cellulare, perchè i sindaci non volevano le antenne nei centri urbani, volendo posizionarle fuori dal centro, ritenendole nocive, ma le comunicazioni della telefonia mobile avvengono se l'antenna è vicina all'utente, quindi mettere le antenne fuori dal centro urbano significa impedire il funzionamento del servizio = ecco l'inidoneità.

Il provvedimento deve essere idoneo ma anche necessario: se si può fare diversamente, se si può utilizzare un altro mezzo con il minor sacrificio degli altri interessi pubblici e privati, si deve usare il minimo mezzo. In questo caso si possono usare dei filtri o prevedere delle misure alternative meno pregiudizievoli.

Poi la proporzionalità in senso stretto: nel bilanciamento tra diversi interessi quale prevale? Quell'interesse effettivamente prevale sugli interessi pubblici? Se si tratta della salute degli individui (come in questo caso) si, ma ci possono essere dei casi in cui l'interesse tutelato potrebbe recedere di fronte ad altri interessi.

Questo sindacato attraverso l'eccesso di potere diventa uno strumento molto importante nel contenzioso, perchè va a censurare tutti quei provvedimenti che sono sproporzionati, qui non si parla più di vizi macroscopici, ma si sta parlando di un uso ragionevole (secondo buon senso e logica) del potere, ma è uno strumento molto più raffinato.

Un concorso in cui si chiede ai candidati un requisito sproporzionato rispetto all'incaricato messo a concorso, oppure un appalto in cui si chiede un requisito di fatturato sproporzionato rispetto al valore dell'appalto: sono tutti casi in cui opera questa nuova forma di eccesso di potere.

A questo punto rimane l'ultima parte:

PQM (per questi motivi)

ossia le conclusioni, e qui si chiede al giudice attraverso formule di rito (respinta ogni contraria eccezione ecc) esattamente quanto richiesto nell'epigrafe all'inizio: annullare il provvedimento impugnato, accertare il diritto, condannare la Pubblica amministrazione se si fa anche un'azione per il risarcimento del danno. Quindi:

Incompetenza (vizio)

PQM

Respinta ogni contraria eccezione ecc.

Annullare, accertare, condannare.

Possono esserci degli elementi accidentali: se si chiede per esempio la tutela cautelare bisogna fare l'istanza cautelare, ma questa è comunque la forma bifasica del ricorso.

Si è obbligati ad indicare il contributo unificato, che è la gabella che si paga allo Stato: ora le marche da bollo non esistono più ed il contributo si paga dal tabaccaio. Esso dipende dal valore della causa, normalmente è di 600 euro ma in certi casi, come in materia di appalti, è una somma considerevole, circa 4.000 euro, che è tanto se si pensa che normalmente si considera che l'utile che si consegue da un appalto è il 10% del valore, per fare ricorso pagando 4.000 euro e la parcella dell'avvocato l'appalto deve essere superiore a 5.000 euro, al di sotto di questa cifra non è conveniente fare ricorso al TAR.

A questo punto si mettono eventuali

Documenti

che devono essere prodotto, la data e firma.

Contributo unificato

Documenti

Data Firma

Chi deve firmare il ricorso? Se il ricorrente ha rilasciato all'avvocato la delega a margine od in calce (se dunque è incorporata nell'atto) è sufficiente che il ricorso sia firmato dall'avvocato perchè si presume che firmando la procura che sta nell'atto il ricorrente abbia approvato l'atto, mentre se ciò non avviene il ricorso deve essere firmato anche dal ricorrente. Questo è un aspetto importante perchè la sottoscrizione è causa di nullità del ricorso.

Le parti sono state individuate, il fatto è stato studiato, i motivi sono stati articolati, dopo aver confezionato il ricorso rimane una formalità importante: la notificazione del ricorso.

La notifica è quell'atto che serve a portare a conoscenza delle parti (Pubblica Amministrazione e controinteressato) il ricorso, quidi serve ad instaurare il contraddittorio, anche se nel processo amministrativo vige un principio diverso dal giudizio civile, che funziona secondo il principio della "vocatio in ius" = il rapporto processuale si mostra al momento in cui è stato notificato l'atto alle parti.

Nel processo amministrativo la notifica non è sufficiente ad instaurare il rapporto, perchè vige il principio della "vocatio in iudicis", per cui il rapporto processuale si instaura al momento del deposito del ricorso: dopo la notifica c'è un altro passo da fare, che è il deposito.

La notifica è importante perchè se è sbagliata l'atto potrebbe anche essere perfetto, ma se è svagliata la notifica è come se non fosse stato mai proposto, con la differenza che mentre nel processo civile degli errori si possono commettere, perchè nel processo civile ci sono i tempi di prescrizione dei diritti che sono piuttosto lunghi, nel processo amministrativo non ci sono termini così linghi, anzi il termine è molto breve, 60 o 30 giorni in alcuni casi, quindi se è sbagliata la notifica e lo sappiamo il trentunesimo giorno non si può più rinotificare, quindi per l'amministrazione la notifica è elemento importante.

Nonostante che il Codice del processo amministrativo richiami il Codice di procedura civile e dica che la notifica è un atto dell'ufficiale giudiziario, in realtà è un atto dell'avvocato: è costui che dice all'ufficiale giudiziario dove andare, anche l'atto che formalizza la relata di notifica è un atto formalmente dell'ufficiale, ma materialmente è fatto dall'avvocato.

è un atto che ha una forma particolare, cioè si chiama "relata":

Io sottoscritto ufficiale presso l'Unep (Ufficio degli ufficiali giudiziari) presso la Corte d'Appello di Torino, ho notificato il retroesteso atto conforme all'originale in mio possesso, quanto a Sempronio in via...

Sono sempre presso le Corti d'Appello, e qui c'è un problema di competenza territoriale: se si fa ricorso al TAR del Piemonte la Corte d'Appello è quella di Torino.

L'ufficiale prende l'originale del ricorso, la copia del ricorso, verifica che sia conforme, va dove si deve recare, trova il destinatario, glielo consegna e gli fa firmare la realtà, così è instaurato il contradditorio.

Ciò comporta che si utilizzi l'ufficiale giudiziario, ma ci sono mezzi alternativi sempre nell'ambito dell'ufficialità, perchè essendo un atto formale, deve essere sempre espressamente consentito dalla legge.

Oggi la notifica la può fare anche l'avvocato: deve andare al Consiglio dell'ordine, si fa rilasciare un registro cronologico e fa la notifica lui attraverso la spedizione con raccomandata all'Ufficio postale. Ciò può cambiare la vita dell'avvocato.

Un tempo solo nel processo amministrativo si poteva notificare con i messi comunali, che erano molto importanti, esistono ancora ma non possono più fare le notifiche secondo il Codice del processo amministrativo. Erano importanti perchè l'Ufficiale giudiziario va con calma nel luogo in cui deve notificare l'atto, fa la notifica, con calma torna all'Unep alla Corte d'Appello e fa lo scarico dell'originale, cioè rilascia all'avvocato l'originale con attaccata la relata di notifica. Ciò dipende da come gli gira quel giorno, non è detto che lo scarichi il giorno successivo, può impiegarci una settimana, magari scade il termine per il deposito, anche se c'è un mezzo che si chiama "deposito della velina" che è una copia del ricorso, ma i tempi di scarico sono molto lunghi. Invece l'Ufficiale giudiziario, che nei paesini coincide con l'unico vigile, va direttamente dalla persona perchè la conosce, notifica e restituisce subito l'originale.

Non sempre individuare il controinteressato è una cosa facile, molto spesso è difficile, ma il Codice del processo amministrativo impone di notificare ad almeno uno dei controinteressati, e se non gli viene notificato il ricorso è innammissibile.

Basti pensare ai comitati spontanei: vicino a Novara c'è un paese (Trecata) ove ci sono dei gacimenti petroliferi che sono in via di esaurimento, quindi anni fa si è cercato di creare dei pozzi esplorativi se intorno c'erano altri giacimenti. Questi pozzi esplorativi hanno un considerevole impatto ambientale, quindi si è creato un certo allarme nella collettività di questi paesini. Così si è creato un comitato spontaneo ("No al pozzo"), ma dato che è un comitato temporaneo, a chi va fatta la notifica? La ricerca giurisprudenziale dice che basta notificare ad uno di questi appartenenti al comitato, quindi si cerca la lista degli aderenti.

Ora non c'è più il messo, quindi bisogna fare accesso all'anagrafe, trovare la resistenza e sperare che la persona quel giorno ci sia, altriment inizia un provvedimento detto "40 del Codice di procedura civile" (affissione nell'albo pretorio del Comune, raccomandata ecc.) complicato e formale che serve a garantire la notifica in caso di irreperibilità del destinatario.

Ci sono poi degli adempimenti successivi. L'atto successivo è quello del deposito.

Prima di affrontare il problema connesso al processo amministrativo ci sono due aspetti della giustizia amministrativa marginali ma importanti: la tutela giustiziale od interna all'amministrazione, cioè i ricorsi amministrativi, e la tutela davanti al giudice ordinario.

Sono aspetti marginali che rientrano nel concetto ampio di giustiza amministrativa, mentre la parte più importante è il processo amministrativo. Però questi sono strumenti importanti ed in certi casi davvero salvifici, come nel caso del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, il termine non è come quello breve del processo amministrativo (60 giorni), ma è di 120 giorni. Ciò serve quando il cliente arriva con il documento ed i 60 giorni sono passati, il ricorso al TAR non si può più fare e l'unico rimedio è il ricorso amministrativo, anche se esso ha una tutela ed una struttura meno garantista rispetto al ricorso giurisdizionale.

I ricorsi amministrativi hanno origine nei tribunali del contenzioso amministrativo, cioè una tutela giustiziale all'interno della Pubblica Amministrazione, è un modo di sollecitare l'esercizio del potere di autotutela.

La Pubblica Amministrazione ha sempre il potere di ritirare i propri atti illegittimi od inopportuni questo potere di autotutela non si esaurisce nel tempo.

Il ricorso amministrativo serve a chiedere alla Pubblica Amministrazione di esercitare il potere di autotutela, di accogliere il ricorso fatto alla stessa amministrazione (non al TAR) ed in accoglimento di esso annullare il provvedimento impugnato.

Che differenza c'è tra il ricorso amministrativo e l'autotutela? L'autotutela è un atto discrezionale della Pubblica Amministrazione: può ritirare i propri atti ma non lo deve fare, lo può fare, è una valutazione discrezionale.

Se invece si fa un ricorso amministrativo l'esercizio diventa vincolato, quindi il ricorso amministrativo diventa vincolato, quindi il ricorso amministrativo serve a far sì che un potere di autotutela discrezionale diventi vincolato a tutela dei diritti e degli interessi del cittadino.

Un tempo, quando fu istituita la Quarta Sezione del Consiglio di Stato con la legge del 1889, il previo ricorso amministrativo all'amministrazione che aveva emanato l'atto era condizione di ammissibilità del ricorso giurisdizionale. Si riteneva, come si ritiene ancora nell'ordinamento spagnolo, che prima di adire il giudice si dovesse porre l'amministrazione nella condizione di stabilire lei stessa se quell'atto dovesse essere annullato. Quindi per fare ricorso al TAR prima bisognava fare ricorso amministrativo, perchè si diceva che si possono impugnare davanti al giudice amministrativo solo gli atti definitivi. Quindi per gli atti per cui era possibile fare ricorso amministrativo erano gli atti non amministrativi.

Ben presto ci si accorge che questa pregiudiziale determina inammissibilità del ricorso senza previa proposizione del ricorso amministrativo, diventa solo un modo per allungare i tempi, perchè poi l'amministrazione su questi ricorsi provvede molto raramente.

Si è arrivanti allora prima a dire che se essa dopo un certo periodo non provvede, si forma il silenzio rigetto, e che quindi si può ricorrere al TAR.

Poi nel 1971 la legge che ha istituito i TAR ha soppresso questa condizione di ammissibilità.

Oggi quindi il previo ricorso amministrativo non è più condizione di ammissibilità del ricorso al TAR, anche se il ricorso amministrativo potrebbe essere un ottimo strumento di deflazione del contenzioso.

Se la Pubblica Amministrazione effettivamente decidesse questi ricorsi sarebbero molti meno i ricorsi al TAR, e dato che questi ricorsi non hanno un costo, sarebbero un vantaggio per il cittadino, ma il problema è che difficilmente questi ricorsi vengono decisi dalla Pubblica Amministrazione.

I ricorsi amministrativi sono di due tempi, sono disciplinati dal DPR 1971, n. 1199, in materia di semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi amministrativi: gerarchico e straordinario al Presidente della Repubblica.

Il ricorso gerarchico si distingue in: ricorso gerarchico proprio, improprio ed in opposizione.

Mentre il ricorso gerarchico proprio è un istituto di carattere generale, il ricorso generale improprio e quello in opposizione sono ricorsi di tipo eccezionale, cioè ammissibili solo se espressamente previsti dalla legge.

Invece il ricorso gerarchico proprio è di carattere generale: si fa quando c'è un superiore gerarchico, quindi lo si fa nei confronti degli atti non definitivi, che sono emanati da amministrazioni che hanno un superiore gerarchico, e per i quali la legge espressamente non esclude la possibilità di proporre ricorso gerarchico.

Se c'è il superiore gerarchico e non c'è un espresso divieto da parte della legge, il ricorso gerarchico è sempre ammissibile.

I caratteri e la funzione[]

Nei confronti degli atti e dei comportamenti dell'amministrazione che si assumano lesivi di interessi legittimi e di diritti soggettivi, è riconosciuta agli interessi la possibilità di ricorrere alla stessa pubblica amministrazione.

La facoltà degli interessi corrisponde ad un interesse della stessa parte pubblica, che risolve in via interna il problema di legittimità o di legalità della propria azione, evitando l'intervendo del giudice ed ottenendo di definire in tempi più rapidi la controversia. Si tratta di un'attività che l'amministrazionesvolge da un lato nel suo proprio interesse, dall'altro nell'interesse degli amministrati e della collettività al servizio del quale è istituita. L'attività di decisione dei ricorsi amministrativi è ricompresa nell'ambito della cosiddetta autotutela, e cioè della facoltà riconosciuta all'amministrazione di farsi giustizia da sè; la decisione sui ricorsi gerarchici fa parte dell'attività giustiziale dell'amministrazione.

L'attività di decisione dei ricorsi amministrativi è, per la pubblica amministrazione, doverosa, e nell'ambito di decisione di detti ricorsi l'amministrazione è tenuta a provvedere rispettando le scelte degli interessati. Allorchè decida sui ricorsi, l'amministrazione deve, ove li ritenga fondati, annullare i propri provvedimenti o modificare i propri comportamenti, senza che occorra alcun'altra valutazione in ordine al pubblico interesse all'annullamento od alla modificazione del comportamento.

All'origine del nostro attuale sistema di giustizia amministrativa, allorchè è stata istituita la Quarta Sezione del Consiglio di Stato, il ricorso all'autorità amministrativa era obbligatorio, costituiva, cioè, una condizione di ammissibilità per il ricorso al giudice: questo ricorso era possibile soltanto se erano stati esperiti i ricorsi gerarchici previsti dall'ordinamento o se il provvedimento non era suscettibile di impugnazione in sede gerarchica. In questa impostazione, il rimedio in via amministrativa era considerato indispensabile proprio per consentire all'amministrazione in primo luogo di risolvere al proprio interno la controversia. Soltanto nei confronti della decisione definitiva dell'amministrazione era possibile il ricorso al giudice.

Nell'esperienza concreta, il ricorso amministrativo si è dimostrato, nella gran parte dei casi, un rimedio privo di effettivo significato: l'amministrazione, una volta compiuta la propria scelta ed adottato il provvedimento, non ha interesse a rivederlo o non è in grado di operare una rivalutazione delle proprie determinazione. Nella gran parte dei casi, il ricorso gerarchico non veniva deciso.

è stato proprio per questa ragione che la giurisprudenza del Consiglio di Stato prima ed il legislatore poi hanno disciplinato il silenzio - rigetto, e cioè il procedimento al termine del quale è possibile al ricorrente far contestare che l'amministrazione non ha deciso sul ricorso gerarchico, con il risultato di consentire comunque il ricorso in sede giurisdizionale.

La legge istitutiva dei TAR ha completato questo ricorso, escludendo che il ricorso al giudice debba essere necessariamente preceduto da un ricorso amministrativo; il Codice del processo ha confermato implicitamente la scelta, non affermando nemmeno più il problema.

Il numero elevato dei ricorsi proposti al giudice amministrativo, i tempi lunghi di definizione dei medesimi e la pendenza di un consistente arretrato hanno comportato anche di recente una specifica attenzione alle soluzioni alternative delle controversie: e ciò sulla scorta di una Raccomandazione del Consiglio d'Europa in data 5 settembre 2001, che ha segnalato l'opportunità di valorizzare le cosiddette ADR (Alternative Dispute Risolutions). In linea con queste previsioni il Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture approvato con D. Lgs. 12 aprile 2006 n. 163 ha previsto tre modelli di soluzione alternativa delle controversie: l'accordo bonario tra la stazione appaltante e l'appaltatore, la transazione e l'arbitrato. Si è proposto di rivitalizzare l'istituto del ricorso amministrativo, che, pur non essendo un sistema alternativo di risoluzione delle controversie, posto che è affidato alla decisione unilaterale dell'amministrazione, può essere uno strumento riconducibile a quel settore, quanto meno in un'ottica deflattiva del contenzioso.

I ricorsi gerarchici si possono distinguere in ricorso gerarchico, ricorso gerarchico improprio, opposizione e ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.

L'ambito del ricorso gerarchico[]

Il ricorso gerarchico è un rimedio di carattere generale, ammesso nei confronti di tutti gli atti amministrativi non definiti, emanati, cioè, da organi rispetto ai quali sussista un superiore gerarchico ed in ipotesi nelle quali l'ordinamento espressamente non escluda la possibilità di gravame. In questi termini dispone l'articolo 1 del DPR 24 novembre 1971 n. 1199, che ha riorganizzato la disciplina della materia.

Il ricorso gerarchico è altresì possibile nei confronti di atti emanati da organi rispetto ai quali non sia individuabile un superiore gerarchico, ma soltanto nelle ipotesi espressamente previste dalla legge: si tratta del ricorso gerarchico improprio nei confronti di atti amministrativi dei ministri, di enti pubblici o di organi collegiali.

Nelle ipotesi espressamente previste dalla legge, è altresì possibile il ricorso in opposizione, e cioè il ricorso proposto allo stesso organo che ha emanato il provvedimento: si deve trattare di ipotesi espressamente previste dalla legge, perchè, diversamente, il ricorso allo stesso organo che ha emanato il provvedimento non può che essere qualificato come reclamo.

Il reclamo semplicemente sollecita un potere d'ufficio, che può essere esercitato o meno in relazione ai vari profili di pubblico interesse.

La proposizione dei ricorso gerarchico[]

Il ricorso gerarchico è proponibile entro un termine di carattere generale, che è il termine di trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento, o dalla sua notificazione o dalla piena conoscenza del medesimo, e cioè dal momento nel quale l'interessato ha conoscenza del dispositivo del provvedimento.

I ricorsi gerarchici impropri ed i ricorsi in opposizione hanno termini fissati dalle singole disposizioni che li prevedono, spesso in misura inferiore a quella di trenta giorni, al fine di consentire all'amministrazione di conoscere sollecitamente se vi sono reazioni al suo provvedimento.

Il ricorso può essere inoltrato attraverso una pluralità di procedimenti, il che rende la proposizione del medesimo piuttosto agevole.

Il ricorso può essere presentato direttamente all'organo che ha emanato il provvedimento impugnato od al superiore gerarchico dell'organo medesimo, indicato nel provvedimento; può essere notificato allo stesso organo, a mezzo di ufficiale giudiziario; può essere inoltrato a mezzo del servizio postale con raccomandata con avviso di ricevimento.

Tutte queste attività possono essere compiute direttamente dal ricorrente, eccezion fatta per la notificazione che deve essere svolta dall'ufficiale giudiziario.

Se il ricorso è presentato direttamente all'organo amministrativo, questo ne rilascia ricevuta; se è notificato, l'ufficiale giudiziario ne fa relazione; se è inoltrato a mezzo posta, la prova dell'inoltro è l'avviso di ricevimento. Nel caso in cui il ricorso venga inoltrato a mezzo posta, vale come data di presentazione la data di spedizione della raccomandata.

Il legislatore si è preoccupato di agevolare il ricorrente, che può essere il privato cittadino direttamente, posto che la proposizione del ricorso amministrativo non è richiesto il patrocinio di un avvocato.

Il ricorso deve contenere l'indicazione del provvedimento nei confronti del quale si ricorre, l'indicazione dei motivi di ricorso rispetto ai quali si chiede l'annullamento del provvedimento e la sottoscrizione da parte del ricorrente.

La decisione del ricorso[]

La decisione del ricorso avviene dopo una fase istruttoria.

Posto che il ricorso non deve essere notificato a cura del ricorrente ai controinteressati, il medesimo viene comunicato agli stessi a cura dell'autorità alla quale il ricorso è stato proposto. I soggetti ai quali il ricorso è stato proposto possono, entro i 20 giorni dal ricevimento della comunicazione, presentare all'organo decidente memorie e documenti.

Questi atti non vengono trasmessi al ricorrente, al quale è però riconosciuta la facoltà di accedere agli atti del procedimento e perciò di ottenerne copia.

L'organo decidente può disporre agli accertamenti istruttori che ritiene opportuni. Può, altresì, esaminare un'istanza cautelare, proposta dal ricorrente o nel ricorso o con un altro atto presentato con le stesse modalità. La sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato può essere anche disposta dallo stesso organo decidente in via autonoma. In entrambi i casi, l'elemento al quale l'organo decidente deve fare riferimento è definito dall'articolo 3 del DPR n. 1199/1971 come "gravi motivi" e cioè con un'espressione sintetiva che non pare ragionevolmente diversa da quella utilizzata dalla legge istitutiva dei TAR, che menziona il requisito dei danni gravi ed irreparabili.

La decisione del ricorso deve essere contenuta in un atto motivato, che deve esaminare tutti i motivi del ricorso, a meno che non ne individui qualcuno che possa essere considerato assorbente rispetto agli altri. La decisione, una volta emessa, deve essere comunicata all'organo od all'ente che ha emanato l'atto impugnato, al ricorrente ed agli altri interessati ai quali sia stato comunicato il ricorso, e ciò deve avvenire od in via amministrativa o mediante notificazione o mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

Nella decisione, l'organo decidente, se riconosce che il ricorso non poteva essere proposto lo dichiara inammissibile; se ravvisa nell'atto introduttivo un'irregolarità sanabile, assegna al ricorrente il termine per la regolarizzazione. Se il ricorrente provvede alla regolarizzazione, il ricorso procede nel suo iter; diversamente, verrà dichiarato improcedibile. Se l'organo ritiene il ricorso infondato, lo respinge. Se lo ritiene fondato, lo accoglie, ed annulla l'atto impugnato. Se il motivo dedotto era un vizio di incompetenza, all'annullamento dell'atto consegue la rimessione dell'affare all'autorità competente. Se il motivo di accoglimento è diverso, ed i motivi di ricorso possono investire sia la legittimità che il merito del provvedimento, lo annulla o lo riforma, e cioè lo modifica. Diversamente, se è il caso, lo rimette all'autorità competente perchè provveda.

Il silenzio sul ricorso gerarchico[]

è estremamente frequente che l'autorità investita dal ricorso gerarchico non lo decida: in questo caso, decorsi 90 giorni dalla proposizione del ricorso senza che nulla sia accaduto, si ritiene formato il silenzio - rigetto, in esito al quale si consente al ricorrente che aveva proposto ricorso in via gerarchica di riproporre l'impugnazione del medesimo provvedimento già contestato in sede gerarchica avanti il giudice amministrativo.

Il silenzio sul ricorso gerarchico non è considerato un provvedimento impugnabile, ma, semplicemente, un elemento che consente al ricorrente di rivolgersi al giudice amministrativo.

Poichè si tratta della riproposizione del medesimo gravame, non possono essere dedotti motivi nuovi rispetto a quelli proposti nel ricorso gerarchico.

Se nel ricorso gerarchico erano stati proposti anche dei motivi di merito, i medesimi non possono essere più riproposti in sede giurisdizionale, a meno che il giudice amministrativo non abbia una giurisdizione estesa al merito. La giurisprudenza consente al ricorrente di diffidare l'amministrazione a provvedere.

Problema non ancora affrontato è se si debba fare applicazione della disciplina del Codice del processo, che non richiede la notificazione della diffida.

Se l'amministrazione provvede decorsi i termini di decisione del ricorso gerarchico, nei confronti di questa decisione sono proponibili dei rimedi. Se la decisione è una decisione di rigetto, la medesima è considerata una decsione irrilevante per il ricorrente che abbia già proposto ricorso in sede giurisdizionale, con la conseguenza che il ricorrente non è tenuto ad impugnarla nuovamente. Se il ricorrente non ha proposto ricorso in sede giurisdizionale, nei confronti di questa decisione è possibile un nuovo ricorso.

Se la decisione ha accolto il ricorso gerarchico, l'impugnazione sarà possibile da parte dei controinteressati, i quali potranno far valere, tra gli altri vizi, l'intervenuta decorrenza del termine per decidere.

I rapporti fra ricorso gerarchico e ricorso giurisdizionale[]

Il ricorso gerarchico non è obbligatorio nei confronti del provvedimento amministrativo. Se è stato proposto ricorso gerarchico, il ricorrente può, in qualunque momento, ove si sia in termini, abbandonare la via amministrativa e rivolgersi al giudice amministrativo. è così possibile che, impugnato in via gerarchica un provvedimento entro i 30 giorni, entro i 60 giorni il ricorso venga riproposto al giudice amministrativo. L'amministrazione può, autonomamente, decidere il ricorso, che pure è stato proposto alla sua attenzione.

Se nei confronti del ricorso sul provvedimento impugnato in via gerarchica sono stati già proposti in altri ricorsi in sede giurisdizionale, l'amministrazione ne deve dare comunicazione al ricorrente in via gerarchica il quale può, entro 30 giorni, promuovere anch'egli ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale.

Ricorso gerarchico[]

Si può proporre contro atti non definitivi.

Sono atti non definitivi quelli per cui l'ordinamento prevede un superiore gerarchico rispetto all'organo che ha emanato il provvedimento e la legge non esclude espressamente la possibilità di proporre un ricorso gerarchico.

Allorchè ricorrano queste condizioni, una positiva ed una negativa, si può proporre ricorso gerarchico e quindi l'atto non è definitivo.

Entro quale termine va esperito il ricorso gerarchico? Il ricorso gerarchico va esperito nel termine di 30 giorni.

Invece per il ricorso gerarchico improprio e quello in opposizione è la legge stessa che, oltre a prevedere il rimedio, disciplina il termine entro cui va proposto.

Quando decorre il termine?[]

Articolo 2 comma 1 DPR 1199/1971.

Articolo 2. Termine - Presentazione.

Il ricorso deve essere proposto nel termine di 30 giorni dalla data della notificazione o della comunicazione in via amministrativa dell'atto impugnato e da quando l'interessato ne abbia avuto piena conoscenza.

Quindi indica sostanzialmente tre circostanze da cui decorre il dies a quo:

  1. Dalla notifica del provvedimento, in alcuni casi a dire il vero rari, la legge prevede che il provvedimento amministrativo debba essere notificato all'interessato. Questo vale per le sanzioni, vale a dire per i decreti di esproprio che vanno notificati agli interessati. Da qui decorre il termine di 30 giorni.
  2. Dalla comunicazione in via amministrativa: può avvenire con lettera, con messi comunali, con tutte le forme con cui la Pubblica Amministrazione può comunicare un provvedimento.
  3. Da quando l'interessato ne ha avuto piena conoscenza: è una circostanza fattuale, dipende dalle singole circostanze di specie.

I punti 1 e 2 sono circostanze formali, a cui si aggiunge una circostanza non formale, ma più fattuale, cioè la numero 3.

Come si fa a sapere quando ha avuto piena conoscenza? In alcuni casi la giurisprudenza ha dato delle indicazioni, ad esempio: mettiamo che il nostro vicino abbia ottenuto una concessione edilizia per costruire e ci costruirà violando le distanze e comunque occultandoci una veduta (di cui non abbiamo diritto), ovviamente a non in quanto frontisti, non ci viene comunicata la concessione edilizia, che è stata rilasciata al nostro vicino, quindi il termine non inizia a decorrere. In questo caso quando possiamo dire che abbiamo avuto piena conoscenza che è stata data concessione edilizia? Non quando inizia a scavare (perchè potrebbe aver ucciso la moglie e seppellirla). Non quando mette su un mattone dietro l'altro (perchè potrebbe costruire un muro od una cosa temporanea). La giurisprudenza è arrivata a dire che il proprietario frontista ha la piena conoscenza quando l'edificio è ultimato a rustico, cioè quando sono stati costruiti i muri perimetrali ed il tetto, quando la costruzione è una casa, anche se non presenta infissi, cancello, ecc... Da quel momento la giurisprudenza dice che il frontista ha piena conoscenza.

Diciamo che questo è un criterio residuale che dipende dalle circostanze di specie.

Per quali situazioni soggettive si può proporre il ricorso gerarchico?[]

Si può proporre: sia per la tutela di diritti soggettivi sia per la tutela di interessi legittimi, senza alcun limite.

Si possono far valere: sia vizi di legittimità (cioè incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere) sia vizi di merito (cioè che attengono all'opportunità delle valutazioni compiute dalla Pubblica Amministrazione).

Vizi di legittimità e vizi di merito sono cose diverse.

Esempio: io sono proprietario di un terreno e destinatario di un decreto di esprorpio per costruire una strada.

Quali sono i vizi di legittimità che posso contestare? Esempi: che il decreto di esproprio è stato adottato da un'autorità che non è competente; che il decreto di esproprio è stato adottato senza seguire la disciplina del procedimento di esproprio.

Possono anche dedurre dei vizi di merito, esempio: la strada lì non va bene, sarebbe stato meglio per diversi motivi (costava meno o più facile realizzarla) costruirla 20 metri più in là. è un vizio di merito che riguarda l'opportunità della scelta-

Nel ricorso al TAR non si possono dedurre, se non in casi eccezionali, vizi di merito, mentre nel ricorso gerarchico si possono dedurre sia vizi di legittimità che di merito.

Come si propone?[]

DPR 1971, n. 1199, articolo 2 comma 2[]

Il ricorso è presentato all'organo indicato nella comunicazione od a quello che ha emanato l'atto impugnato direttamente o mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Nel primo caso, l'ufficio ne rilascia ricevuta. Quando il ricorso è inviato a mezzo posta, la data di spedizione vale quale data di presentazione.

Si può presentare direttamente, cioè faccio ricorso. Lo scrivo e lo firmo, vado all'ufficio e lo presento. In questo caso mi rilasciano una ricevuta che ho presentato ricorso, la ricevuta è fondamentale perchè attesta il termine in cui l'ho presentato, che deve essere appunto di 30 giorni; oppure lo posso notificare con l'ufficiale giudiziario oppure con lettera con avviso di ricevimento, in questo caso vige la regola secondo cui la data del ricorso. Qui il legislatore ha esonerato chi presenta il ricorso per via posta dei rischi connessi al servizio postale. Andremo all'ufficio postale, facciamo la ricevuta con avviso di ritorno, ma non sappiamo quando perverrà all'organo, potrebbe pervenire anche dopo settimane, perciò è fondamentale ai fini del rispetto del termine che sia stata spedita, quindi che ci sia il timbro sulla ricevuta di ritorno. Può arrivare anche dopo un anno, ma il termine è rispettato.

DPR 1971, n. 1199, articolo 2 comma 3[]

I ricorsi rivolti, nel termine prescritto, ad organi diversi da quello competente, ma appartenenti alla medesima amministrazione, non sono soggetti a dichiarazione di irricevibilità ed i ricorsi stessi sono trasmessi d'ufficio all'organo competente.

è una norma che serve al cittadino: se presento ricorso ad un organo diverso all'interno della stessa amministrazione, cioè anzichè al dirigente lo presento al Consiglio comunale, essendo un cittadino e non sapendo come funziona l'organizzazione, posso sbagliare.

Qua dice che se sbaglio il ricorso è irricevibile per quell'organo ma è trasmesso d'ufficio all'organo che è competente a decidere, questo fa salvo anche il termine, cioè se io nel termine di 30 giorni l'ho presentato alla giuria anzichè al dirigente ed a questo arriva dopo 90 gioni, io sono salvo nel termine, perchè entro quei 30 giorni io l'ho comunque presentato ad un organo all'interno dell'amministrazione. Ovviamente non vale se sbaglio l'amministrazione, cioè se anzichè al Comune lo notifico alla Regione. In questo caso l'errore non è scusabile.

Il ricorso poi sostanzialmente non è diverso dal ricorso giurisdizionale: nell'intestazione ci sarà l'organo competente a decidere e non il TAR; l'epigrafe; nome e cognome del ricorrente; l'atto che si impugna con il ricorso gerarchico; i motivi di fatto, la differenza è che in questo ricorso posso dedurre vizi di merito, cosa che non posso fare nel ricorso giurisdizionale; la sottoscrizione; essendo un rimedio non di carattere giurisdizionale, non c'è bisogno del patrocinio dell'avvocato e quindi il cittadino può proporlo direttamente.

Ai fini della decorrenza del termine va detto che non si applica ai ricorsi amministrativi la cosiddetta "sospensione feriale dei termini", che va dal 1° agosto al 15 settembre, che molti chiamano, soprattutto i giornalisti, la sospensione dei termini degli avvocati, come se i magistrati non facessero ferie!

Questo comporta che i termini sono sospesi, si sospende il termine che ricomincia a decorrere il 15 settembre, questo comporta che se emanano un atto durante il periodo di sospensione feriale il termine di 60 giorni per fare ricorso al TAE inizia a decorrere il 15 settembre e scade il 14 novembre.

Non si applica però ai procedimenti che non sono giurisdizionali, ed il ricorso amministrativo non è giurisdizionale. Inoltre non si applica ai provvedimenti cautelari, perchè le esigenze cautelari sono incompatibili con le sospensioni feriali.

Come viene deciso?[]

DPR 1971, n. 1199, articolo 4 (Istruttoria)[]

Comma 1. L'organo decidente, qualora non vi abbia già provveduto il ricorrente, comunica il ricorso agli altri soggetti direttamente interessati sulla base dell'atto impugnato.

Cioè se ci sono dei controinteressati non sono obbligato a notificare a loro, come accade per il ricorso giurisdizionale. Se non lo faccio, provvede direttamente l'autorità decidente, cioè il superiore gerarchico.

Comma 2. Entro 20 giorni dalla comunicazione dei ricorsi, gli interessati possono presentare all'organo cui è diretto deduzioni e documenti.

I controinteressati si possono difendere, c'è un minimo di contraddittorio.

Comma 3. L'organo decidente può disporre gli accertamenti che ritiene utili ai fini della decisione del ricorso.

Contestualmente al ricorso può essere presentata domanda di sospensione di esecuzione del provvedimento (articolo 3 DPR 1199/1971).

DPR 1971, n. 1199, articolo 3 (Sospensione dell'esecuzione)[]

D'ufficio o su domanda del ricorrente proposta nello stesso ricorso od in successiva istanza da presentarsi nei modi previsti dall'articolo 2 comma 2, l'organo decidente può sospendere per gravi motivi l'esecuzione dell'atto impugnato.

Questa è una forma di tutela cautelare, che vedremo vale anche per il ricorso giurisdizionale, serve ad evitare, come dice il Chiovenda, che il tempo del processo vada a danno di chi ha ragione.

Esempio: pensiamo ad un provvedimento come l'ordinanza di demolizione, se non ottengo la sospensione, l'ufficio tecnico mi fa esplodere la casa, dopodichè posso anche avere ragione, ma la mia casa è demolita.

Esempio 2: provvedimento di espulsione per extracomunitario: una volta espulso è difficile tornare indietro.

Qui la sospensione la fa lo stesso organo che decide sul ricorso.

Allorchè, dice la norma, ricorrano gravi motivi. Gravi motivi significa che ci deve essere un periculum in mora, cioè il rischio effettivo di un pregiudizio grave ed irreparabile, cioè che non è risarcibile. In questo caso le conseguenze che derivano dall'esecuzione sono di carattere irreversibile, di fatto o di diritto, a quel punto il ricorrente può richiedere la sospensione dell'esecuzione del provvedimento.

Fatta l'istruttoria si decide.

Come si decide?[]

DPR 1971, n. 1199, articolo 5 (Decisione)[]

Comma 1. L'organo decidente, se riconosce che il ricorso non poteva essere proposto, lo dichiara inammissibile. Se ravvisa un'irregolarità sanabile, assegna al ricorrente un termine per la regolarizzazione e, se questi non provvede, dichiara il ricorso improponibile, se riconsoce infondato il ricorso, lo respinge. Se lo accoglie per incompetenza, annulla l'atto e rimette l'affare all'organo competente. Se lo accoglie per altri motivi di legittimità o per motivi di merito, annulla o riforma l'atto salvo, ove occorra, il rinvio dell'affare all'organo che lo ha emanato.

Inammissibilità del ricorso: quando non poteva essere proposto. Esempio: quando si ha un atto definitivo, contro questi non può essere proposto ricorso gerarchico, perciò lo si dichiara inammissibile.

Irregolarità sanabile: quando si ha un errore scusabile, ad esempio abbiamo svagliato a calcolare il dies a quo, se l'organo decidente ritiene che questo errore sia scusabile e quindi anzichè notificarlo il trentesimo giorno l'abbiamo notificato il quarantesimo giorno per un errore scusabile circa la decorrenza del termine, può rimettere in termini, cioè invitare il ricorrente a regolarizzare; se il ricorrente non regolarizza il ricorso è dichiarato improcedibile.

è importante la distinzione tra inammissibilità ed improcesibilità. L'inammissibilità è una condizione originaria, cioè è una patologia dell'atto originaria. L'improcedibilità è invece una conseguenza che si verifica nel corso del processo, per cui il ricorso era originariamente ammissibile, ma è, nel corso del processo, divenuto improcedibile. Quando diventa improcedibile? Quando, ad esempio in questo caso, l'organo ha chiesto al ricorrente di regolarizzare e questo non ha regolarizzato; quindi il ricorso era originariamente ammissibile ma è diventato improcedibile per inadempimento dell'ordine dell'autorità giudicante.

Infondatezza: del ricorso, viene respinto.

Accoglimento:

  • se lo accoglie per incompetenza l'organo lo annulla e rimette l'affare all'organo competente, cioè se il provvedimento è stato adottato da una Pubblica Amministrazione diversa da quella che per legge doveva adottarlo, l'organo si deve limitare ad accertare l'incompetenza, ma non può decidere sugli altri vizi, perchè dovrà farlo l'altra autorità, quindi semplicemente annulla l'atto per incompetenza e rimette l'affare all'autorità competente.
  • Se lo accoglie per altri motivi, cioè diversi dall'incompetenza, o per motivi di merito, annulla o riforma l'atto salvo ove occorra il rinvio dell'affare all'organo che l'ha emanato. Riforma cosa significa? Qua non c'è un giudice, siamo nella stessa amministrazione, quindi lo modifica. Quindi se c'è una parte del provvedimento illegittima lo può, anzichè annullare in toto e farlo caducare, correggere in quella parte. Questa è la differenza tra annullamento e riforma. Mentre vediamo che il giudice amministrativo questo tendenzialmente non lo può fare, invece la stessa amministrazione che provvede può riformare.

Comma 2. La decisione deve essere motivata e deve essere emessa e comunicata all'organo od all'ente che ha emanato l'atto impugnato, al ricorrente ed agli interessati, ai quali sia stato comunicato il ricorso, in via amministrativa o mediante notificazione o mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

Abbiamo però detto che il ricorso gerarchico raramente viene deciso. Ed abbiamo visto che un tempo era addirittura condizione di ammissibilità del ricorso giurisdizionale. Oggi non è più condizione di ammissibilità al TAR ed onde evitare di mantenere il ricorrente appeso ad una decisione dell'autorità amministrativa che chissà se e quando arriverà, si prevede un meccanismo che si chiama silenzio - rigetto.

Sappiamo che esiste l'istituto del silenzio, cioè l'Amministrazione rispetto ad un'istanza, richiesta, ricorso, può rimanere inerte, può non provvedere.

Nella maggioranza dei casi questa inerzia è un silenzio - inadempimento, è un silenzio che non ha significato.

In alcuni casi la legge attribuisce a quell'inerzia un preciso significato, che può essere:

  • Di accoglimento dell'istanza, quindi sarà un silenzio - accoglimento o silenzio - assenso. Nelle norme di diverse leggi di semplificazione si prevedono meccanismi di silenzio - assenso sulla richiesta di autorizzazione e concessioni, eccezionali.
  • Silenzio - diniego, la legge attribuisce un significato negativo al silenzio.

In questo caso specifico del ricorso gerarchico è silenzio - rigetto.

Quando si forma il silenzio - rigetto?[]

DPR 1971, n. 1199, articolo 6 (Silenzio)[]

Comma 1. Decorso il termine di 90 giorni dalla data di presentazione del ricorso senza che l'organo adito abbia comunicato la decisione, il ricorso si intende respinto a tutti gli effetti, e contro il provvedimento impugnato è esperibile il ricorso all'autorità giurisdizionale competente, o quello straordinario al Presidente della Repubblica.

Se quindi sono decorsi 90 giorni e l'amministrazione non vi ha provveduto, si forma il silenzio - rigetto. Avverso il quale è proponibile ricorso al TAR. Questo serve per evitare che chi presenta ricorso gerarchico rimanga per anni aspettando una decisione.

Entro quale termine? Dobbiamo considerare il termine per la formazione del silenzio - rigetto: 90 giorni, da questo 90esimo giorno inizia a decorrere il termine per il ricorso al TAR. Vedremo che il ricorso al TAR si propone nel termine di 60 giorni: quindi alla scadenza del 90esimo giorno si forma il silenzio - rigetto, da questo giorno iniziano a decorrere i 60 giorni per il ricorso al TAR. Detto altrimenti il ricorso al TAR va proposto entro 150 giorni dalla presentazione del ricorso gerarchico se l'amministrazione non ha deciso.

Cosa si impugna al TAR?[]

Non il silenzio - rigetto, perchè non esiste come provvedimento il silenzio, infatti la norma dice che il ricorso si propone avverso il provvedimento impugnato in sede gerarchica. Cioè il ricorso lo propongo non nei confronti del diniego di pronuncia ma nei confronti dello stesso provvedimento che avevo impugnato con il ricorso gerarchico ed ovviamente non posso dedurre motivi diversi da quelli dedotti nel ricorso gerarchico.

A questo punto la tutela si sposta in sede giurisdizionale, cioè dinnanzi al TAR.

Ma nulla mi vieta di aspettare che l'autorità decida, un po' perchè io scelgo di aspettare un po' perchè io posso essere tenuto ad aspettare la pronuncia.

Quand'è che sono obbligato ad aspettare la pronuncia?[]

Quando ho dedotto dei vizi che non posso dedurre in sede giurisdizionale, cioè che posso far valere sono il sede gerarchica, cioè i vizi di merito. Siccome su quelli il TAR non ha competenza, devo per forza aspettare che l'autorità amministrativa decida.

Che cosa posso fare? Posso in qualche modo accelerare o compulsare l'amministrazione a decidere diffidandola a provvedere sul ricorso gerarchico e nel caso in cui non provvedesse esperire ricorso contro il silenzio della Pubblica Amministrazione, che questa volta è un silenzio inadempimento, che deriva dalla diffida che ho fatto a provvedere.

Ammettiamo che decisa, come può decidere?

  • Può decidere di rigettare e si ha pronuncia espressa di rigetto ed in questo caso il ricorrente che ha proposto ricorso farà ricorso contro la decisione di rigetto dell'amministrazione.
  • Può accoglierlo ed a questo punto, accogliendola, il ricorrente sarà soddisfatto, saranno insoddisfatti i controinteressati, a questo punto saranno loro che potranno esperire ricorso dinnanzi al TAR contro la decisione di accoglimento del ricorso gerarchico.

Problema: se propongo ricorso gerarchico, dopo 90 giorni non mi rispondono, allora faccio ricorso al TAR ed a questo punto l'amministrazione risponde, che succede?

Diciamo che una volta che lo propongo ricorso al giudice amministrativo, di fatto rinuncio al ricorso gerarchico, ma questo non toglie che l'amministrazione vi provveda. Io ho un provvedimento che mi nega un'autorizzazione, faccio ricorso gerarchico, l'amministrazione nei 90 giorni non provvede, nei 150 giorni faccio ricorso al TAR, il giudizio davanti al TAR ricorre ed a questo punto l'amministrazione si ricorda che c'è ricorso gerarchico e vi provvede.

Possono capitare due cose:

  1. Può capitare che me lo respinga: a questo punto non cambia nulla, ho il ricorso pendente al TAR ed aspetto di vedere ciò che dice il TAR.
  2. Può essere che lo accolga: a quel punto avremo che l'amministrazione annulla l'atto prima che lo annulli il giudice amministrativo, l'annullamento da parte dell'amministrazione dell'atto impugnato al TAR è una situazione che determina quella che si chia,a cessazione della materia del contendere. Il ricorso è improcedibile per cessazione della materia del contendere.

Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica[]

è regolato dal DPR 1199/1971.

Ha origini nobili, nel senso che rientra nel potere di grazia che aveva il Re, cioè il potere di decidere sulle controversie anche al di fuori e soprattutto al di fuori degli organi giurisdizionali. Oggi non abbiamo più il Re ma abbiamo il Presidente della Repubblica, il quale, formalmente, assume questo provvedimento, cioè assume il provvedimento che decide su questo ricorso.

Perchè formalmente? Perchè il Presidente della Repubblica ha altre cose da fare che accertare o decidere su questi ricorsi straordinari, quindi formalmente perchè il decreto che decide il ricorso straordinario è firmato dal Presidente della Repubblica, quindi è un DPR un decreto presidenziale, ma l'istruttoria e la decisione sono assunti da altri che non sono il Presidente della Repubblica.

è un ricorso che si fa in un numero più consistente di casi rispetto al ricorso gerarchico, perchè in realtà è un mezzo di tutela amministrativa che ha forti connotati giurispdizionali, soprattutto perchè in realtà la decisione sul ricorso straordinario la assume di fatto e di diritto, dopo le recenti modifiche, il Consiglio di Stato, quindi l'organo di appello della giustizia amministrativa.

è verosono sezioni consultive, ma sempre Consiglio di Stato è.

Questo gli dà un'autorevolezza soprattutto rispetto a quella del ricorso gerarchico che è invece deciso da un funzionario della Pubblica Amministrazione.

L'altra caratteristica considerevole del ricorso straordinario è data dal termine: è piuttosto lungo rispetto al termine ordinario per ricorso al TAR, cioè mentre per il ricorso al TAR sono 60 giorni, per il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica il termine è di 120 giorni.

Questo è un aspetto importante perchè non tutti, parliamo della gente comune, sa che contro i provvedimenti della Pubblica Amministrazione per la tutela giurisdizionale è così breve, perchè normalmente l'amministrazione è tenuta a scrivere nel provvedimento

contro il presente provvedimento è ammesso il ricorso nel termine

alcune volte non lo fa od alcune volte il cittadino non legge questa postilla e quindi poi si presenta dall'avvocato quando il termine è già scaduto.

Quindi se si presenta in un termine ragionevole magari si è ancora in tempo per fare ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.

Anche per questo termine, come abbiamo detto per il ricorso gerarchico, non vale la sospensione feriale dei termini, perchè sono ricorsi amministrativi e non giurisdizionali.

Il ricorso amministrativo, straordinario non richiede il patrocinio di un avvocato, quindi il privato cittadino può farlo tranquillamente senza dover pagare anche la parcella dell'avvocato.

Innanzitutto il ricorso straordinario in quanto ha questa spiccata connotazione giurisdizionale è alternativo rispetto al ricorso giurisdizionale. Nel senso che se propongo ricorso straordinario non posso più proporre ricorso al TAR, o meglio il ricorso giurisdizionale. Se scelgo una via la devo perseguire. Non posso scegliere come nel caso del ricorso gerarchico di poi spostare ed agire dinnanzi al giudice amministrativo. è un atto di scelta di distinzione della situazione soggettiva che la Corte costituzionale chiamata a verificare la costituzionalità di questa alternatività ha ritenuto costituzionalmente legittima nel 2006. Quindi siccome è un ricorso paragiurisdizionale con connotati giurisdizionali, se lo scelgo mi impegno a non scegliere più il ricorso al TAR.

Contro quali atti si può proporre?[]

Articolo 8 comma 1 DPR 1199/1971. Ricorso.

Contro gli atti amministrativi definitivi è ammesso ricorso straordinario al Presidente della Repubblica per motivi di legittimità da parte di chi vi abbia interesse.

Diciamo che il ricorso straordinario si può proporre soltanto contro atti definitivi, quindi quelli che non hanno superiore gerarchico o che avendo superiore gerarchico la legge esclude la possibilità di ricorso gerarchico. Quindi solo per questi atti.

La differenza con il ricorso gerarchico è che: riguarda atti definitivi; si possono dedurre solo vizi di legittimità, non anche vizi di merito come nel ricorso gerarchico.

La situazione soggettiva che posso far valere è:

  • Certamente l'interesse legittimo.
  • Mentre per quanto riguarda i diritti soggettivi possono essere tutelati in sede straordinaria dopo l'entrata in vigore del codice del processo amministrativo quindi il decreto legislativo 104/2010, solo i diritti soggettivi che sono devoluti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Quindi non tutti i diritti soggettivi nei confronti della Pubblica Amministrazione ma solo per quei diritti per cui potrei adire il giudice amministrativo. Vedremo perchè c'è questa ragione di coincidenza tra la giurisdizione del giudice amministrativo e quella del giudice straordinario, perchè vedremo che in alcuni casi il ricorso straordinario può trasferirsi in sede giurisdizionale e quindi ci vuole coincidenza tra le due giurisdizioni.

Regola dell'alterità; DPR 1971, n. 1199, articolo 8 comma 2[]

Quando l'atto sia stato impugnato con ricorso giurisdizionale, non è ammesso il ricorso straordinario da parte dello stesso interessato.

Quindi quando ho fatto ricorso al TAR non posso più fare ricorso al Presidente della Repubblica, ma vale anche la regola contraria: quando ho fatto ricorso al Presidente della Repubblica non posso più farlo al TAR. La regola è biunivoca, cioè una esclude l'altro.

Dice la norma "quando sia stato impugnato con ricorso giurisdizionale". Abbiamo già detto che nel processo amministrativo vige il principio non della "locatio in ius" che è il principio tipico dell'atto di vitazione nel processo civile, ma il principio della "vocatio iudicis", cioè il rapporto processuale si instaura non con la notifica dell'atto introduttivo come capita nel processo amministrativo, ma si instaura con il deposito del ricorso notificato, cioè quando il giudice è vocato.

Quindi questo comporta che lo posso notificare il ricorso al TAR, ma finchè non lo deposito è come non proposto. Per questo posso eventualmente notificare il ricorso e non depositarlo, a questo punto non opera la preclusione del ricorso straordinario, cioè anche se l'ho notificato ma non depositato posso comunque proporre ricorso straordinario perchè non si è instaurato il rapporto processuale con la semplice notifica.

Recentemente, nonostante che il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica sia un rimedio di carattere generale, sono state inserite alcune esclusioni. Sono due le esclusioni più importanti:

  • In materia di appalti, articolo 120 codice del processo amministrativo.
  • In materia elettorale, articolo 128 codice del processo amministrativo.

Perchè sono due tipo di contenziosi "sensibili" in cui occorre una decisione immediata o comunque nel più breve tempo possibile, quindi questo è incompatibile con i tempi che non sono molto brevi del ricorso straordinario. Per tale ragione in queste due materie: appalti pubblici ed elezioni, non è ammesso il ricorso al Presidente della Repubblica.

Come si propone il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica?[]

Articolo 9 DPR 1199/1971.

Comma 1. Il ricorso deve essere proposto nel termine di 120 giorni dalla data della notificazione o della comunicazione dell'atto impugnato o da quando l'interessato ne abbia avuto piena conoscenza.

Il dies a quo è identico al ricorso gerarchico: notifica, comunicazione, piena conoscenza.

Comma 2. Nel detto termine, il ricorso deve essere notificato nei modi e con le forme prescritti per i ricorsi giursdizionali ad uno almeno dei controinteressati e presentato con la prova dell'eseguita notificazione all'organo che ha emanato l'atto od al Ministero competente, direttamente o mediamente notificazione o mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Nel primo caso l'ufficio ne rilascia ricevuta. Quando il ricorso è inviato a mezzo posta, la data di spedizione vale quale data di presentazione.

Non abbiamo più la possibilità di utilizzare notifiche diverse da quelle degli atti.

Entro il termine di 120 giorni io devo notidicarlo ad uno dei controinteressati, come per il ricorso giurisdizionale e posso scegliere se: presentarlo direttamente all'amministrazione o notificarlo all'amministrazione o notificarlo con lettera raccomandata (vale il principio per cui la data è quella della spedizione).

Quindi rispetto al ricorso gerarchico ho l'onere precedente della notifica al controinteressato.

A chi lo presento?[]

Posso scegliere se presentarlo all'amministrazione che ha emanato l'atto ovvero al ministero competente. Siccome l'istruttoria sarà compiuta da un ministro posso scegliere se presentarlo all'amministrazione o direttamente al ministro.

Molto spesso è difficile capire qual è il ministro che si occupa di una determinata materia. Alcune volte è semplice: sanità => ministero della salute, appalti => ministero delle infrastrutture, ecc.

Quando si hanno dei dubbi si trasmette alla Presidenza del Consiglio dei Ministri che ha una competenza residuale laddove non c'è una competenza specifica del Ministero. Quindi laddove non ho dubbi su qual è il Ministero lo trasmetto alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Se presento all'organo che ha emanato l'atto questo sarà obbligato a trasmetterlo immediatamente al Ministero competente, perchè l'istruttoria sul ricorso al Presidente della Repubblica è sempre un'istruttoria di carattere presidenziale.

L'organo, che ha ricevuto il ricorso, lo trasmette immediatamente al Ministero competente, al quale riferisce.

Ai controinteressati è assegnato un termine di 60 giorni dalla notificazione del ricorso per presentare al Ministero che istituisce l'affare deduzioni e documenti ed eventualmente per proporre ricorso incidentale.

Vedremo cos'è il ricorso incidentale quando parleremo del ricorso giurisdizionale, è una sorta di domanda riconvenzionale.

Quando il ricorso sia stato notificato ad alcuni soltanto dei controinteressati, il Ministero ordina l'integrazione del procedimento, determinando i soggetti cui il ricorso stesso deve essere notificato e le modalità ed i termini entro i quali il ricorrente deve provvedere all'integrazione.

Abbiamo detto che è alternativo al ricorso giurisdizionale, ma è costituzionalmente legittimo che il ricorrente possa decidere di adire una via piuttosto che un'altra, lo è un po' meno se questa scelta vincola anche le altre parti, perchè avremmo che il ricorrente non decide solo per sè ma anche per le altre parti. A questo punto, per evitare che il ricorrente scelga per tutti, la legge prevede la possibilità per le altre parti di trasferire il giudizio dinnanzi al TAR, cioè di contraddire sostanzialmente la scelta del ricorrente e di richiedere che il ricorso venga deciso in sede giurisdizionale: articolo 10 DPR 1199/1971.

Articolo 10, Opposizione dei controinteressati[]

Comma 1. I controinteressati, entro il termine di 60 giorni dalla notificazione del ricorso, possono richiedere, con atto notificato al ricorrente ed all'organo che ha emanato l'atto impugnato, che il ricorso sia deciso in sede giurisdizionale. In tal caso, il ricorrente, qualora intenda insistere nel ricorso, deve depositare nella segreteria del giudice competente, nel termine di 60 giorni dal ricevimento dell'atto di opposizione, l'atto di costituzione in giudizio, dandone avviso mediante notificazione all'organo che ha emanato l'atto, segue in sede giurisdizionale secondo le norme del titolo III del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, approvato con regio decreto 26 giugno 1924 numero 1054 e dal regolamento di procedura, approvato con regio decreto 17 agosto 1907 numero 642.

Quindi entro i 60 giorni i controinteressati possono decidere che la scelta del ricorso straordinario a loro non va bene e che quindi con atto notificato al ricorrente ed all'amministrazione, chiedono che il ricorso venga deciso in sede giurisdizionale, quindi al TAR.

La norma parla di controinteressati, non c'è alcun riferimento all'amministrazione che ha emanato l'atto che è stato impugnato, allora la Corte costituzionale ha dichiarato, nel 1982, l'incostituzionalità di questo articolo nella parte in cui non prevede che anche l'amministrazione possa fare opposizione.

Quindi in realtà possono fare opposizione i controinteressati e l'amministrazione.

Se è fatta opposizione, dice la norma, se il ricorrente intende insistere nel ricorso devo depositare nella segreteria del giudice amministrativo adito un atto di costituzione notificato ai controinteressati ed all'amministrazione. Quindi una volta che i controinteressati hanno svolto la via del TAR e quindi il giudizio prosegue dinnanzi al TAR, quindi il ricorso straordinario si trasforma in ricorso giurisdizionale; se non lo fa entro 60 giorni, il ricorso straordinario si estingue.

Comma 2. Il collegio giudicante, qualora riconosca che il ricorso è inammissibile in sede giurisdizionale, ma può essere deciso in sede straordinario dispone la rimessione degli atti al ministero competente per l'istruzione dell'affare.

Questa norma funzionava quando il ricorso straordinario poteva essere proposto per tutti i diritti soggettivi. Abbiamo visto che il codice del processo amministrativo restringe i diritti soggettivi tutelabili in sede straordinaria soltanto a quelli devoluti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Prima potevo fare ricorso per un diritto non devoluto alla giurisdizione del giudice amministrativo, si faceva opposizione ed il giudice amministrativo diceva che non aveva giurisdizione esclusiva su quel diritto e quindi doveva rimettere l'affare in sede straordinaria. Oggi questo non può più avvenire perchè vi è piena coincidenza tra i diritti soggettivi tutelabili in sede straordinaria ed i diritti soggettivi tutelabili in sede giurisdizionale. Quindi in realtà questa norma non ha più senso.

Se i controinteressati non fanno opposizione, ne dobbiamo dedurre che hanno accettato la scelta che ha fatto il ricorrente e quindi la sede straordinaria comporta l'applicazione del 3° comma dell'articolo 10.

Comma 3. Il mancato esercizio della facoltà di scelta, previsto dal primo comma del presente articolo, preclude ai controinteressati, ai quali sia stato notificato il ricorso straordinario, l'impugnazione dinnanzi al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale della decisione di accoglimento del Presidente della Repubblica, salvo che per vizi di forma o di procedimento propri del medesimo.

"Il mancato esercizio della facoltà di scelta" significa la mancata opposizione.

La norma dice che se anche i controinteressati accettano la scelta delle sede straordinaria ed a questi controinteressati è stato notificato il ricorso, quindi sanno che è stata scelta quella strada, non fanno opposizione e quindi accettano la sede straordinaria, significa poi che la decisione sul ricorso straordinario questi non la possiamo impugnare per vizi di merito che riguarano la decisione, perchè hanno accettato quella scelta.

La possono impugnare soltanto per vizi di forma o di procedimento del decreto del Presidente della Repubblica, cioè non per decisioni che attengono al merito della decisione della causa ma soltanto per vizi che attengono alla forma od al procedimento che ha condotto all'emanazione del decreto del Presidente della Repubblica, cioè per vizi successivi alla decisione del ricorso.

Che cosa succede una volta che abbiamo proposto il ricorso?[]

Articolo 11. Istruttoria del ricorso - Richiesta di parere.

Comma 1. Entro 120 giorni dalla scadenza del termine previsto dall'articolo 9 comma 4, il ricorso, istruito dal Ministero competente, è trasmesso, insieme con gli atti ed i documenti che vi si riferscono, al Consiglio di Stato per il parere.

Termine previsto dall'articolo 9 comma 4: 60 giorni.

Quindi abbiamo 120 giorni per proporre, poi 60 giorni dalla notifica perchè i controinteressati possono presentare memorie ed osservazioni. Dalla scadenza di questo termine decorrono altri 120 giorni entro i quali il Ministero deve trasmettere la pratica, cioè il fascicolo, al Consiglio di Stato, che esprimerà il parere sul ricorso. è chiaro che i tempi sono piuttosto lunghi.

Comma 2. Trascorso il detto termine, il ricorrente può richiedere, con atto notificato al Ministero competente, se il ricorso sia stato trasmesso al Consiglio di Stato. In caso di risposta negativa o di mancata risposta entro 30 giorni, lo stesso ricorrente può depositare direttamente copia del ricorso presso il Consiglio di Stato.

Termine: 120 giorni + 60 giorni di prima.

Serve ad evitare che il Ministero, con i propri tempi e ritardi, rallenti la decisione. Quindi lo trasmette il Ministro o lo trasmette direttamente il ricorrente,

Comma 3. I ricorsi con i quali si impugnano atti di enti pubblici in materie per le quali manchi uno specifico collegamento con le competenze di un determinato Ministero devono essere presentati alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ne cura la relativa istruttoria.

Articolo 13. Parere su ricorso straordinario[]

L'organo al quale è assegnato il ricorso, se riconosce che l'istruttoria è incompleta o che i fatti affermati nell'atto impugnato sono in contraddizione con i documenti, può richiedere al Ministero competente nuovi chiarimenti o documenti ovvero ordinare al Ministero medesimo di disporre nuove verificazioni, autorizzando le parti ad assistervi ed a proporre nuovi documenti. Se il ricorso è stato notificato ad alcuni soltanto dei controinteressati, manda allo stesso Ministero di ordinare l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri secondo le modalità previste nell'articolo 9 comma 5. Se l'istruttoria è completa ed il contraddittorio è regolare esprime parere:

  1. Per la dichiarazione di inammissibilità, se riconosce che il ricorso non poteva essere proposto, salva la facoltà dell'assegnazione di un breve termine per presentare all'organo competente il ricorso proposto, per errore ritenuto scusabile, contro atti non definitivi.
  2. Per l'assegnazione al ricorrente di un termine per la regolarizzazione, se ravvisa un'irregolarità scusabile, e, se questi non vi provvede, per la dichiarazione di improcedibilità del ricorso.
  3. Per la reiezione, se riconosce infondato il ricorso.
  4. Per accoglimento e la rimessione degli atti all'organo competente, se riconosce fondato il ricorso per il motivo di incompetenza.
  5. Per l'accoglimento, salvo gli ulteriori provvedimenti dell'amministrazione, se riconosce fondato il ricorso per altri motivi di legittimità.

Come decide il Consiglio di Stato che esprime il parere?[]

  • Per inammissibilità se riconosce che il ricorso non poteva essere proposto, ad esempio quando ho fatto un ricorso straordinario contro un atto non definito. Se sbaglio e qualifico quell'atto come definitivo ed in realtà è un atto non definitivo, e quindi faccio ricorso straordinario ed aspetto a notificarlo al 120esimo giorno, poi si scopre che quell'atto è non definitivo, il problema che i 30 giorni per fare il ricorso gerarchico sono già scaduti e non posso più farlo. Allora la norma dice che se l'errore è scusabile, cioè fatto in buona fede e senza gravi negligenze, il Consiglio di Stato rimette nei termini per proporre ricorso gerarchico.
  • Per l'assegnazione di un termine per regolarizzare se ravvisa una regolarità sanabile o se questi non vi provvede per la dichiarazione di improcedibilità del ricorso. Quindi anche qua si tratta di un'irregolarità sanabile, se l'interessato non vi provvede diventa improcedibile, esattamente come per il ricorso gerarchico.
  • Per la reiezione, se infondato.
  • Per accoglimento e rimessione degli atti all'organo competente, se riconosce fondato il ricorso per il motivo di incompetenza.
  • Per l'accoglimento, salvo gli ulteriori provvedimenti dell'amministrazione, se riconosce fondato il ricorso per altri motivi di legittimità.

Ovviamente questo è un parere del Consiglio di Stato. Sappiamo che i pareri non sono atti ad efficacia esterna, cioè non sono atti ad efficacia esterna, cioè non sono atti autoritativi, perchè la manifestazione della volontà giunga all'esterno è necessario un ulteriore provvedimento oltre al parere.

Qui il Consiglio di Stato fa un parere sul ricorso straordinario. Un tempo questo parere era obbligatorio ma parzialmente vincolante.

Sappiamo che i pareri si distinguono in: facoltativi ed obbligatori, a loro volta distinti in vincolanti e non vincolanti.

Prima, come ora, il parere del Consiglio di Stato era, ed è, obbligatorio, cioè va chiesto.

Prima era parzialmente vincolante, perchè la norma, l'articolo 14, diceva che il Ministro poteva proporre al Presidente della Repubblica una soluzione diversa purchè ottenesse una deliberazione del Consiglio dei Ministri, cioè motivando, il Ministro, poteva decidere che il parere del Consiglio di Stato non gli andava bene e quindi adottare una decisione diversa da quella proposta dal Consiglio di Stato ma doveva farlo con una delibera del Consiglio dei Ministri. Questo introduceva una componente politica nella decisione del ricorso, perchp il Consiglio dei Ministri decideva non in base alle norme ma in base ad una valutazione politica. Questa possibilità che nel corso della storia non è mai stata utilizzata (forse una sola volta) è stata abrogata dalla legge 69/2009, che ha abrogato il comma 2 dell'articolo 14.

Quindi oggi il parere del Consiglio di Stato è un parere obbligatorio e vincolante. Questo ovviamente accresce la connotazione giurisdizionale del ricorso, perchè in realtà la decisione sul ricorso straordinario è assunta da un organo giurisdizionale qual è il Consiglio di Stato sebbene venga recepita dal Presidente della Repubblica.

Non solo perchè è stata abolita la possibilità di una decisione politica diversa del Consiglio dei Ministri. Ma perchè si è risolta una questione che da tempo teneva occupata dottrina e giurisprudenza.

La questione era la seguente: il Consiglio di Stato, in sede di parere sul ricorso straordinario, può ove decida che la norma che deve applicare è incostituzionale fare la rimessione alla Corte costituzionale?

Sappiamo che le questioni di costituzionalità alla Corte costituzionale o si propongono in via principale od in via incidentale, cioè laddove la questione sia rilevante, non manifestamente infondata e sorge la questione di costituzionalità in giudizio, cioè dinnanzi ad un giudice il quale può sospendere il processo e con ordinanza rimettere la questione di costituzionalità alla Corte.

La legge del 1957 che disciplina il funzionamento della Corte costituzionale, quando parla di ordinanze di rimessione dice espressamente che queste ordinanze di rimessione le possono pronunciare solo i giudici, cioè le giurisdizioni.

Mentre non c'è dubbio che il TAR ed i Consigli di Stato in sede giurisdizionale siano giurisdizioni, si è posto il dubbio se e quando il Consiglio di Stato non decide di emettere il parere sia o meno un giudizio.

La questione si è posta perchè analogo principio vale per la rimessione alla Corte di Giustizia laddove sorga la questione di interpretazione del diritto comunitario, anche lì c'è una rimessione del giudice nazionale alla Corte di Giustizia. Allora succedeva che mentre la Corte di Giustizia riteneva ammissibile l'ordinanza di rimessione del Consiglio di Stato, la Corte costituzionale continuava a ritenere inammissibili le ordinanze di rimessione del Consiglio di Stato in sede straordinaria, perchè continuava a negare che quel ricorso gosse un ricorso giurisdizionale e che il Consiglio di Stato in sede di parere fosse un giudice ed una giurisdizione.

Anche sotto questo profilo la legge 69/2009 ha risolto il problema dicendo che il Consiglio di Stato in sede di parere nel ricorso è straordinario può rimettere le questioni di costituzionalità alla Corte costituzionale. Questo ad ulteriore conferma della natura quasi giurisdizionale del ricorso straordinario.

Due altre novità hanno interessato il ricorso straordinario:

  1. La possibilità di richiedere la tutela cautelare. Anche quasi è posto il problema perchè il DPR 1199 prevede questa possibilità solo per il ricorso gerarchico e non anche per il ricorso straordinario. E ci si è detti che laddove il legislatore non vuole, non dice. Quindi nel ricorso straordinario non è possibile la tutela cautelare. In realtà questa era un costante deficit di tutela, a cui ha posto rimedio la legge 205/2000 prevedendo espressamente che anche in sed di ricorso straordinario pò essere chiesta la tutela cautelare, su questa si pronuncia il Ministro che compie l'istruttoria previo parere del Consiglio di Stato, ovviamente sarà un parere limitato alla concessione della tutela cautelare e non sulla decisione di merito del ricorso.
  2. L'esecuzione. Come vedremo il giudizio di ottemperanza si ha solo per i provvedimenti giurisdizionali. Ci si è chiesti come si fa a fare esecuzione se questa è una decisione amministrativa. Si è a lungo dibattuto e la Corte di Cassazione con la sentenza delle Sezioni Unite del 2011 ha risolto il problema in senso amministrativo dicendo che dopo la legge 69/2009 che ha fatto quelle modifiche e quindi ha sottolineato e rafforzato la natura giurisdizionale nel ricorso straordinario oggi se l'amministrazione non esegue la decisione del ricorso straordinario l'interessato può esprimere il giudizio di ottemperanza di fronte al giudice amministrativo.

Questo decreto si può impugnare?[]

Il ricorrente non può impugnarlo se ha scelto quella via non può rimetterlo in discussione davanti al giudice amministrativo.

Il problema riguarda i controinteressati.

Se i controinteressati hanno ricevuto la notifica del ricorso e non hanno proposto opposizione hanno anche loro accettato la decisione in sede straordinaria, quindi possono impugnare soltanto per vizi di forma o di procedimento che attengono al decreto della Presidenza della Repubblica.

Rimane il problema dei controinteressati a cui non è stato modificato il ricorso. Abbiamo visto infatti che lo devo modificarlo ad almeno uno dei controinteressati che non hanno ricevuto la notifica. In questo caso questi controinteressati ovviamente non sapevano del ricorso straordinario e quindi non hanno nè implicitamente nè esplicitamente accettato il ricorso straordinario e quindi potranno impugnare la decisione per tutti i vizi, anche per quelli che ottengono al merito della decisione.

Tutela nei confronti della Pubblica Amministrazione dinnanzi al giudice ordinario[]

Ciò capita quando c'è un diritto soggettivo, e questo diritto soggettivo non subisce l'effetto derogatorio da parte del provvedimento. In questo caso la giurisdizione spetta al giudice ordinario.

La norma che dobbiamo applicare è quella della legge abolitiva del contenzioso amministrativo, cioè la legge 20 marzo 1865 numero 2248 allegato E, nota come "Legge abolitiva del contenzioso amministrativo", che ha come primo effetto l'abolizione dei Tribunali del contenzioso amministrativo, e quella svolta in senso liberale nell'attribuzione delle controversie nei confronti della Pubblica Amministrazione al giudice ordinario.

Quali sono gli articoli che ci interessano? Gli articoli 2, 3 e 4 della legge abolitiva.

Articolo 2. Sono devolute alla giurisdizione ordinaria tutte le cause per contravvenzioni e tutte le materie nelle quali si faccia questione di un diritto civile o politico, qualunque possa essere interessata la Pubblica Amministrazione ed ancorchè siano emanati provvedimenti del potere esecutivo o dell'autorità amministrativa.

Quindi se c'è un diritto soggettivo ancorchè vi sia parte la Pubblica Amministrazione ed ancorchè sia assunto un provvedimento amministrativo la controversia spetta al giudice ordinario. Poi abbiamo visto che l'interpretazione ha fatto sì che molti diritti soggettivi siano divenuti interessi legittimi e questo ha portato poi all'istituzione della Quarta Sezione del Consiglio di Stato e quindi agli interessi legittimi ed alla giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo. Però questa norma conserva la sua efficacia perchè là dove c'è un diritto soggettivo e non un diritto legittimo la giurisdizione spetta al giudice ordinario.

Quali poteri ha il giudice ordinario nei confronti della Pubblica Amministrazione? Dichiamo che c'è una regola generale ed una regola speciale. La regola generale è codificata dall'articolo 4 della legge abolitiva sul contenzioso amministrativo: quando la contestazione cade sopra un diritto che si pretende leso da un atto dell'Autorità Amministrativa, i Tribunali si limiteranno a conoscere gli effetti dell'atto stesso in relazione all'oggetto dedotto in giudizio. Si limiteranno a conoscere gli effetti dell'atto stesso, "l'atto amministrativo non potrà essere revocato o modificato se non sovra ricorso alle competenti autorità, le quali si conformeranno al giudicato dei Tribunali in quanto riguarda il caso deciso".

In questo come in un altro caso l'autorità giudiziaria, cioè il giudice, applicherà gli atti amministrativi ed i regolamenti generali in quanto siano conformi alla legge. Allora, laddove c'è un diritto soggettivo e quindi dove c'è giurisdizione del giudice ordinario, il giudice ordinario che cosa può fare?

Non può revocare o modificare l'atto, può conoscerne gli effetti purchè l'atto sia conforme alla legge, cioè sia legittimo. Quindi tradotto in positivo significa che se l'atto è illegittimo, il giudice ordinario non ne deve tenere conto, ovvero deve disapplicarlo, quindi non ha potere di revocarlo o modificarlo, quindi di incidere sull'atto, ma ha il potere di disapplicarlo.

Questa è la regola generale.

Ci sono alcuni casi in cui il giudice ordinario può annullare gli atti, e lo può fare quando la legge gli conferisce espressamente il potere.

L'articolo 113 della Costituzione dice espressamente che la legge determina quali organi giurisdizionali possono annullare gli atti della Pubblica Amministrazione, nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa, quindi la Costituzione non dice che annullare l'atto può farlo solo il giudice amministrativo, dice che il legislatore è libero, c'è una riserva di legge, è libero di determinare quale autorità giudiziaria può annullare gli atti. Allora in determinati casi il legislatore ha conferito espressamente al giudice ordinario il potere di annullare gli atti, lo fa nel caso più importante di tutti, il pubblico impiego.

Il pubblico impiego, che un tempo rientrava nella giurisdizione del giudice amministrativo. Per quanto riguardava il personale dell'esercito, il personale delle carriere diplomatiche, i professori universitari che non sono stati privatizzati, val ancora il vecchio regime della giurisdizione amministrativa, per tutti gli altri pubblici dipendenti rientrano ormai nella giurisdizione del giudice ordinario, ma il rapporto di pubblico impiego spesso prevede che il rapporto sia regolato da dei provvedimenti amministrativi.

Il giudice ordinario può conoscere del contenzioso in materia di pubblico impiego se ed in quanto può annullare provvedimenti che incidono su tale rapporto e quindi la legge espressamente riconosce al giudice ordinario la possibilità di annullare i provvedimenti amministrativi.

L'unica parte del contenzioso del pubblico impiego che rimane al giudice amministrativo, e questo vale per tutti i dipendenti pubblici, riguarda la fase di costituzione del rapporto, cioè la fase che precede l'instaurazione del rapporto di pubblico impiego, che deve avvenire necessariamente attraverso un pubblico concorso.

Nell'ambito di questo contenzioso il giudice ordinario ha il potere di annullare i provvedimenti amministrativi.

L'altre grande categoria di contenzioso in cui è giudice amministrativo può annullare i provvedimenti è quello delle sanzioni amministrative. Dobbiamo distinguere le sanzioni di carattere afflittivo dalle sanzioni di carattere ripristinatorio. Quelle di carattere afflittivo appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, quelle di carattere ripristinatiorio appartengono alla giurisdizione del giudice amministrativo.

Nel caso delle sanzioni afflittive di tipo pecuniario il giudice di pace ha riconosciuto espressamente il potere di annullare il provvedimento.

Laddove la legge non dice nulla opera la regola generale e quindi il potere del giudice è quello di disapplicare il provvedimento. Cosa significa disapplicare? Giuridicamente sulla controversia come se il provvedimento non esistesse. Quindi perchè ci sia da disapplicare ci vuole un diritto soggettivo, quindi occorre un diritto soggettivo che fondi la giurisdizione del giudice ordinario.

Qual è la differenza tra disapplicazione ed annullamento dell'atto? Che l'annullamento dell'atto lo elimina dal mondo giuridico con effetti ex tunc ma ha effetti erga omnes, invece la disapplicazione del provvedimento amministrativo ha effetti limitati al giudizio e riguarda soltanto le parti di quel giudizio.

Poi c'è tutto il problema della disapplicazione da parte del giudice penale, e qua i problemi sono considerevoli, perchè pensiamo a tutti i reati edilizi.

è capitato che rilasciata la concessione edilizia od approvato il piano di lottizzazione ad un certo punto il giudice si sveglia e ritiene che quello è illegittimo e la disapplica, cioè fa finta che non esiste, che gli effetti non ci siano e quindi non essendoci l'atto c'è il reato di lottizzazione abusiva o di costruzione abusiva.

Quando il giudice ordinario può disapplicare il provvedimento? Quando è illegittimo. Quindi per tutti i vizi di legittimità. Sotto questo profilo non dovrebbe esserci distinzione tra la cognizione del giudice ordinario e quella del giudice amministrativo. In realtà in passato si è posto il problema per quanto riguarda l'eccesso di potere, cioè si riteneva che l'eccesso di potere fosse sindacabile in sede di disapplicazione da parte del giudice ordinario soltanto nel caso più grave dell'eccesso di potere che era lo sviamento di potere, cioè l'uso del potere per un fine diverso da quello per cui la legge lo ha attribuito alla pubblica amministrazione, che è la forma di eccesso più grave che esista perchè si riteneva che esistesse un limite alla cognizione del giudice ordinario sugli affari della pubblica amministrazione in particolare sull'eccesso di potere. Poi finalmente si è arrivati alla conclusione che non c'è ragione per ritenere che la cognizione del giudice ordinario in sede di disapplicazione sia quantitativamente e qualitativamente diversa da quella del giudice amministrativo, per cui oggi la soluzione è che il giudice ordinario può disapplicare il provvedimento per tutti i vizi.

Arriviamo alle azioni dinnanzi al giudice ordinario. Quali sono? Certamente le azioni di accertamento. La principale di queste azioni è volta al risarcimento del danno.

Abbiamo detto che la pubblica amministrazione, come tutti gli altri soggetti dell'ordinamento, è soggetta di principi generali tra cui rientra il principio del neminem ledere per cui la pubblica amministrazione se reca un danno deve risarcire la vittima dell'illecito. Il giudice ordinario certamente si occupa delle lesioni dei diritti. Diciamo che il giudice ordinario ha la giurisdizione sul risarcimento del danno quando questo riconoscimento del danno deriva da un'attività materiale della pubblica amministrazione.

e quando c'è invece un'attività provvedimentale? Qui il problema si complica perchè ci sono alcuni dei diritti soggettivi, ma essendoci un provvedimento di mezzo potrebbe esserci un interesse legittimo.

Allora se c'è attività giurisdizionale dobbiamo chiederci se c'è responsabilità della pubblica amministrazione e la domanda conseguente, se c'è responsabilità della pubblica amministrazione chi se ne occupa, giudice ordinario o giudice amministrativo?

Il promo problema appartiene al diritto amministrativo 1.

L'articolo 2043 non fa alcuna distinzione tra diritti ed interessi, parla di danno ingiusto. Ovviamente quando è stato approvato il codice civile il danno ingiusto era ciò che ledeva un diritto soggettivo, la ricchezza era dara prevalentemente dalla proprietà, quindi non solo un diritto soggettivo ma un diritto assoluto, poi ovviamente l'economia è cambiata e quindi la Cassazione interpretando estensivamente il concetto di danno ingiusto l'ha esteso dai diritti assoluti aldiritto di credito.

Ciò è avvenuto con due famose ed importanti sentenze della Cassazione. La prima relativa al caso Superga, l'incidente, causa della squadra di calcio contro la compagnia aerea per il risarcimento di quel danno. In questo caso la Cassazione disse che era vero che c'era una lesione del diritto di credito, in questo caso era il diritto obbligatorio che legava l'atleta alla società però non è ammissibile ai sensi dell'articolo 43, la tutela risarcitoria, quando il diritto di credito è violato da un terzo (in questo caso la compagnia aerea) e quindi disconobbe nell'an e nel quantum la possibilità di affermare la responsabilità per la lesione extracontrattuale del diritto di credito.

Esiste un generico diritto all'integrità patrimoniale che nessuno ha capito che cos'è però è risarcibile.

Si riconoscono anche semplici aspettative.

Il riconoscimento del danno pesa ulteriormente sulla finanza pubblica e quindi è una misura difficile da riconoscere e quindi è una misura difficile da riconoscere però ciò accade con una famosa sentenza, la numero 500/1999, che ha determinato una vera e propria rivoluzione nell'ambito del diritto amministrativo perchè la Cassazione dopo più di 50 anni di orientamento granitico nel negare la responsabilità per lesione di interesse legittimo cambia radicalmente idea.

Nel 1999 la Cassazione cambia idea e d'ora in poi gli interessi legittimi al pari dei diritti soggettivi se lesi determinano un atto ingiusto.

Responsabilità extracontrattuale della pubblica amministrazione, poi c'è qualche tesi che configura la responsabilità della pubblica amministrazione per la lesione di interessi legittimi come responsabilità contrattuale e non extracontrattuale in base ad un ragionamento che ha un certo fondamento anche se dottrina minoritaria e si basa sulla considerazione che la responsabilità extracontrattuale è la responsabilità come dicono i civilisti del passante, cioè è la responsabilità della tegola che cade da un edificio sulla testa del passante o la responsabilità tipica dell'incidente stradale.

Dobbiamo stabilire chi è il giudice competente a conoscere la causa per il risarcimento del danno per attività provvedimentale.

Nella sentenza 500/99 le Sezioni Unite individuano come giudice con giurisdizione il giudice ordinario quindi secondo il ragionamento delle Sezioni Unite prima si va dal giudce amministrativo, si ottiene l'annullamento dell'atto ilelgittimo, quindi si accerta l'illegittimità e poi si va dal giudice ordinario che ha il potere di condannare la pubblica amministrazione al risarcimento del danno. Questo è il principio formulato dalla Corte di Cassazione.

In realtà un anno prima il legislatore aveva approvato un decreto legislativo (80/98) dicendo che se il giudice amministrativo ha giurisdizione esclusiva rientra in questa giurisdizione esclusva anche il risarcimento del danno.

Le cose cambiano nel 2000 quando con la legge 205 il legislatore stabilisce che in caso di lesioni di interessi legittimi ha sempre giurisdizione il giudice amministrativo. Questa regola è stata poi recepita nel codice del processo amministrativo all'articolo 7.

Arriviamo alla conclusione che sono proponibili innanzi al giudice ordinario azioni di accertamente per il risarcimento del danno purchè si tratti di attività materiale della pubblica amministrazione.

Per un periodo di tempo breve gli è appartenuta anche la giurisdizione sull'attività provvedimentale, ma è durato poco (6 mesi) perchè la legge 205/2000 ha definitivamente attribuito la giurisdizione al giudice amministrativo.

Non sono ammesse davanti al giudice ordinario le azioni costitutive, cioè quelle azioni volte a costituire, modificare od estinguere rapporti giuridici. Perchè sono ammesse le azioni costitutive? Pertchè i rapporti con la pubblica amministrazione hanno una caratterizzazione in senso pubblicistico, sono rapporti di carattere pubblicistico, sono rapporti amministrativi e non rapporti giuridici di carattere privato.

La dottrina ha cercato di evidenziare che non necessariamente il carattere pubblicistico costituisce un ostacolo cioè il fatto che il rapporto sia amministratio non necessariamente modifica o riduce la tutela erogabile dal giudice ordinario perchè il rapporto amministrativo è pur sempre un rapporto giuridico, deriva dalla teoria generale del rapporto giuridico.

Non sono ammesse le azioni costitutive tranne nei casi in cui l'amministrazione abbia agito iure privatorum, cioè non abbia agito nella veste pubblicistica di autorità ma come un normale privato e quindi nel caso più frequente se l'amministrazione conclude un preliminare di vendita poi è obbligata a concludere il contratto definitivo. Se non lo fa può essere adito il giudice ordinario con quell'azione in forma specifica dell'obbligo di contrarre ed il giudice che fa un'azione costitutiva.

Sono ammissibili le azioni di condanna purchè l'oggetto della condanna sia un facere fungibile e mai un facere specifico. è ammissibile la condanna al pagamento di una somma di denaro, non è ammissibile una condanna a tenere un determinato comportamento perchè si fa riferimento all'articolo 4 della legge del contenzioso amministrativo dove si dice che il giudice non può revocare o modificare gli atti e si dice sostanzialmente "se obbliga l'amministrazione ad un facere specifico è come la obbligasse ad emanare un determinato atto" e quindi non può farlo. Ovviamente la condanna al facere specifico è ammissibile quando l'amministrazione perde completamente la sua veste pubblicistica.

Allora, la legge consente all'amministrazione di espropriare un terreno ed anche ad occuparlo ancor prima dell'esproprio, però se l'amministrazione fa scadere i termini per fare l'espropriazione l'occupazione perde la sua veste pubblicistica, perchè non rispettare un termine incide sull'esistenza del potere e quindi perde la connotazione autoritativa e quindi se io sono proprietario di un immobile che è stato occupato ed è scaduto il termine per l'occupazione da parte della pubblica amministrazione posso rivolgermi al giudice ordinario e chiedere che obblifgi l'amministrazione a non facere generico ma specifico, cioè al rilascio dell'immobile. Lo stesso discorso vale per le azioni possessorie o quelle quasi possessorie. Anche queste azioni sono ammissibili dinnanzi al giudice ordinario solo quando l'amministrazione agisce iure privatorum e non quando agisce nella sua veste autoritativa o pubblicistica.

Sono ammissibili dinnanzi al giudice ordinario le azioni esecutive, cioè le azioni che servono per eseguire le sentenze di cognizione e di condanna.

La sentenza di un giudice è un pezzo di carta, una volta che lo abbiamo in mano occorre adeguare la realtà alla statuizione della sentenza perchè altrimenti questa sentenza non serve a nulla. L'adeguamento della realtà alla situazione giurisdizionale può avvenire spontaneamente o si condanna il debitore a pagare e questo paga. Nella realtà occorre prevedere delle azioni esecutive perchè quella situazione contenuta nella sentenza modifichi la realtà e quindi se non paga facciamo esecuzione, espropriazione, pignoramento, vendiamo i beni e ci soddisfiamo sul ricavato. Sono impignorabili tendenzialmente le somme di denaro perchè la legge prevede l'impignorabilità di tutte le somme di denaro della pubblica amministrazione quando l'hanno sempre perchè il bilancio delle pubbliche amministrazioni ha sempre una destinazione delle somme od al pagamento dei fornitori od alle retribuzioni del personale o comunque alla gestione dei servizi.

Si possono pignorare le somme che le amministrazioni stanziano nei bilanci per le cosiddette spese legali.

Perchè scegliere questo tipo di esecuzione? Perchè sono maggiori i poteri che ha il giudice amministrativo, perchè il giudice amministrativo che cosa fa? Adito per l'esecuzione di una sentenza di condanna del giudice ordinario fa una sentenza in cui condanna la Pubblica Amministrazione a pagare la somma di denaro, ma può nominare un commissario ad acta, cioè un suo ausiliario che però è anche organo amministrativo che adotterà tutti i provvedimenti necessari per dare esecuzione alla sentenza.

Se l'amministrazione non paga, il commissario si reca presso l'amministrazione, modifica potendolo fare, il bilancio e riconosce attraverso una procedura complicata che si chiama Riconoscimento Fuori Bilancio, la somma al cittadino che ha ottenuto la sentenza di condanna emette il mandato di pagamento, lo manda al tesoriere ed il tesoriere paga. è un mezzo più efficace rispetto all'esecuzione davanti al giudice ordinario, che sì la possiamo fare, ma con esiti esigui.

Per quanto riguarda la parte del pubblico impiego appartenga al giudice amministrativo, nel 1993 con un primo provvedimento di privatizzazione si privatizza il rapporto di lavoro pubblico e nel 1998 con il decreto 80/98 trasferisce la giurisdizione al giudice ordinario.

Oggi se c'è una controversia che attiene al pubblico impiego la si propone al giudice ordinario con il rito del diritto del lavoro.

Cos'è escluso da wuesta giurisdizione del giudice ordinario? Determinate categorie di pubblici dipendenti (diplomatici, prefetti, esercito, polizia, carabinieri) e per tutti è esclusa la fase relativa alla costruzione del rapporto, cioè la fase concorsuale che precede la costruzione del rapporto in senso stretto.

Chiudiamo il discorso del giudice ordinario parlando di una regola tipica del contenzioso dinnanzi al giudice ordinario che si chiama "regola del Foro eracle": quando è convenuta un'amministrazione dello Stato è competente territorialmente il giudice che ha sede nel capoluogo della Corte d'appello in cui si trova il giudice competente territorialmente per valore secondo le regole ordinarie. Innanzitutto riguarda soltanto le amministrazioni dello Stato, non le regioni, non i comuni, non le province. Quindi i Ministeri, gli organi periferici dei Ministeri e le società pubbliche ma che hanno una competenza nazionale.

Perchè c'è questa regola? Perchè le amministrazioni statali sono difese ex lege dall'avvocatura dello Stato. Questo è importante perchè quando faremo la notifica del ricorso giurisdizionale non va notificato al Minsitero nella sua sede legale ma all'avvocatura dello Stato perchè ha il patrocinio ex lege dell'amministrazione statale.

Dove ha sede l'avvocatura dello Stato? Esiste una sede generale dell'avvocatura dello Stato, che ha sede a Roma, e poi esistono le avvocature distrettuali dello Stato che hanno sede presso ogni Corte d'appello, cioè tanti quanti sono i distretti di Corte d'Appello.

E dove ha sede nel distretto di Corte d'Appello? Nel capoluogo del distretto di Corte d'appello, dove ha sede il TAR.

Qual è il senso della regola? Evitare che gli avvocati dello Stato girino per tutti i Tribunali, che rientrano nel distretto di Corte d'appello per andare a difendere la pubblica amministrazione. Le controversie nei confronti delle amministrazioni statali si concentrano nel capoluogo dove ha sede l'avvocatura distrettuale dello Stato.

Giurisdizione amministrativa[]

Si comincia con l'analizzare i diversi tipi di giurisdizione amministrativa; la norma di riferimento è l'articolo 7 del codice del processo amministrativo.

Sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie nelle quali si faceva questione di interessi legittimi, e nelle materie indicate dalla legge di diritti soggettivi concernenti l'esercizio od il mancato esercizio del potere amministratio riguardanti provedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all'esercizio del potere.

Questa è la declaratoria generale della giurisdizione, poi il comma 3 aggiunge:

La giurisdizione amministrativa si articola in giurisdizione generale di legittimità, esclusiva ed estesa al merito.

Si sa che la giurisdizione amministrativa concerne interessi legittimi; quella sugli interessi legittimi è una giurisdizione chiamata "di legittimità" ed è la giurisdizione generale del giudice ordinario: egli cioè ha sempre giurisdizione sugli interessi legittimi, come dice l'articolo 103 comma 1 della Costituzione. Essendo "generale" questa giurisdizione opera anche se la legge non lo prevede, in quando appunto "generale".

Accanto a questa giurisdizione generale sugli interessi legittimi ci sono altre due giurisdizioni, non generali, ma eccezionali:

  • Quella esclusiva, che riguarda i casi in cui il giudice amministrativo conosce oltre che gli interessi legittimi anche i diritti soggettivi;
  • Quella di merito, in cui il giudice amministrativo può esaminare il provvedimento non solo per vizi di legittimità, ma anche per vizi di merito.

Essendo queste ultime due giurisdizioni eccezionali, esse sussistono solo se ed in quanto la legge lo prevede.

Giurisdizione generale di legittimità[]

L'articolo 7 comma 4 del codice del processo amministrativo dice:

Sono attribuite alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo le controversie relative ad atti, provvedimenti od omissioni della Pubblica Amministrazione comprese quelle relative al risarcimento del danno per lesioni di interessi legittimi e di altri diritti patrimoniali consequenziali pure se introdotti in via autonoma.

Atti, provvedimenti od omissioni: si tratta di un considerevole passo avanti recepito dal codice del processo amministrativo (che è del 2010), cioè l'estensione della giurisdizione di legittimità non solo agli atti ed ai provvedimenti, ma anche alle omissioni. Infatti la giurisdizione di legittimità è la giurisdizione storicamente più importante del giudice amministrativo: quando nel 1889 fu istituita la Quarta Sezione del Consiglio di Stato con funzioni giurisdizionali, la giurisdizione del Consiglio di Stato steso era una giurisdizione solamente di legittimità, ovvero operava per la tutela di interessi legittimi contro provvedimenti viziati sotto i tre profili violazione di legge, incompetenza, ed eccesso di potere. Dunque l'azione principale/storicamente più importante della giurisdizione generale di legittimità era l'azione di annullamento dell'atto o provvedimento. L'azione di annullamento era quella con cui nacque il giudice amministrativo: ha natura costitutiva, ed è definita "azione regina del processo amminsitrativo". Ha però cambiato fisionomia nel corso degli anni, arricchendosi di nuovi contenuti, rimanendo pur sempre per lungo tempo l'unica azione esperibile nel corso del processo amministrativo. Negli anni, l'ambito delle azioni si è amplicato: accanto all'azione di annullamento, che ovviamente presuppone un provvedimento, si è riconosciuta la possibilità di agire dinnanzi al giudice amministrativo in sede di giurisdizione di legittimità non solo verso gli atti ed i provvedimenti, ma anche verso le omissioni della Pubblica Amministrazione. Come? Attraverso quello che è chiamato "giudizio contro il servizio della Pubblica Amministrazione"; prima ciò era inconcepibile, in quanto se si chiedeva un'azione di annullamento e non c'era un atto od un provvedimento a causa di un'inerzia della Pubblica Amministrazione era preclusa anche la possibilitò di agire dinnanzi al giudice amministrativo. In questo modo però restava priva di tutela la maggioranza dei casi, cioè tutti quelli in cui la Pubblica Amminsitrazione invece che adottare un atto od un provvedimento resta inerte. Ciò valeva soprattutto per una particolare categoria di interessi legittimi detti "pretensivi": si ricordi che l'interesse legittimo può avere natura:

  • Oppositiva: è il caso dell'interesse legittimo del proprietario che si oppone al decreto di esproprio: in tal caso Tizio si oppone ad una modificazione giuridica che il provvedimento realizza unilateralmente nella sua sfera giuridica. Qui l'azione di annullamento è più che sufficiente: annullato il decreto di esproprio, la tutela della situazione soggettiva di Tizio è più che soddisfatta.
  • Pretensiva: è il caso del privato che aspira ad un'utilità che dipende dal diritto del potere: aspira ad una concessione, ad un'autorizzazione, a conseguire un posto pubblico attraverso un concorso; questo tipo di situazione soggettiva non può essere soddisfatta dall'azione di annullamento, perchè la Pubblica Amministrazione può negarmi la concessione - autorizzazione - posto pubblico (diniego) oppure può non fare nulla (inerzia). Se però il provato impugna il diniego dinnanzi al giudice amministrativo, l'annullamento del diniego non equivale al rilascio dell'autorizzazion della concessione. Dunque gli interessi pretensivi non sono soddisfatti dalla sola azione di annullamento. Se nel 1889 si aveva un concetto di Pubblica Amministrazione di stampo liberale (Stato minimo, la Pubblica Amministrazione deve limitarsi a fare le cose fondamentali per la civile convivenza: se interveniva, di sicuro ledeva interessi legittimi di natura oppositiva). Con il passaggio allo Stato sociale, la Pubblica Amministrazione non si limitava più ad intervenire nella sfera dei privati, ma erogava servizi/utilità. Con il passaggio si riducevano le posizioni di interesse legittimo oppositivo ed aumentavano quelle di interesse legittimo pretensivo. Con riferimento a queste situazioni non era più sufficiente l'azione di annullamento, che ha effetto costitutivo ed effetto caducatorio/cassatorio: ma di fronte ad un diniego, l'annullamento del diniego non equivale all'attribuzione dell'utilità, così come il silenzio della Pubblica Amministrazione non è tutelabile se si riduce la tutela del provvedimento amministrativo.

Come cambia la struttura dell'azione di annullamento?[]

Innanzitutto la tutela deve essere vista nel suo complesso: è vero che l'annullamento di un diniego non equivale ad un rilascio di un'utilità (autorizzazione-concessione-posto pubblico), ma è pur vero che si può chiedere l'esecuzione della sentenza che ha annullato il diniego. L'esecuzione dell'annullamento di un diniego può effettivamente portare, nell'ambito di quello che è chiamato "giudizio di ottemperanza", al rilascio/riesame della fattispecie della Pubblica Amministrazione ed al rilascio dell'utilità prima illegittimamente negata.

Se vista nel suo complesso, oltre che nella sua fase di cognizione che porta all'annullamento dell'atto, anche nella sua fase di esecuzione, si può dire che già nel suo complesso la tutela erogabile in sede di legittimità è una tutela complessivamente considerata sufficiente ed adetuata.

Come si modifica nel tempo?[]

Si cerca di anticipare la tutela alla fase di cognizione: prima si doveva impugnare il diniego, ottenere l'annullamento, chiedere l'esecuzione della sentenza di annullamento del diniego ed eventualmente, in sede di esecuzione, sperare che la Pubblica Amministrazione mi erogasse l'utilità. Invece si è cercato di anticipare in sede di cognizione il contenuto ordinario e condannatorio dell'azione di annullamento.

Poi si è trattato il problema del silenzio: prima non era tutelabile dinnanzi al giudice amministrativo, poi la giurisprudenza ha iniziato a riconoscere, in sede di giurisdizione generale di legittimità, anche la tutela verso "atti omissibi della Pubblica Amministrazione".

Come si può realizzare la tutela contro il silenzio della Pubblica Amministrazione?[]

Si può impugnare il silenzio stesso allorchè esso sia un silenzio - inadempimento, perchè se il silenzio è silenzio-assenso o silenzio-diniego è già la legge 241/1990 ad attribuirgli un significato: se è silenzio assenso è come se il soggetto avesse già il provvedimento/l'atto; se è diniego deve ricorrere contro di esso.

In realtà quindi è vero che non c'è un atto/provvedimento, ma è pur vero che la legge 241/1990 attribuisce al silenzio un preciso significato. In questi due casi (silenzio-assenso e silenzio-diniego) non c'è problema: esso sorge quando il silenzio non ha significato legale, ovvero quando è silenzio-inadempimento.

La giurisprudenza inizia a dire che il silenzio diventa tutelabile nel momento in cui quel silenzio non è più un semplice fatto, ma diventa giuridicamente rilevante perchè è l'omessa pronuncia della Pubblica Amministrazione su un atto di diffida del privato.

Una volta ammessa questa tutela, si tratta di stabilire quale tipo di pronuncia il giudice amministrativo può adottare, e qui vi sono diverse alternative:

  • Può limitarsi ad ordinare alla Pubblica Amministrazione di provvedere.
  • Può spingersi oltre, e non solo ordinare alla Pubblica Amministrazione di provvedere, ma anche pronunciarsi od estendere la propria conoscenza (cognizione) anche sulla fondatezza dell'istanza.

Come si è risolta la questione in presenza di disposizioni così distanti dei supremi organi nomifilattici?[]

è intervenuto il legislatore, considerato terzo imparziale della vicenda: si è adottata una soluzione di compromesso, espressa dal comma 3 dell'articolo 30 del codice del processo amministrativo:

La domanda di risarcimento per lesione di interessi legittimi è proposta entro il termine di decadenza di 120 giorni, decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato, ovvero dalla decorrenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo.

Dunque si ammette la proposizione in via autonoma dell'azione di risarcimento del danno, purchè essa sia proposta entro il termine di decadenza di 120 giorni.

Il legislatore ha quindi accettato la posizione della Corte di Cassazione (riconoscimento dell'azione di risarcimento in via autonoma), però ha posto un termine davvero brevissimo, in quanto coincide con il termine per fare ricorso straordinario. Ed allora sorge spontanea la domanda: perchè la normale azione di risarcimento del danno si prescrive in 5 anni, ed invece se il danno è stato creato dalla Pubblica Amministrazione la stessa azione si prescrive nel termine di decadenza di 120 giorni?

La ragione di ciò è semplice da intendere: se si avessero 5 anni per ricorrere contro la Pubblica Amministrazione, in un tempo così lungo questa avrebbe più tempo di essere soccombente, e se dovesse pagare, i soldi non basterebbero e si creerebbe altro debito pubblico.

è legittimo questo? Se l'è chiesto anche qualche TAR, che ha sollevato alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale per violazione degli articoli 3, 24 e 103 della Costituzione proprio in virtù di questo limite decadenziale di 120 giorni.

Novità recenti[]

Nell'ultimo decreto legislativo emanato dal Governo Monti, il 160 del 2012, era contenuto l'ampliamento del termine di decadenza da 120 giorni a 365 giorni (un anno): ciò era stato fatto apposta per depotenziare la questione di legittimità costituzionale sollevata dal TAR. In seguito qualcuno del Governo durante l'iter di approvazione, per un presunto problema di eccesso o difetto di delega, ha sforbiciato questa norma: il 4 ottobre 2012, il Ministero della Funzione Pubblica Patroni Griffi, tra l'altro memrbo del CS, ben consapevole del periodo che deriva dalla pendenza della questione di costituzionalità ha proposto di inserire questa norma nel Decreto Semplificazioni in discussione al Consiglio dei Ministri. Ma al momento della firma da parte del Capo dello Stato Napolitano la norma viene stralciata per un rilievo di quest'ultimo circa la non pertinenza della norma con l'oggetto del decreto.

Dunque in conclusione la situazione oggi è questa: è pendente la questione di legittimità costituzionale, l'ultimo decreto (Semplificazioni) ha cercato di apliare il termine ma non c'è riuscito.

L'unico dato certo è che l'azione di risarcimento si può proporre in via autonoma in 120 giorni: sebbene però si possa proporre in via autonoma, ci sono comunque dei limiti sotto il profilo dell'accoglimento della domanda stessa. L'articolo 30 comma 3 aggiunge infatti che

Nel determinare il risarcimento il giudice amministrativo valuta tutte le circostanze di fatto ed il comprotamento complessivo delle parti, e comunque esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso l'esperimento degli strumenti di tutela previsti.

Formalmente quindi l'azione di risarcimento dei danni può essere proposta in via autonoma, però nel contempo, valutando la fondatezza della richiesta, il giudice amministrativo deve tutelare tutte le circostanze ed il comportamento delle parti devono anche escludere il risarcimento del danno per quei pregiudizi che si sarebbero potuti evitare attraverso l'ordinaria diligenza, comprendendo in essa anche l'esperimento degli strumenti di tutela, cioè anche dell'azione di annullamento.

A chi spetta la giurisdizione sulla richiesta in via autonoma del risarcimento del danno? Il legislatore l'ha ovviamente riservata al giudice amministrativo, per cui la giurisdizione generale di legittimità comprende il risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi ancorchè proposto in via autonoma. Sulla legittimità costituzionale di tale scelta si è pronunciata la Corte costituzionale dicendo che era corrotta.

La decisione della Corte costituzionale 204/2004 ha dichiarato:

  • L'incostituzionalità degli articoli 33 e 34 del decreto legislativo 80/1998 affermando il principio secondo cui l'articolo 103 della Costituzione quando dice che "il legislatore può prevedere casi di giurisdizione esclusiva in particolari materie" non gli lascia una discrezionalità assoluta perchè le particolari materie non sono quelle particolari materie in cui già il giudice amministrativo ha la giurisdizione di legittimità. Quindi la giurisdizione esclusiva è una giurisdizione che estende la giurisdizione di legittimità ai diritti soggettivi. E ha anche precisato che laddove si parla di giurisdizione esclusiva non viene meno la qualificazione delle situazioni soggettive perchè dove la norma dell'articolo 103 dice "anche" significa che il giudice amministrativo conosce anche dei diritti soggettivi laddove conosce in generale gli interessi legittimi.
  • Per arrivare alla conclusione secondo cui la giurisdizione in materia di giurisdizione esclusiva è costituzionalmente legittima con riferimento a quegli atti in cui c'è comunque l'esercizio di un potere autoritativo.

La Corte costituzionale affronta anche il problema del risarcimento del dannno, cioè quel profilo del decreto legisaltivo 80, in questo caso l'articolo 35, che prevede la giurisdizione del giudice amministrativo sul risarcimento di danni per lesione di interessi legittimi. Qua la Corte costituzionale in realtà afferma che il risarcimento del danno non è una materia, ma un rimedio, e quindi non soggiace a quell'interpretazione restrittiva che la stessa Corte dà dell'articolo 103, e quindi la Corte costituzionale salva la previsione che conferisce alla giurisdizione del giudice amministrativo il risarcimento per lesione di interessi legittimi.

Alla luce della sentenza della Corte costituzionale possiamo interpretare, o meglio leggere con più consapevolezza, l'articolo 7. Se noi leggiamo l'articolo 7 troviamo scritto:

  • Sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie nelle quali si faccia questione di legittimità (fin qui è la giurisdizione generale di legittimità).
  • E, nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi (qua c'è un lapsus carnis perchè non c'è la parola "anche", ma la precisazione giunge dopo).
  • Concernenti l'esercizio od il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all'esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazione.

Ecco che ora riusciamo a capire cosa significa "comportamenti riconducibili anche mediamente all'esercizio del potere aministrativo", cioè è una lettura della giurisdizione del giudice amministrativo alla luce del principio affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza 204/2004.

Però oltre ai provvedimenti, atti od accordi troviamo anche i comportamenti => ed abbiamo detto: però l'articolo 34 del decreto del 1998 è stato dichiarato incostituzionale nella parte in cui prevedeva oltre ai provvedimenti anche i comportamenti. Com'è possibile che ora i comportamenti tornano nella norma? Diciamo che su quel profilo la Corte costituzionale è stata un po' laconica. Ha detto che il comportamento di per sè non è manifestazione del potere amministrativo, questo però non esclude che ci siano comportamenti delle pubbliche amministrazioni comunque riconducibili all'esercizio di un potere amministrativo. Allora se c'è un comportamento amministrativo riconducibile all'esercizio di un potere amministrativo, in quel caso la giurisdizione è legittima.

Sotto questo profilo, dopo la sentenza 204 e prima dell'emanazione del codice, c'è un'importante sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 27 dicembre del 2008 che affronta il problema dei comportamenti.

In realtà affronta due problemi importanti: il problema dei diritti cosiddetti incomprimibili, o diritti a nocciolo duro, ed il problema dei comportamenti dopo la sentenza della Corte costituzionale.

La Cassazione per lungo tempo ha affermato l'esistenza di alcuni diritti incomprimibili da parte del potere amministrativo, cioè che anche a fronte di un provvedimento amministrativo conservano la loro natura di diritti soggettivi. Questi diritti sarebbero principalmente quelli che attengono alla sfera più intima della personalità dell'individuo, ad esempio il diritto alla salute, che secondo un orientamento della Cassazione sarebbe incompatibile, non diventerebbe mai un interesse legittimo!

Questa giurisprudenza è stata ovviamente criticata soprattutto dal Consiglio di Stato perchè dire che ci sono dei diritti che non si comprimono, e che quindi anche laddove c'è la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo non vi possono entrare, significa dire che il giudice amministrativo è sostanzialmente un figlio minore della giurisdizione, cioè non ha quei poteri che ha il giudice ordinario.

In realtà abbiamo visto che la Corte costituzionale ha fatto degli interventi per migliorare la tutela, con quelle sentenze dell'80, 85 e 87 che hanno ampliato la giurisdizione del giudice amministrativo, però c'era questo atteggiamento precostituito da parte del giudice amministrativo.

Oggi le cose non stanno più così, soprattutto dopo il codice del processo amministrativo. E quindi la Cassazione in questa sentenza del 27 dicembre del 2008 tira un po' le somme e dice due cose:

  • Che anche se ci sono diritti fondamentali incomprimibili, laddove il legislatore ha conferito la giurisdizione esclusiva al giudice amministrativo, quella è, e quindi non ci sono profili di incostituzionalità. Riconoscimento da parte della Cassazione del superamento di questa tesi dei diritti a nocciolo duro, incomprimibili.
  • Il secondo profilo che affronta la Cassazione in quella sentenza riguarda invece i comportamenti.

Quella è una sentenza che riguarda nella fattispecie concreta l'organizzazione di una discarica nel comune di Serre, che un po' di anni fa era stata una questione molto contesa, e si cercava di individuare le discariche per risolvere l'emergenza rifiuti a Napoli. Venne individuata quella discarica. E quindi si trattava di valutare se bloccare o meno i camion che trasportavano i rifiuti in questa discarica.

Qua vengono in considerazione:

  • Il profilo dei diritti perchè ovviamente la collettività agiva dinnanzi al giudice per la tutela dei diritti fondamentali.
  • Qua non veniva in considerazione il provvedimento ma il comportamento.

In quella fattispecie la Cassazione decide appunto che il comportamento era comunque riconducibile all'esercizio del potere all'esercizio del potere di risolvere l'emergenza rifiuti a Napoli e quindi essere per la prima volta che esistono comportamenti riconducibili all'esercizio di potere.

Ecco perchè quando noi leggiamo l'articolo 7 e quindi vedremo quella riconducibilità anche mediante l'esercizio del potere di atti, accordi o comportamenti, dobbiamo leggerla pensando alla sentenza della Corte costituzionale del 2004 e la sentenza della Cassazione del 2008. E quindi si spiega come è possibile, o meglio che significato ha, quell'espressione nel codice del 2010.

Se noi vogliamo sapere quali sono le materie di giurisdizione esclusiva

  • L'articolo 103 della Costituzione dice: sono quelle previste dalla legge.
  • Il codice dice Le materie della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sono quelle indicate dalla legge e dall'articolo 133.
  • Se noi prendiamo l'articolo 103 troviamo un nucleo di materie attribuite alla giurisdizione esclusiva. è un elenco lunghissimo che ovviamento non possiamo leggere tutto ma possiamo dire due cose: tra queste materie devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo ce ne sono di importanti. è sicuramente importante quella prevista alla lettera C numero 2 perchè riguarda i servizi pubblici (cioè quella materia che l'articolo 36 del d. lgs. 80/2998 aveva atrribuito alla giurisdizione esclusiva). Qua il codice descrive la norma esattamente come gliel'ha dettata la Corte costituzionale, perchp sono devolute alla giurisdizione esclusiva non tutte le controversie dei servizi pubblici ma solo quelle relative a concessioni, quindi dove c'è provvedimento autoritativo, con l'esclusione di quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, quelle relative a provvedimento adottati dalla Pubblica Amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo.

Non ci possiamo chiedere "va beh l'amministrazione adotta provvedimenti e segue normalmente la legge sui procedimenti, ma qui parla anche di gestori di servizi pubblici, di soggetti privati".

Quand'è che un soggetto privato (che è gestore di un servizio pubblico) deve seguire il procedimento amministrativo?[]

Laddove svolge attività di carattere pubblicistico. Se noi immaginiamo la costruzione di un'autostrada: l'esproprio può avvenire direttamente da parte dell'amministrazione (in questo caso l'amministrazione sarebbe il Ministero delle infrastrutture, e quindi l'ANAS), oppure possiamo prevedere che l'amministrazione conferisca il potere direttamente al concessionario, cioè a chi realizza e gestirà l'autostrada.

Quindi noi abbiamo un soggetto privato che fa gli espropri, a cui la Pubblica Amministrazione delega il potere di espropriare. Ed allora questo soggetto dovrà seguire un procedimento amministrativo, per poi espropriare, e gli atti di questo soggetto saranno atti pubblici.

Per esempio l'ammodernamento e l'adeguamento dell'autostrada Torino - Milano è avvenuto in questo modo. Perchè lì la valutazione di impatto ambientale che riguarda la linea dell'alta velocità, ovviamente cosa prevedeva? Che dovendo passare la linea dell'alta velocità aderente all'autostrada, si imponeva di fare tutti i ponti che passavano sotto l'autostrada.

Siccome era in progetto anche l'ammodernamento dell'autostrada, il Ministero dell'ambiente ha prescritto nel decreto di valutazione di impatto ambientale che siccome si doveva fare un macello per realizzare la linea dell'alta velocità, "Siccome stiamo facendo i lavori, allora facciamo anche i lavori dell'autostrada" = cioè la contemporaneità dei due lavori. E la valutazione anche di problematiche ambientali perchè ci sono delle aree protette, dei flussi migratori dove circolano uccellini, pesci => quindi si decide di fare tutti i lavori insieme. Ma chi si occupa degli espropri per rifare il cavalcavia dell'autostrada? Direttamente il concessionario = in questo caso la società di autostrada Torino - Milano.

Quindi quando noi troviamo scritto "Gestore che segue un procedimento amministrativo" può essere un soggetto privato che in determinate circostanze deve seguire un procedimento amministrativo perchè svolge un'attività che è esercizio di un potere delegato.

Od allora le procedure relative all'affidamento di un pubblico servizio (quindi le procedure d'appalto) ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore, nonchè afferenti alla vigilanza sul credito, sulle assicurazioni e sul mercato mobiliare, ecc.

Quindi quando noi leggiamo questa specifica previsione dell'articolo 133 ricorderete che è scritta così perchè ce l'ha detto la Costituzione.

Altra previsione dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale è quella della lettera L che fa riferimento alle controversie aventi ad oggetto tutti i provvedimenti, adottati dalla Banca d'Italia, e dalla CONSOB.

Relativamente alla CONSOB è intervenuta la sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato l'incostituzionailtà di questa previsione e l'ultimo decreto legge (quello che si chiama "Spending Review bis" del 4 ottobre) ha adeguato il codice trasformando la giurisdizione del giudice amministrativo con riferimento alla CONSOB. E devolvendola alla Corte d'Appello. (rispetto al testo troviamo in giro c'è qualche modifica importante).

Poi le altre previsioni non le dobbiamo sapere tutte. Queste sono le più importanti.

Per quanto riguarda la lettera F in materia di governo e territorio, le controversie aventi ad oggetto gli atti ed i provvedimenti delle Pubbliche Amministrazioni in materia urbanistica ed edlizia, concernente tutti gli aspetti dell'uso del territorio, purchè riconducibili anche mediatamente all'esercizio del potere.

Anche qui torna la necessaria riconducibilità del comportamento all'esercizio del potere amministrativo.

Purtroppo il codice non è esaustivo (dovrebbe esserlo ma non lo è), nel 2010 quindi è stato approvato questo codice, è stato approvato come una svolta epocale perchè per la prima volta c'era un codice. Avevamo quello di procedura civile, quello di procedura penale, ma non quello sul processo amministrativo!

è veramente una svolta epocale? è vero, noi prima avevamo delle leggi soprattutto per il Consiglio di Stato del 1907, cioè il processo del Consiglio di Stato era regolato dal Testo Unico sulle leggi del Consiglio di Stato del 1907.

Con qualche aggiunta fatta dalla giurisprudenza. Il professor Protto personalmente non sentivo questa esigenza del codice, in molti la pensano così. Ok, è stato fatto il codice. Va bene, però io dovrei avere la presunzione quando vado in udienza e mi porto il codice che sul codice ci sta scritto tutto quello che devo sapere. E quindi se io mi pongo la domanda quali materie sono nella giurisdizione del giudice amministrativo? Leggo l'articolo 133 e lì ci dovrebbero essere scritte tutte. Peccato che non sia così, perchè l'esempio che abbiamo fatto, cioè la class action, il Decreto Brunetta, che prevede un caso di giurisdizione esclusiva, non è compreso nell'articolo 133.

Ora, è vero che l'articolo 7 dice che le materie sono quelle indicate dall'articolo 133 E della legge. Ma così è facile. Se poi uno è sicuro che lì ci sia tutto, a quel punto il codice viene meno in una delle sue funzioni che è quella di essere esaustivo. Questo perchè i codici non sono più quelli di una volta e quindi accontentiamoci di dover ragionare sempre in questi termini.

Condizioni dell'azione[]

Qua diciamo che il discorso potrebbe farlo un processo al civilista, non c'è bisogno della mente eccelsa di un amministrativista, perchè sostanzialmente sono la stessa cosa. Quando parliamo dell'azione parliamo dell'istituto di carattere generale. Quindi le condizioni dell'azione sono uguali nel processo civile e nel processo amministrativo.

E sono due: legittimazione + interesse.

Questo se partiamo dall'idea che il processo amministrativo sia un processo di parti e che quindi l'azione sia quell'azione nella piena disponibilità della parte.

Ora vedremo che questa costruzione del processo vale certamente per il processo civile, vale un po' meno per il processo amministrativo perchè accanto ai poteri della parte ci sono alcuni poteri d'ufficio del giudice amministrativo soprattutto in materie istruttorie.

Noi sappiamo che nel processo amministrativo vige il principio per cui chi afferma un diritto deve provarne i fatti che ne costituiscono il fondamento. Questa è la regola aurea del processo amministrativo: l'onere della prova grava su chi fa l'affermazione. Per il processo amministrativo non è semplice così secondo alcuni, perchè c'è uno squilibrio fra le parti.

Perchè molte delle informazioni, documenti ce li ha la Pubblica Amministrazione e quindi la parte non può provarli se non sono nella sua disponibilità. Quindi ci sono questi poteri d'ufficio che dovrebbero un po' compensare questa asimmetria del rapporto tra cittadino e Pubblica Amministrazione. Questo vale fino a quando il potere d'ufficio è usato per aiutare a favore del ricorrente, diventa un po' più complicato stabilire se questo potere d'ufficio può essere utilizzato contro il ricorrente. E lì gli anni si infervorano, perchè lì le posizioni sono opposte perchè i giudici amministrativi dicono: noi nel proceesso amministrativo dobbiamo decidere una controversia ma anche accertare la verità oggettiva, perchè c'è di mezzo l'interesse pubblico.

Facciamo un esempio: io faccio un ricorso e dico che quell'atto è illegittimo perchè non c'è l'atto presupposto. Quindi manca un atto del procedimento obbligatorio. Faccio un'affermazione. Sono svantaggiato, io non posso sapere cosa è successo, quindi compio un'affermazione, dò un principio di prova. A questo punto la palla all'amministrazione che dovrebbe dire "eccolo qua il documento". Alcune volte lo fa, altre volte no. Se non lo fa, che succede? Ci sarà controricorso.

Secondo i giudici amministrativi invece il giudice deve esercitare anche d'ufficio tutti i poteri che esistono al mondo per verificare se in rerum natura esiste questo documento.

Quindi verificazione, richiesta dal documento: cioè esercita una serie di poteri d'ufficio quando nessuno glieli ha chiesti non per avviare il ricorrente, nè per affermare la verità oggettiva. E questa è difficile considerare che possa essere un criterio oggettivo.

Perchè anche nel codice di procedura civile, nel rito del lavoro; ma lì perchè un lavoratore che è soggetto debole del rapporto sostanziale e va aiutato. Ma quando i poteri vengono esercitati contro il ricorrente ed a favore dell'amministrazione che si trova in una situazione privilegiata nel rapporto sostanziale per un fantomatico accertamento della verità oggettiva, beh a quel punto qualche dubbio che sia un processo di parti, viene.

Però diciamo che questi poteri d'ufficio. Salvo questi esercizi patologici, non sono eccezionalmente sufficienti far sì che diventi un processo di parte.

E quindi con riferimento alla condizione dell'azione valgono i principi generali elaborati dal processo al civilista e quindi le due condizioni, ciop la legittimazione e l'interesse.

Cominciamo dalla prima: legittimazione. Cosa vuol dire essere legittimo? Essere titolari di una situazione giuridica soggettiva qualificata dal diritto. E quindi nel processo amministrativo essere titolari di un interesse legittimo o, nei casi di giurisdizione esclusiva, di un diritto soggettivo. Questa è la legittimazione: io sono legittimato in quanto ho una situazione giuridica qualificata dall'ordinamento e quindi non hanno accesso nel processo amministrativo i cosiddetti interessi di fatto. Ciò io posso ritenere che l'illuminazione di una strada non sia sufficiente, o che il livello della raccolta differenziata a Torino non sia sufficiente; ma quello è un interesse di fatto, non ho riconoscimento dall'ordinamento la pretesa ad avere un'illuminazione migliore od una minima di percentuale di raccolta in più. Quindi è necessario il riconoscimento da parte dall'ordinamento. Questa è la qualificazione.

E poi c'è la differenziazione: c'è la situazione riconosciuta ma anche differenziata. E qua si pone il problema di quegli interessi che non hanno quel grado di differenziazione sufficiente per l'accesso alla tutela giurisdizionale, cioè quegli interessi riconosciuti dal diritto, e quindi c'è il requisito della qualificazione ma manca il requisito della differenziazione: sono quelli che si chiamano interessi diffusi. Immaginiamo il più importante di questi interessi diffusi che è l'interesse all'ambiente salubre: noi tutti abbiamo diritto (o comunque un interesse) a vivere in un ambiente salubre, ma proprio perchè ce l'abbiamo tutti, non ce l'ha nessuno, perchè non si differenzia. Sono privi di un titolare in quanto non si differenziano.

Poi ci sono dei casi concreti in cui questi interessi non differenziati nei fatti. Esempio: immaginiamo la costruzione di un bel inceneritore, (anche se in udienza quando lo si chiamava così, la controparte diceva "No,si chiama termovalorizzatore!"), che produce emissioni noncive o comunque ci arrivano i camion carichi pieni di spazzatura che deve essere incenerita. In realtà è un interesse diffuso però se io ho la casa sulla strada un cui passa il camion e perde il perorarvi del rifiuti, ecco che nella fattispecie, con riferimento alle circostanze concrete, o, quell'interesse si differenzia, però visto giuridicamente quell'interesse non si differenzia.

Tanto è vero che la giurisprudenza inizialmente negava l'accesso a questi interessi dinnanzi al giudice amministrativo perchè si diceva che manca la differenziazione. Le cose sono cambiate nel 1986 quando è stato istituito il Ministero dell'ambiente. La legge istitutiva del Ministero dell'ambiente aveva una norma che attribuiva espressamente legittimazione ad agire alle associazioni ambientaliste riconosciute. E quindi nasce per la prima volta il cosiddetto "Ente Rappresentativo degli Interessi Diffusi", nascono le associazioni che noi tutti conosciamo: wwf, lega ambiente e così via.

Quindi la norma prevedeva che ci fossero degli enti che avessero la legittimazione a rappresentare questi interessi diffusi e quindi ad agire in giudizio per la loro tutela.

Poi sono nati altri enti portatori di interessi diffusi, ad esempio tutte le associazioni che difendono i consumatori. Anche qui noi siamo tutti consumatori perchè tutti compriamo beni di consumo. Però quando si tratta di parlare degli interessi dei consumatori proprio perchè siamo tutti consumatori, non lo è nessuno, non si differenzia! E quindi quando cisono delle controversie che riguardano in generale la tutela dei consumatori, sono tutelate dalle associazioni dei consumatori, poi si può sommare: cioè un ricorso può essere proposto da una persona fisica che ha un interesse differenziato e dall'associazione. Ad esempio prendiamo i voli low cost. Vacanze tutto compreso, dove ti dicono "parti da Torino Caselle alle 16 di venerdì", poi arrivi e ti dicono "no parti da Olbia alle 23 di domenica". Il viaggiatore ha detto "io faccio prima una denuncia all'antitrust per pratica commerciale scorretta" ed in quel contenzioso c'era il ricorso del consumatore (nel caso di specie: madre, padre, due bambini piccoli che avevano subito i danni da questo cambio di programma), ed ovviamente del consumatore e dei cornidori, che difendevano l'interesse specifico, ma l'interesse dei consumatori intesi come categoria.

Quindi adesso gli interessi diffusi hanno ingresso nella cittadinanza davanti al giudice amministrativo, in quanto siano riconosciuti, ciop la legge sull'ambiente prevede appunto che non qualsiasi associazione possa essere legittimata ma l'associazione che è riconosciuta dal Ministero, che ha tra i fini statutari quelli di difendere l'ambiente e soprattutto deve essere rappresentativa. Non basta che ci sia uno che dica io ora costituisco l'associazione per la tutela dell'associazione. Una persona sola non è rappresentativa. Certamente le associazioni riconosciute dagli enti di diverso titolo hanno certamente la legittimazione.

La giurisprudenza dice che però questo è un criterio formale, cioè quello del riconoscimento conduce ad affermare la legittimazione ma non le esclude per quelle associazioni che non sono riconosciute che però hanno quelle caratteristiche, cioè hanno uno statuto che prevede la tutela dell'interesse diffuso e sono rappresentative di quegli interessi.

Questa è la legittimazione ad agire. Ovviamente quando parliamo di persone fisiche. Nel caso di persone giuridiche, qua sono gli organi che hanno la legale rappresentanza ad avere la legittimazione ad agire. Quindi per le persone giuridiche si pone l'ulteriore problema di stabilire in base allo statuto od all'atto costitutivo quale organo della persona giuridica ha la legale rappresentanza e soprattutto i poteri per difendere in giudizio una persona giuridica.

L'altra condizione dell'azione è quella dell'interesse ad agire che nel processo amministrativo (essendo un processo al ricorso) si chiama interesse a ricorrere.

La norma del codice di procedura civile afferma:

Chi agisce in giudizio deve avere un interesse.

Cosa vuol dire avere interesse? Qual è il termine di riferimento di questo interesse? Deve avere interesse a cosa? Alla pronuncia del giudice. Quindi io pur essendo titolare di un diritto non necessariamente ho interesse ad agire, cioè io posso avere la legittimazione ma posso non avere l'interesse. Quando non ho l'interesse? Quando non c'è lesione del diritto o dell'interesse. Quindi l'elemento dell'interesse ad agire è determinato dalla lesione. Se io ho un diritto ma sto lì tranquillo perchè nessuno mi rompe le scatole, avrò la legittimazione, perchè ho il diritto/interesse, ma non essendoci la lesione, non ho interesse.

L'interesse deve essere: personale, concreto ed attuale.

  • Personale: deve riguardare la persona, non può riguardare terzi.
  • Concreto: che deve avere concretezza, non può essere un interesse morale, non deve essere mosso dall'intento di avere giustizio. Io devo avere interesse ad un provvedimento del giudice che mi dia effettiva tutela.
  • Attuale: la lesione deve essere attuale, non potenziale od ipotetica.

L'interesse deve sussistere per tutta la durata del processo fino alla sentenza del giudice. E non raramente capita che un interesse che sussiste al momento della proposizione del ricorso, non sussista più al momento della decisione sul ricorso e questo può avvenire perchè c'è una valutazione della situazione di fatto o di diritto.

Ad esempio io ho la mia casetta a cui non faccio manutenzione e quindi sta per crollare. Il sindaco mi fa un'ordinanza in cui prevede la demolizione, perchè pericolante, e mi dice "o demolisci tu o la demoliamo noi a tue spese".

Io impungo quell'ordinanza di demolizione dicendo "ma che dite? Sta su benissimo, è perfetta". Due giorni dopo che notifico il ricorso, la casa crolla da sola.

è una modificazione alla situazione di fatto che fa venire meno l'ìnteresse. Che interesse ho ad impugnare un'ordinanza di demolizione se tanto la casa si è già demolita da sola?

Quindi ce l'avevo all'inizio, ma non ce l'ho più dopo. Allora: quando la legittimazione e l'interesse ad agire non sussistono fin dall'inizio il ricorso è inammissibile; se soprattutto per quanto riguarda l'interesse al ricorso, l'interesse viene meno durante il processo, il ricorso diventa improcedibile.

Abbiamo fatto l'esempio per una modificazione della situazione di fatto, ma l'interesse può venire meno anche per una modificazione della situazione del dirtto.

C'è poi un'altra situazione che può determinare il venire meno dell'interesse che però ha un nome particolare: cessazione della materia del contendere, che si verifica quando l'amministrazione adotta un provvedimento satisfattivo dell'interesse del ricorrente.

Quindi se io impugno un decreto di esproprio, l'amministrazione in sede di autotutela può annullare il decreto di esproprio. E quindi si verifica la cessazione della materia del contendere.

Quindi non qualsiasi provvedimento, ma un provvedimento completamente satisfattivo, perchè laddove dovessero portare un provvedimento che non è completamente satisfattivo del ricorrente, ed il ricorrente non lo impugna con i motivi aggiunti è vero che viene meno l'oggetto del processo, perchè c'era un provvedimento A e viene portato il provvedimento B; se il provvedimento è completamente satisfattivo si determina la cessazione della materia del contendere.

Ma se non è completamente satisfattivo, è vero che il provvedimento B recepisce quello A, se però io non lo impugno, si verifica certamente l'inammissibilità del ricorso ma non a mio favore, semplicemente perchè il provvedimento è stato sostituito ed io non ho impugnato il secondo provvedimento.

Quindi la cessazione della materia del contendere si verifica soltanto quando il provvedimento successivo è completamente satisfattivo.

Diversi tipi di interesse che posso far valere nel processo[]

Una volta quando l'azione era solo quella di annullamento non c'era gran discussione sugli interessi. Quando invece le azioni si moltiplicano, e quindi accanto all'azione di annullamento io ho l'azione di risarcimento del danno, li si può prospettare l'ipotesi in cui viene meno un interesse, ma rimane l'altro, cioè se io faccio valere l'interesse all'annullamento dell'atto, ma anche al risarcimento del danno, non vuol dire che venendo meno anche l'interesse al risarcimento del danno, perchè sono due interessi diversi.

Esempio tipico in cui può venire meno un interesse e rimane l'altro: io partecipo ad una gara d'appalto e vengo illegittimamente escluso, o meglio arrivo secondo, e quindi l'appalto viene aggiudicato all'altra impresa. Io faccio ricorso.

Nel tempo necessario perchè si arrivi alla decisione del giudice il contratto viene eseguito, per cui l'edificio viene costruito. L'appalto ha raggiunto piena esecuzione. A quel punto io non ho più interesse all'annullamento dell'aggiudicazione a favore di Tizio perchè anche se mi annullano l'aggiudicazione io comunque l'appalto non posso più eserguirlo. Quindi alla tutela in forma specifica di conseguire quell'appalto non ho più interesse; però avendo proposto l'azione del risarcimento del danno, ho interesse a che mi risarciscano il danno. Però per risarcirmi il danno il giudice amministrativo quando valuta la condotta deve valutare anche la legittimità del provvedimento, in quanto componente della condotta. Allora io non ho più interesse all'annullamento ma ho interesse al risarcimento del danno e nell'ambito del risarcimento del danno ho interesse a che il giudice si pronunci sull'illegittimità del provvedimento. Per cui non sarà una pronuncia volta all'annullamento, ma è una pronuncia di accertamento dell'illegittimità.

Infatti se noi prendiamo l'articolo 23 comma 3 del codice noi leggiamo "Quando, nel corso del giudizio, l'annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l'illegittimità dell'atto se sussiste l'interesse ai fini risarcitori".

Quindi siamo di fronte ad un'ipotesi in cui c'è un sopravvenuto difetto di interesse perchè l'appalto è stato eseguito e quindi non abbiamo più interesse all'annullamento dell'atto ma abbiamo interesse all'accertamento dell'illegittimità dell'atto.

Quindi anzichè una sentenza di annullamento abbiamo una sentenza di accertamento (Cosa che detta anni fa era un'eresia, oggi invece abbiamo il processo amministrativo ed accanto all'azione di annullamento abbiamo l'azione di accertamento).

Ora voi mi direte "per annullamento un atto bisogna accertare l'illegittimità, quindi in realtà c'era l'accertamento". "Si c'era ma non c'erano sentenza di accertamento mero": abbiamo appena parlato di una pronuncia che si limita ad accertare l'illegittimità senza annullamento il provvedimento.

Poi abbiamo sentenza di condanna. Certamente abbiamo sentenze di condanna al pagamento di somme di denaro perchè il giudice risarcisca i danni, e quindi c'è una sentenza di accertamento del diritto al risarcimento, e di condanna a pagare quel risarcimento del danno.

Quindi potremmo dire che nel processo amministrativo vige il principio dell'atipicità delle azioni. Lo potremmo dire con certezza?

No, perchè non c'è nessuna norma del codice che dice che vige questo principio. A questo punto noi possiamo dire "anche nel codice di procedura civile non c'è una norma che dice che il principio dell'atipicità delle azioni", ma non c'è dubbio che nel processo civile ci sia il principio della tipicità delle azioni, secondo cui il giudice può adottare qualsiasi provvedimento che sia necessario per tutelare il diritto fatto valere. Questo vale per il processo civile, ma noi amministrativisti siamo un po' più complicati perchè abbiamo una forma mentis che deriva dalla storia della giustizia amministrativa, dal fatto che il processo amministrativo nasce, sopravvive, si evolve su una sorta di azione di annullamento e quindi sbagliando siamo indotti a ritenere che se queste azioni aumentano, aumentano non perchè c'è un principio generale di atipicità delle azioni, ma perchè il legislatore li enumera. Ed allora siamo indotti a cercare un riconoscimento espresso in un'azione quando il processo civilistico ci dice che le azioni non hanno bisogno di un riconoscimento espresso.

Questo lo dico perchè in realtà il codice del processo amministrativo, nella versione prima dell'approvazione, conteneva un'espressa previsione (accanto all'azione di annullamento), dell'azione di accertamento, dell'azione di condanna e dell'azione di adempimento. Cioè elencava tutti i tipi di azione. Questo schema di decreto legislativo non è quello che è stato definitivamente approvato perchè alcune di queste azioni sono state tagliate in sede di approvazione.

Allora se partiamo dalla considerazione che le azioni sono ammissibili nel processo amministrativo soltanto se il legislatore le prevede, allora dobbiamo prendere atto che queste azioni non ci sono.

Se noi invece partiamo dalla considerazione che ogni giudice, in quanto giudice, può adottare qualsiasi provvedimento necessario a tutelare chi si rivolge a lui, allora riteniamo che queste azioni esistano, che non è necessaria la previsione del legislatore perchè c'è un principio generale, che è appunto quello dell'atipicità delle azioni.

Tutela nei confronti della Pubblica Amministrazione dinnanzi al giudice ordinario[]

La norma che dobbiamo applicare è quella della legge abolitiva del contenzioso amministrativo, cioè la legge 20 marzo 1865 numero 2248 allegato E, nota come "legge abolitiva del contenzioso amministrativo", e quella svolta in senso liberale nell'attribuzione delle controversie nei confronti della Pubblica Amministrazione al giudice ordinario. Quali sono gli articoli che ci interessano? Gli articoli 2, 3 e 4 della legge abolitiva. Articolo 2:

Sono devolute alla giurisdizione ordinaria tutte le cause per contravvenzioni e tutte le materie nelle quali si faccia questione di un diritto civile o politico, qualunque possa essere interessata la Pubbilca Amministrazione ed ancorchè siano emanati provvedimenti del potere esecutivo o dell'autorità amministrativa.

Quindi se c'è un diritto soggettivo ancorchè vi sia parte la Pubblica Amministrazione ed ancorchè sia assunto un provvedimento amministrativo la controversia spetta al giudice ordinario. Poi abbiamo visto che l'interpretazione ha fatto sì che moti diritti soggettivi siano divenuti interessi legittimi e questo ha portato poi all'istituzione della Quarta Sezione del Consiglio di Stato e quindi agli interessi legittimi ed alla giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo. Però questa norma conserva la sua efficacia perchè laddove c'è un diritto soggettivo e non un diritto soggettivo la giurisdizione spetta al giudice ordinario. Quali poteri ha il giudice ordinario nei confronti della Pubblica Amministrazione? Diciamo che c'è una regola generale ed una regola speciale. La regola generale è codificata all'articolo 4 della legge abolitiva sul contenzioso amministrativo:

Quando la contestazione cade sopra un diritto che si pretende leso da un atto dell'autorità amministrativa, i Tribunali si limiteranno a conoscere degli effetti dell'atto stesso in relazione all'oggetto dedotto in giudizio.

Si limiteranno a conoscere degli effetti dell'atto stesso,

L'atto amministrativo non potrà essere revocato o modificato se non sovra ricorso alle competenti autorità amministrative, le quali si conformeranno al giudicato dei Tribunali in quanto riguarda il caso deciso.

In questo come in un altro caso l'autorità giudiziaria, cioè il giudice, applicherà gli atti amministrativi ed i regolamenti generali in quanto siano conformi alla legge. Allora, laddove c'è un diritto soggettivo e quindi c'è giurisdizione del giudice ordinario, il giudice ordinario che cosa non può fare? Non può revocare o modificare l'atto, può conoscere degli effetti purchè l'atto sia conforme alla legge, cioè l'atto sia legittimo. Quindi tradotto in positivo significa che se l'atto è illegittimo, il giudice ordinario non ne deve tenere conto, ovvero deve disapplicarlo, quindi non ha potere di revocarlo o modificarlo. Quindi di incidere sull'atto, ma ha il potere di disapplicarlo, cioè incidere non sull'atto ma sugli effetti dell'atto, quindo non lo può annullare ma lo può solo disapplicare. Questa è la regola generale, quindi il potere del giudice ordinario si concreta nella disapplicazione del provvedimento. Ci sono alcuni casi in cui il giudice ordinario può annullare gli atti, e questo lo può fare quando la legge gli conferisce espressamente il potere. Se voi ricordate l'articolo 113 della Costituzione, dice espressamente che la legge determina quali organi giurisdizionali possono annullare gli atti della Pubblica Amministrazione, nei casi con gli effetti previsti dalla legge stessa, quindi la Costituzione non dice che annullare l'atto può farlo solo il giudice amministrativo, dice che il legislatore è libero, c'è una riserva di legge, è libero di determinare quale autorità giudiziaria può annullare gli atti. Allora in determinati casi il legislatore ha conferito espressamente al giudice ordinario il potere di annullare gli atti,lo ha fatto nel caso più importante di tutti, che riguarda il pubblico impiego. Il pubblico impiego, che un tempo rientrava nella giurisdizione del giudice amministrativo, oggi per effetto della privatizzazione del pubblico impiego, tranne alcune categorie particolari che sono: il personale dell'esercito, il personale delle carriere diplomatiche, i professori universitari che non sono privatizzati, peri non vale ancora il vecchio regime della giurisdizione amministrativa, tutti gli altri pubblici dipendenti sono ormai rientrati nella giurisdizione del giudice ordinario, ma il rapporto di pubblico impiego spesso prevede che il rapporto sia regolato da dei provvedimenti amministrativi. Allora è evidente che il giudice ordinario può conoscere del contenzioso in materia di pubblico impiego se ed in quanto può annullare provvedimenti che incidono su tale rapporto e quindi la legge espressamente riconosce al giudice ordinario la possibilità di annullare i provvedimenti amministrativi. L'unica parte del contenzioso del pubblico impiego che rimane al giudice amministrativo, e questo vale per tutti i pubblici dipendenti, riguarda la fase di costituzione del rapporto, cioè la fase che precede l'instaurazione del rapporto di pubblico impiego, che deve avvenire necessariamente attraverso un pubblico concorso. Quindi la fase del concorso che precede l'ingresso del dipendente nell'amministrazione è regolata dal giudice amministrativo, tutto il resto quindi dalla stipulazione del contratto di lavoro subordinato in poi, quindi retribuzioni, mansioni, ecc, ormai appartiene al giudice ordinario, salvo quelle categorie che abbiamo detto. Nell'ambito di questo contenzioso il giudice ordinario ha il potere di annullare i provvedimenti amministrativi.

L'altra grande categoria di contenzioso in cui il giudice ordinario può annullare i provvedimenti è quello delle sanzioni amministrative. Allora dobbiamo distinguere le sanzioni di carattere afflittivo dalle sanzioni di carattere ripristinatorio. Quelle di carattere afflittivo appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, quelle di carattere ripristinatorio appartengono alla giurisdizione del giudice amministrativo. Facciamo un esempio realmente accaduto: voi sapete che per esercitare un'attività di somministrazione di alimenti e vevande occorre una autorizzazione comunale, quindi per l'apertura di un bar si può fare e si deve ottenere un'autorizzazione comunale che è rilasciata in base alle verifiche circa l'idoneità dei locali ed al fatto che l'esercente abbia tutte le autorizzazioni sanitarie che servoto per fare l'attività di somministrazione di alimenti e bevande. Fino a poco tempo fa le autorizzazioni di somministrazione di alimenti e bevande erano contingentate, ciò significa che il comune non poteva rilascarne quante ne voleva, ma doveva fare una sorta di programmazione e dire che ad esempio in quel quartiere ci vogliono 10 bar. Se lo chiedeva un undicesimo il comune lo negava, e quindi non potevo che subentrare in un'autorizzazione già rilasciata, non poteva esserci una nuova autorizzazione. Una deroga a questo regime era prevista per un particolare tipo di somministrazione di alimenti e bevande, cioè quando la somministrazione avveniva contestualmente all'attività di intrattenimento e svago. Cioè pensate a tutti i bar delle discoteche, sono licenze in deroga rispetto al contingentamento perchè la somministrazione di alimenti e bevande avviene in concomitanza di un'attività di intrattenimento e svago. Cosa era successo a questo signore che aveva una discoteca e che aveva aperto un'attività di somministrazione di alimenti e bevande? Che ad un certo punto arriva la polizia comunale e trova uno che sta bevendo un succo di fritta, e gli chiedono "Ti stai intrattenendo?" "No", "Ti stai svagando?" "No", allora multa. In base all'interpretazione letterale dell'intrattenimento e dello svago, non in senso oggettivo ma in senso soggettivo. Cioè se uno quel giorno ha la luna storta e si beve un succo di frutta e non si sta intrattenendo nè svagando, secondo questa particolare interpretazione piuttosto restrittiva, comporta la sanzione. Due tipi di sanzione, una sanzione diciamo di tipo afflittivo e cioè sanzione pecuniaria ed una sanzione di tipo ripristinatorio, cioè cessazione dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande. Sono due tipi di sanzioni diverse per cui c'è un diverso tipo di giurisdizione, agglittive, giurisdizione del giudice ordinario e quindi nel caso di specie giudice di pace per il valore, e questo riguarda poi tutte le sanzioni del codice della strada. Ripristinatorio è giudice amministrativo. Nel caso delle sanzioni afflittive di tipo pecuniarioil giudice di pace ha riconosciuto espressamente il potere di annullare il provvedimento. Quindi questi sono i due grandi settori di contenzioso in cui il giudice amministrativo ha oltre al potere di disapplicazione anche il potere di annullamento degli atti. Laddove la legge nulla dice che opera la regola generale e quindi il potere del giudice è quello di disapplicare il provvedimento? Giudicare il provvedimento. Cosa significa disapplicare? Giudicare sulla controversia come se il provvedimento non esistesse. Quindi perchè ci sia disapplicazione ci vuole un diritto soggettivo, che fondi la giurisdizione del giudice ordinario, se c'è il diritto soggettivo e c'è un provvedimento amministrativo il giudice ordinario deve disapplicarlo se lo ritiene illegittimo. Facciamoun esempio tipico che ricorre frequentemente di fronte al giudice ordinario. Diritto soggettivo giurisdizione del giudice ordinario, il quale dovrà prendere in considerazione la concessione edilizia e valutare se è legittima. Se non è legittima la disapplicherà e deciderà la controversia come se il provvedimento non esistesse, e questo cosa potrà comportare? Che se l'edificio non è stato ancora realizzato l'accertamento del rispetto delle distanze, se è già stato realizzato potrebbe anche comportare la demolizione in parte equa dell'edificio, cioè lo si deve demolire fino a quando non viene rispettata la distanza. In questo caso il provvedimento è disapplicato dal giudice ordinario. Qual è la differenza tra disapplicazione ed annullamento dell'atto? Che l'annullamento dell'atto elimina l'atto dal mondo giuridico con effetti ex tung, ma ha effetti erga omnes, invece la disapplicazione del provvedimento amministrativo ha effetti limitati al giudizio e riguarda soltanto le parti di quel giudizio. Poi c'è tutto il problema della disapplicazione da parte del giudice penale, e qua i problemi sono considerevoli, perchè se pensate a tutti i reati edilizi, voi sapete che costruire in assenza di un titolo edilizio è un vero e proprio reato, se in più oltre a realizzare l'edificio fate la lottizzazione di un terreno è lottizzazione abisiva. è capitato che rilasciata la concessione edilizia od approvato il piano di lottizzazione ad un certo punto il giudice penale si sveglia e ritiene che quello è illegittimo e la disapplica, cioè quindi non essendoci l'atto c'è il reato di lottizzazione abusiva o di costruzione abusiva. Questo purtroppo capita e quindi uno che ha ottenuto tranquillamente un provvedimento e pensa di poter iniziare a costruire in modo legittimo poi si potrebbe vedere in futuro inafato od imputato per un reato perchè semplicemente il giudice penale ritiene che quell'atto sia legittimo e quindi lo disapplica. Qui il giudice dice "dipende perchè tu dovevi essere consapevole che quel provvedimento era illegittimo". Questo era successo per una vicenda a Bari per cui due edifici erano stati costruiti a 30 metri dal mare, quando voi sapete che c'è il vincolo Galasso che impone una distanza minima di 300 metri, sono state abbattute, c'è stata l'imputazione per il reato di lottizzazione abusiva ed in questo caso il giudice penale e la Cassazione hanno detto che non c'era la colpa perchè loro ritenevano in buona fede che l'atto fosse legittimo, in altri casi il giudice penale ha detto che si doveva accorgere che l'atto era illegittimo e quindi non c'è scusante, c'è l'elemento soggettivo. Quando il giudice ordinario può disapplicare il provvedimento? Quando è illegittimo. Quindi per tutti i vizi di legittimità. Sotto questo profilo non dovrebbe esserci distinzione tra la cognizione del giudice ordinario e quella del giudice amministrativo. In realtà in passato si è posto un problema per quanto riguarda l'eccesso di potere, cioè si riteneva che l'eccesso di potere fosse sindacabile in sede di disapplicazione da parte del giudice ordinario soltanto nel caso più grave dell'eccesso di potere che era lo sviamento di potere, cioè l'uso del potere per un fine diverso da quello per cui la legge lo ha attribuito alla Pubblica Amministrazione, che è la forma di eccesso più grave che esista, perchè si riteneva che esistesse un limite alla cognizione del giudice ordinario sugli affari della Pubblica Amministrazione, in particolare sull'eccesso di potere. Poi finalmente si è arrivati alla conclusione che non c'è ragione per ritenere che la cognizione del giudice ordinario in sede di disapplicazione sia quantitativamente e qualitativamente diversa da quella del giudice amministrativo, per cui oggi la soluzione è che il giudice ordinario può disapplicare il provvedimento per tutti i vizi.

Arriviamo alle azioni proponibili dinnanzi al giudice ordinario. Quali sono? Certamente le azioni di accertamento. La principale di queste azioni è volta al risarcimento del danno, cioè la condanna al risarcimento del danno presuppone l'accertamento del diritto al risarcimento del danno. Ora, abbiamo detto che la Pubblica Amministrazione come tutti gli altri soggetti dell'ordinamento è soggetta ai principi generali tra cui rientra anche il principio del neminem ledere, per cui se la Pubblica Amministrazione reca un danno deve risarcire la vittima dell'illecito. Il giudice ordinario certamente si occupa delle lesioni dei diritti, quindi il bambino che gioca sull'altalena a scuola e che viene lanciato contro un muro. Ovviamente c'è un diritto soggettivo che è quello dell'incolumità personale e c'è un obbligo dda parte dell'istituzione scolastica di assicurare la vigilanza e quindi c'è un caso di culpa in vigilando che determina responsabilità dell'amministrazione nei confronti della famiglia del bambino, ma qua c'è un diritto soggettivo. Pensate a tuttii casi di malattie contratte attraverso le trasfusioni. Anche qua c'è una responsabilità dell'amministrazione sanitaria e qua il diritto leso è certamente un diritto soggettivo. Diciamo che il giudice ordinario ha la giurisdizione sul risarcimento del danno quando questo riconoscimento del danno deriva da un'attività materiale della Pubblica Amministrazione.

E quando c'è invece un'attività provvedimentale? Qui il problema si complica perchè ci sono alcuni dei diritti soggettivi, ma essendoci un provvedimento di mezzo potrebbe esserci un interesse legittimo. Allora se c'è attivitò provvedimentale dobbiamo chiederci "c'è responsabilità della Pubblica Amministrazione?" e la domanda conseguente "Se c'è responsabilitò della Pubblica Amministrazione chi se ne occupa, giudice ordinario o giudice amministrativo?". Il primo problema appartiene al diritto amministrativo 1. L'articolo 2043 non fa alcuna distinzione tra diritti ed interessi, parla di danno ingiusto. Ovviamente quando è stato approvato il codice civile (1942) il danno ingiusto era ciò ce ledeva un diritto soggettivo, la ricchezza data prevalentemente dalla proprietà, quindi non solo un diritto soggettivo ma un diritto assoluto. Poi ovviamente l'economia è cambiata e quindi la Cassazione, interpretando estensivamente il concetto di danno ingiusto l'ha esteso dai diritti assoluti ai diritti di credito. Ciò è avvenuto con due famose ed importante sentenze della Cassazione.

La prima riguarda il caso Superga, l'incidente, causa della squadra di calcio contro la compagnia aerea per il risarcimento del danno. In questo caso la Cassazione disse che era vero che c'era una lesione del diritto di credito, in questo caso era vero che c'era una lesione del diritto di credito, in questo casoera il diritto obbligatorio che legava alla società però non è ammissibile ai sensi dell'articolo 43, la tutela risarcitoria, quando il diritto di credito è violato da un terzo (in questo caso la compagnia aerea) e quindi disconobbe nell'an e nel quantum la possibilità di affermare la responsabilità per la lesione extracontrattuale del diritto di credito.

Le cose sono cambiate quando un'altra sentenza più recente che riguarda anche questa volta il Torino calcio, perchè riguarda l'incidente avvenuto al giocatore Meroni, ucciso investito da un'automobile in corso Re Umberto. Anche qui si ripropose la questione, in questo caso la Corte di Cassazione riconobbe la responsabilità per violazione extracontrattuale del diritto di credito. Lo riconobbe nell'an ma non fu in grado sotto il profilo probatorio a condannare per il quantum perchè si trattava di dimostrare quanto meno tifosi andarono allo stadio dopo la morte del calciatore. Questa sentenza è stata poi ritirata fuori recentemente quando si pose il problema se coloro che avevano sottoscritto l'abbonamento al Milan potevano avere restituiti una parte dei soldi dopo la vendita dei top player del Milan di questa estate. Venne richiamata proprio la sentenza Meroni. Il quel caso riconobbe l'an ma non ilquantum Da allora la Cassazione ha interpretato molto generosamente il concetto di danno ingiusto, vi ha ricompreso non solo più i diritti reali ma addirittura i beni immateriali che oggi sono la principale fonte di ricchezza che si tutelano con l'articolo 2043. Poi tutti a questo punto diventano diritti risarcibili.

Esiste un generico diritto all'integrità patrimoniale che nessuno ha mai capito che cos'è però risarcibile. Si risarciscono anche le semplici aspettative. Voi sapete che ad esempio è risarcibile l'aspettativa di matrimonio, cioè se due fidanzatini si promettono reciprocamente di sposarsi ed uno dei due compie delle spese in vista del matrimonio, se l'altra parte ingiustamente recede dalla promessa, ciò determina l'obbligo di mantenere indenne la parte che ha compiuto, ma un diritto soggettivo che poi sia addirittura giudizialmente coercibile a sposarsi. E quindi, nel matrimonio è semplicemente un'aspettativa, però se viene lesa ingiustificatamente comporta risarcimento, però la Cassazione era mai arrivata a ritenere risarcibile l'interesse legittimo. Qua c'è evidentemente una ragione di ordine politico - economico nel senso che l'amministrazione lede un interesse legittimo con un proprio provvedimento succede che deve pagare. Chi paga il risarcimento della Pubblica Amministrazione? Tutti noi. Il riconoscimento del danno pesa ulteriormente sulla finanza pubblica e quindi è una misura difficile da riconoscere però ciò accade con una famosa sentenza. La numero 500 del 1999 che ha determinato una vera e propria rivoluzione nell'ambito del diritto amministrativo perchè la Cassazione dopo più di 50 anni di orientamento granitico nel negare la responsabilità per lesione di interesse legittimo cambia radicalmente idea. Quando analizzate questi cambiamenti giurisprudenziali vi dovete porre nella prospettiva che in generale ma soprattutto nel diritto amministrativo nulla è dato per certo. Dobbiamo dedurre tutti i vizi, anche quelli che sembrano meno fondati perchè di lì a qualche tempo la giurisprudenza potrebbe cambiare e l'effetto dei rabinan giurisprudenziali è un effetto retroattivo perchè mentre una nuova legge ha effetti solo per il futuro, se la giurisprudenza cambia orientamento lo fa anche retroattivamente. Cioè non c'è la regola dell'irretroattività, per cui se cambia idea tra un anno ed il mio ricorso viene deciso tra 2 anni anche se c'è una fattispecie sorta prima, miviene decisa in base al nuovo orientamento perchè questo ha effetti anche retroattivi. Nel 1999 la Cassazione cambia idea e d'ora in poi gli interessi legittimi al pari dei diritti soggettivi se lesi determinano un danno ingiusto. Responsabilità extracontrattuale della Pubblica Amministrazione, poi c'è qualche tesi che configura la responsabilità della Pubblica Amministrazione per la lesione di interessi legittimi come responsabilità contrattuale e non extracontrattuale è la responsabilità come dicono i civilisti del passante, cioè è la responsabilità della tecola che cade da un edificio sulla testa del passante o la responsabilità tipica dell'incidente stradale, chi investe una persona per strada. Prescinde da un rapporto giuridico preesistente, cioè se voi investite quello che vi ha sedotto ed abbandonato sull'altare si dice dolo ma è irrilevante che ci sia qul tipo di rapporto. Al contrario tra l'amministrato, il cittadino leso, e la Pubblica Amministrazione che lede con un provvedimento c'è sempre un rapporto giuridico perchè c'è un procedimento perchè quel provvedimento illecito giunge al termine di un procedimento. La responsabilità sarebbe contrattuale. Queste cose a noi interessano poco. Dobbiamo stabilire chi è il giudice competente a conoscere la causa per il risarcimento del danno per attività provvedimentale. Nella sentenza 500/99 le Sezioni Unite individuano come giudice con giurisdizione il giudice ordinario, quindi secondo il ragionamento delle Sezioni Unite prima si va dal giudice amministrativo, si ottiene l'annullamento dell'atto illegittimo, quindi si accerta l'illegittimità e poi si va dal giudice ordinario che ha il potere di condannare la Pubblica Amministrazione al risarcimento del danno. Questo è il principioformulato dal risarcimento del danno. In realtà un anno prima il legislatore aveva approvato un decreto legislativo (89/98) dicendo che se il giudice amministrativo ha giurisdizione esclusiva rientra in questa giurisdizione esclusiva anche il risarcimento del danno. Le cose cambiano nel 2000 quando con la legge 205 il legislatore stabilisce che in caso di lesioni di interessi legittimi ha sempre giurisdizione il giudice amministrativo. Questa regola è stata poi recepita nel nostro codice del processo amministrativo all'articolo 7. Noi arriviamo alla conclusione che sono proponibili innanzi al giudice ordinario azioni di accertamento per il risarcimento del danno purchè si tratti di attività materiale della Pubblica Amministrazione. Per un periodo di tempo breve, gli è appartenuta anche la giurisdizione sull'attività provvedimentale ma è durato poco (6 mesi) perchè la legge 205/2000 ha definitivamente attribuito la giurisdizione al giudice amministrativo. Quindi, attività provvedimentali (giudice amministrativo) per il risarcimento del danno, attività materiale (giudice ordinario). In questo caso accerta la sussistenza del diritto al risarcimento del danno compiendo l'indagine su tutti i presupposti della responsabilità, cioè l'ingiustizia del danno, la colpa e rapporto di causalità. Non sono ammesse davanti al giudice ordinario le azioni costitutive, cioè quelle azioni volte a costituire, modificare od estinguere rapporti giuridici.

Perchè non sono ammesse le azioni costitutive? Perchè i rapporti con la Pubblica Amministrazione hanno una caratterizzazione in senso pubblicistico, cioè non sono normali rapporti giuridici, senso pubblicistico, cioè non sono normali rapportid giuridici, sono rapporti di carattere privato. Quindi mentre il giudice ordinario non può decidere invece modificare, costituire, estinguere rapporti di diritto pubblo. Questa è un'impostazione tradizionale.

La dottrina ha cercato di evidenziare che non necessariamente il carattere pubblico costituisce un ostacolo, cioè il fatto che il rapporto sia amministrativo non necessariamente modifica o riduce la tutela erogabile dal giudice ordinario perchè il rapporto amministrativo è pur sempre un rapporto giuridico, deriva dalla teoria generale del rapporto giuridico. Questa è una costruzione seppur sintetica della Costituzione.

Non sono ammesse le azioni costitutive tranne in casi in cui l'amministrazione abbia agito iure privatorum, cioè non abbia agito nella sua veste pubblicistica di autorità come un normale privato e quindi nel caso più frequente se l'amministrazione conclude un preliminare di vendita poi è obbligata a concludere il contratto definitivo. Se non lo fa può essere adito il giudice ordinario con quell'azione costitutiva prevista dall'articolo 2932, cioè l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di contrarre e qua il giudice che fa un'azione costitutiva. Non lo è invece se l'amministrazione ha agito nella sua veste pubblicistica. Sono ammissibili le azioni di condanna purchè l'oggetto della condanna sia un facere fungibile e mai un facere specifico. è ammissibile la condanna al pagamento di una somma di denaro, non è pensabile una condanna a tenore un determinato comportamento perchè si fa riferimento all'articolo 4 della legge sul contenzioso amministrativo dove si dice che il giudice non può revocare o modificare gli atti e si dice sostanzialmente "Se obbliga ad un facere specifico è come la obbligasse ad emanare un determinato atto" e quindi non può farlo. Sono quindi ammesse le azioni di condanna soltanto per facere fungibile e non per facere specifico. Ovviamente la condanna al facere specifico è ammissibile quando l'amministrazione perde completamente la sua veste pubblicistica. Allora, la legge consente all'amministrazione di espropriare un terreno ed anche ad ocupare il terreno ancor prima dell'esproprio, però se l'amministrazione fa scadere i termini per fare l'espropriazione, l'occupazione perde la sua veste pubblicistica, perchè non rispettare un termine incide sull'esistenza del potere e quindi perde la sua connotazione autoritativa e quindi se lo sono proprietario di un immobile èstato occupato ed è scaduto il termine per l'occupazione da parte della Pubblica Amministrazione. Posso rivolgermi al giudice ordinario e chiedere che obblighi l'amministrazione non ad un facere generico ma specifico. Lo stesso discorso vale per le azioni possessorie o quelle quasi possessorie. Anche queste azioni sono ammissibili dinnanzi al giudice ordinario, soltanto quando agisce iure privatorum e non quando agisce nella sua veste autoritativa o pubblicistica. Sono ammissibili dinnanzi al giudice ordinario le azioni esecutive, cioè le azioni che servono per eseguire le sentenze di cognizione e di condanna. La sentenza di un giudice è un pezzo di carta, una volta che lo abbiamo in mano occorre adeguare la realtà alla statuizione giurisdizionale può avvenire spontaneamente, cioè si condanna il debitore a pagare e questo paga. Nella realtà occorre prevedere delle azioni esecutive perchè quella statuizione modifichi la realtà. Quindi, se noi otteniamo una sentenza di condanna a pagare una somma di denaro contro la Pubblica Amministrazione, essa ci può pagare spontaneamente o può pagare ed a questo punto dobbiamo fare esecuzione e la possiamo fare davanti al giudice ordinario. Teoricamente noi possiamo farla, concretamente noi non la facciamo perchè in realtà l'esecuzione del giudice ordinario nei confronti della Pubblica Amministrazione ha le ali spuntate perchè la maggior parte dei beni della Pubblica Amministrazione o appartiene al demanio o appartiene al patrimonio disponibile e come tali sono impignorabili. Se non mi paga l'università non posso pignorare un'aula perchè appartiene al demanio dello Stato. Sono impignorabili tendenzialmente le somme di denaro perchè la legge prevede l'impignorabilità di tutte le somme di denaro della Pubblica Amministrazione quando hanno una destinazione specifica pubblica e ce l'hanno sempre perchè il bilancio delle Pubbliche Amministrazioni ha sempre una destinazione delle somme od al pagamento dei fornitori od alle retribuzioni del personale o comunque alla gestione dei servizi. Quindi le somme in mano alla Pubblica Amministrazione hanno sempre una destinazione specifica e quindi non sono pignorabili. Certo un tempo si pignoravano le vincite del lotto, della lotteria. Oggi non appartengono più allo Stato ma alla gestione dei monopoli e quindi è più difficile. Si possono pignorare le somme che le amministrazioni stanziano nei bilanci per le cosidette spese legali, voi potete immaginare quanto stanziando le amministrazioni per le spese legali dei loro bilanci. Quindi se teoricamente noi possiamo fare l'esecuzione dinnanzi al giudice ordinario, concretamente di fatto non ci convince per cui faremo il giudizio di ottemperanza dinnanzi al giudice amministrativo perchè il giudizio di ottemperanza di competenza del giudice amministrativo non riguarda soltanto la sentenza del giudice amministrativo ma addirittura nasce come giudizio per l'esecuzione delle sentenze del giudice ordinario.

Perchè scegliere questo tipo di esecuzione? Perchè sono maggiori i poteri che ha il giudice amministrativo, perchè il giudice amministrativo che cosa fa? Adito per l'esecuzione di una sentenza di condanna dal giudice ordinario fa una sentenza in cui condanna la Pubblica Amministrazione a pagare una somma di denaro ma può nominare un commissario ad acta, cioè un suo ausiliario che però è anche organo amministrativo che adotterà tutti i provvedimenti necessari per dare esecuzione alla sentenza. Nel caso di specie che farà il commissario ad acta? Se l'amministrazione non paga, il commissario si reca presso l'amministrazione, modifica potendolo fare, il bilancio e riconosce attraverso una procedura complicata che si chiama Riconoscimento Fuori Bilancio, la somma al cittadino che ha ottenuto la sentenza di condanna, emette il mandato di pagamento, lo manda al tesoriere ed il tesoriere paga. è un mezzo più efficace rispetto all'esecuzione davanti al giudice ordinario, che possiamo fare, ma con esiti assolutamente esigui. Per quanto riguarda la parte del pubblico impiego apparteneva al giudice amministrativo, nel 1993 con un primo provvedimento di privatizzazione si privatizza il rapporto di lavoro pubblico e nel 1998 con il decreto 80/98 si trasferisce la giurisdizione al giudice ordinario. Oggi se c'è una controversia che attiene al pubblico impiego la si propone al giudice ordinario con il rito del diritto del lavoro. Cosa è escluso da questa giurisdizione del giudice ordinario? Determinate categorie di pubblici dipendenti e per tutti è esclusa la fase relativa alla costituzione del rapporto, cioè la fase concorsuale che precede la costituzione del rapporto in senso proprio.

Regola del Foro Erariale: quando è convenuta un'amministrazione dello Stato è competente territorialmente il giudice che ha sede nel capoluogo della Corte d'Appello in cui si trova il giudice competente territorialmente per valore secondo le regole ordinarie. Innanzitutto riguarda soltanto le amministrazioni dello Stato, non le regioni, non i comuni, non le province. Quindi i Ministeri, gli organi periferici dei Ministeri e le società pubbliche che hanno una competenza nazionale. Perchè c'è questa regola? Perchè le amministrazioni statali sono divise ex lege dall'avvocatura dello Stato. Questo è importante perchè quando faremo la notifica del ricorso giurisizionale non va notificato al Ministero nella sua sede legale ma all'avvocatura dello Stato, perchè ha il patrocinio ex lege dell'amministrazione statale. Dove ha sede l'avvocatura dello Stato? Esiste una sede generale dell'avvocatura dello Stato che ha sede a Roma e poi esistono le avvocature distrettuali dello Stato che hanno sede presso la Corte d'APpello. Cioè tanti quanti sono i distretti di Corte d'Appello. E dove ha sede nel distretto di Corte d'Appello? Nel capoluogo del distretto di Corte d'Appello, nel caso di specie Torino. Sede dove ha sede il TAR. Qual è il senso della regola? Evitare che gli avvocati dello Stato girino per tutti i Tribunali che rientrano nel distretto di Corte d'Appello per andare a difendere la Pubblica Amministrazione. Le controversie nei confronti delle amministrazioni statali si concentrano nel capoluogo dove ha sede l'avvocatura distrettuale dello Stato.

Azioni proponibili nel diritto amministrativo[]

Printing, cioè ciò che possiamo chiedere al giudice.

Qua il ricorso è piuttosto complicato, è legato a circostanze storiche, abbiamo visto infatti che l'unica azione ammissibile nel processo amministrativo, solitamente è l'azione di annullamento, cioè non era possibile esperire azioni diverse da quella caducatoria di annullamento del provvedimento impugnato. Perchè questo diceva la legge 1889 che ha istituito la Quarta Sezione della Cassazione. Ovviamente abbiamo anche detto che questa azione, che è un'azione meramente caducatoria e certamente efficace, per la tutela di interessi legittimi, o positivi, perchè quegli interessi con cui il privato si oppone ad una modifica unilaterale della propria sfera giuridica. Cioè il provvedimento di esproprio, il decreto di espulsione di un extracomunitario, cioè tutti i provvedimenti che incidono sulla sfera giuridica del soggetto e che determinano interessi positivi, cioè il soggetto si oppone a quella modifica, ora è evidente che a fronte di questo tipo di interessi, l'azione di annullamento è un'azione assolutamente efficace, che c'è di meglio dell'annullamento del decreto di esproprio? L'annullamento soddisfa pienamente la pretesa del ricorrente.

Ma l'azione di annullamento non è evidentemente sufficiente a tutelare gli altri interessi con cui il soggetto aspira ad un'utilità che dispone dall'esercizio del potere amministrativo. Cioè io chiedo un'autorizzazione, io chiedo una concessione, io partecipo ad un concorso, io aspiro ad un'utilità che l'amministrazione deve decidere se concedermi o meno. Ora nel caso sfavorevole in cui l'amministrazione mi neghi quell'utilità, quindi mi neghi l'autorizzazione, mi neghi la concessione, voi capite che agite in giudizio per la tutela di questa situazione e non è sufficiente l'azione di annullamento, perchè l'annullamento di un diniego non equivale al rilascio dell'autorizzazione, cioè se io chiedo un'autorizzazione commerciale e l'amministrazione legittimamente me lo nega, di fatto non comporta che io ottenga da quella sentenza la concessione a cui aspiravo, è necessaria un'ulteriore attività della Pubblica Amministrazione volta a valutare dopo la sentenza dell'annullamento se io ho o meno titolo ad avere quel tipo di autorizzazione. Questo tipo di interessi, cosiddetti pretensivi, è certamente oggi la parte prevalente delle situazioni soggettive: cioè i casi di interessi positivi, sono notevolmente inferiri agli interessi pretensivi. Lo stesso discorso vale per quell'ipotesi in cui l'amministrazione anzichè provvedere negativamente rimane silente, anche in questo caso addirittura non c'è nulla da impugnare. Quindi come fa ad essere sufficiente l'azione di annullamento? E quindi di fronte a questa lacuna del processo amministrativo nel corso dell'evoluzione ultra decennale della giurisdizione amministrativa, lo stesso giudice amministrativo ha cercato di porre rimedio. Però questa impronta storica ha portato a ritenere che nel giudizio amministrativo non si possa parlare di atipicità delle azioni.

La legge limitava l'azione di annullamento e quindi addirittura non solo non prevedeva l'atipicità, ma tipizzava l'azione nell'annullamento, quindi perchè la legge non prevedeva altre azioni rispetto all'azione di annullamento.

Il principio di atipicità dell'azione non necessariamente deve ritrovare un riconoscimento esplicito nel codice, è pacifico in giurisprudenza che questo principio operi in ragione dell'effettività della tutela, la tutela è effettiva se io posso chiedere al giudice, perchè il giudice mi può dare tutto ciò che è necessario per tutelare il mio diritto od interesse, questa è l'effettività della tutela che sta scritta nell'articolo 24, quando si dice che io posso agire per la tutela del mio diritto ed interesse, sarebbe poi una declamatoria vuota se il giudice non potesse far tutto quanto necessario per tutelare quel diritto o quell'interesse, ma se questo ragiunamento che fanno nel processo i civilisti, non è la stessa cosa per il processo amministrativo, proprio per questa caratura storica del processo in ragione dell'azione tipica di annullamento. Nonostante gli sforzi della giurisprudenza occorre aspettare il codice del processo amministrativo per avere un mutamento normativo, che però sostanzialmente abortisce, questo aborto indotto dalla tipicità dell'azione si verifica proprio durante l'iter di approvazione del codice. (I decreti legislativi qual è il codice derivano da una legge delega, in questo caso la legge è la legge 69 del 2009, che ha portato modifiche sostanziali al codice di procedura civile. Tra le norme della legge 69 c'è l'articolo 44 che conferisce al Governo la delega ad emanare un decreto legislativo per l'introduzione di un codice nel processo amministrativo).

è però finita l'epoca della codificazione come noi la intendiamo storicamente. Voi sapete che il primo grande codificatore è stato Giustiniano, poi arriva Napoleone.

Quell'articolo della legge 69 del 2009 prevedeva che il codice, cioè lo schema del codice, dovesse essere elaborato da una commissione istituita presso il Consiglio di Stato, composta da Consiglieri di Stato, Cassazione, professori universitari, avvocati. Questa Commissione dopo aver lavorato per 6 mesi, licenzia uno schema di decreto legislativo, uno schema decreto legislativo in cui per rivoluzionare il sistema precedente di disciplinano positivamente diversi tipi di azione: allora accanto all'azione di annullamento viene esperita un'azione di accertamento. La novità è quando l'accertamento non è volto all'annullamento od alla condanna, cioè è volto ad accertare l'esistenza o l'inesistenza di un rapporto giuridico.

Quindi accanto all'azione di annullamento, l'azione di accertamento e l'azione di condanna.

Di fronte ad un diniego di autorizzazione, un conto è dire io posso chiedere l'annullamento, di cui io me ne faccio poco, un conto è dire che io posso chiedere al giudice che accerti che io ho diritto a quel provvedimento e condanna l'amminsitrazione ad emanarlo, questa sì che è una tutela efficace dell'interesse. Quindi azione di annullamento che è l'azione nostra tradizionale più l'azione di accertamento e l'azione di condanna pubblicistica. Questa era la visione rivoluzionaria della Commissione. Ma cosa succede quando si fa un decreto legislativo? Succede una cosa che è disciplinata parte formalmente e parte informalmente, cioè una volta che uno schema di decreto legislativo è concluso nella sua scrittura, quindi da un Ministero, a quel punto parte una sorta di consultazione, cosiddetta interministeriale, cioè quello schema di decreto legislativo è diramato a tutti gli altri Ministeri, dopodichè c'è un preconsiglio che normalmente si svolge il giorno prima del Consiglio dei Ministri. Tutta l'attività di esame dei provvedimenti viene fatta dai capi degli uffici legislativi, quindi ciascun Ministro e dai capi di gabinetto, in questo preconsiglio che si svolge il giovedì. L'istruttoria di ciò che il Consiglio dei Ministri decide avviene il giorno prima. In questo caso cosa è successo? Che con la diramazione di questo schema di decreto legislativo, questo schema di decreto legislativo arriva al Ministero dell'economia e nel 2010 tutti noi sappiamo chi ci stava al Ministero dell'economia. A quel punto Tremonti dice: se noi inseriamo tutte queste azioni, l'azione di condanna, l'azione di accertamento, già ho le casse vuote, dal punto di vista del contenzioso con la Pubblica Amministrazione, la situazione delle casse dello Stato peggiora e quindi facciamo una sforbiciatura del testo del decreto legislativo e quindi tagliando partono l'azione di accertamento e l'azione di condanna come azioni generali.

Qual è la reazione della dottrina e della giurisprudenza?

La dottrina dice: prima avevamo l'azione di annullamento, adesso abbiamo provato a mettere le altre azioni alla luce del principio di atipicità, non ce l'hanno fatta mettere e quindi non esistono, cioè la sforbiciatura conferma l'ipotesi in cui non esisterebbe il principio di atipicità.

Impostazione sbagliata, perchè se c'è il principio, questo è un principio generale che, essendo un principio generale, vige indipendentemente da ciò che il legislatore scrive, cioè per dirvi il principio di buona fede esisterebbe anche se non ci fossero le norme del codice civile che lo richiamano. Il principio del neminem ledere, cioè se io che cagiono un danno devo risarcirlo, esisterebbe anche se non fosse scritto nell'articolo 2043. Invece questa vicenda storica ha comportato questo atteggiamento ancora perplesso in ordine all'atipicità delle azioni. Per cui noi abbiamo delle azioni previste dal codice e ci dobbiamo interrogare se esiste il principio dell'atipicità delle azioni.

Analizziamo le norme incominciando dalla più importante, che è l'articolo 29, che disciplina l'azione di annullamento.

Aspetto importante è che gli articoli che noi leggiamo sulle azioni, cioè il 29, 30 e 31, vanno letti coordinandoli con l'articolo 34 del codice, che riguarda le sentenze del giudice. Il fatto che la pronuncia consegua l'azione, comporta che le due norme debbano essere lette in modo correlato.

L'articolo 29 disciplina l'azione di annullamento, prevedendo una norma pacifica e tranquilla. L'azione di annullamento per violazione di leggi, incompetenza, eccesso di potere, si propone nei termini di 60 giorni.

Manca nella norma un profilo determinante e cioè l'oggetto non c'è parola provvedimento amministrativo.

A questo punto noi siamo legittimati a ritenere che l'oggetto del processo anche nel caso in cui il ricorrente chieda l'annullamento, non sia solo ed esclusivamente il provvedimento ma sia il rapporto tra il cittadino e la Pubblica Amministrazione. E che quindi necessariamente il vizio si debba concludere nella forma tipica della sentenza cassatoria di annullamento del provvedimento con effetti ex tunc. Ed infatti la giurisprudenza dopo il codice del processo amministrativo, ha dato luogo a sentenze che in realtà circoscrivono, modificano l'annullamento come noi lo consideriamo. In particolare la giurisprudenza afferma ad esempio che un provvedimento possa essere annullato, non per il passato, ma per il futuro. Cioè con l'effetto l'annullamento non sia ex tunc cioè dal momento in cui l'atto è stato emanato, ma possa essere ex nunc, cioè possa riguardare il futuro.

E questo quando si verifica? Quando noi abbiamo ad oggetto non il provvedimento impugnato ma il rapporto, e noi riteniamo che la disciplina del rapporto si consegue in modo più efficiente un annullamento ex nunc, quindi rispetto ad un annullamento ex tunc, cioè dall'origine.

Esempio pratico: voi sapete che si è passati dal sistema televisivo analogico a quello digitale. Questo ha comportato che tutte le emittenti televisive che prima trasmettevano in modo analogico, trasmettessero su dei canali del digitale terrestre che uno sintonizzando tiene in modo automatico. Quando RAI 1 su uno, RAI 2 su due e via dicendo. Questa numerazione viene stabilita da una deliberazione. Si distingue tra emittenti televisive generaliste ed emittenti televisive non generaliste. Cosa succede? Che alcune di queste emittenti, soprattutto quelle sanitarie che avevano un canale anche sul digitale si lamentavano nei confronti di coloro che avevano un numero precedente. Quindi quadro si è trattato di discutere questa causa si è posto il problema già in sede cautelare, ma soprattutto poi in sede di merito. Si è detto, se tu giudice amministrativo annulli il piano delle assegnazioni passiamo da un contesto regolato al far west, con la conseguenza che ognuno si può scegliere il canale che vuole. Allora se avesse annullato con effetti ex tunc il giorno dopo 2 ore dopo ci sarebbe stato l'inferno sul digitale perchè tutti sarebbero andati sui canali precedenti. Quindi che ha fatto il Consiglio di Stato? Ha colto ma con effetti ex nunc. Ha detto il piano di assegnazione è illegittimo, però lo annullo con effetti ex nunc e dò un termine alla Pubblica Amministrazione affinchè il piano fino a quando non lo avrà fatto nel termine perentorio, vale il piano attuale. Quindi sarà ance illegittimo ma è meglio di nulla. è meglio della guerra. Quindi un conto è avere di vista un provvedimento, un conto è il rapporto, cioè la possibilità anche attraverso l'azione di annullamento, regolandone anche gli effetti di incidere sul rapporto anzichè sull'atto. Quindi invenzione della giurisprudenza ad integrazione dell'articolo 29.

Ma c'è un caos specifico di accertamento della legittimità senza annullamento ed è il caso previsto dal comma 3 dell'articolo 34 che non dobbiamo leggere in coordinamento, perchè l'articolo 34 comma 3 ci dice: quando nel caso del giudizio, l'annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l'illegittimità dell'atto se sussiste l'interesse ad agire. Quandonoi sappiamo di un caso in cui noi abbiamo proposto l'azione di annullamento, ma nel corso del giudizio è venuto meno l'interesse all'annullamento.

L'esempio è: io partecipo ad una gara d'appalto, vengo illegittimamente escluso, però intanto durante il giudizio che magari può durare anche 2 anni l'appalto è eseguito, quindi io ho perso interesse all'aggiudicazione, all'annullamento della mia esecuzione dell'aggiudicazione, perchè l'appalto è già eseguito, cioè io non posso pensare che vinco un ricorso ed il ponte è già stato realizzato, allora lo demoliamo per farlo realizzare a me. Quindi io ho perso interesse all'annullamento, alla tutela in forma specifica. Però conservo l'interesse al risarcimento del danno.

Allora qui ci dice che non essendoci più interesse del ricorrente il giudice non lo annulla. Che fa? Accerta l'illegittimità. Poi, possiamo discutere se ci vuole una domanda o meno, cioè se io devo chiedergli di accertare l'illegittimità.

La giurisprudenza dice: se io ho chiesto l'annullamento e ho pure perso l'interesse nel corso del processo, si converte d'ufficio la domanda di annullamento ad accertamento dell'illegittimità. Quindi questo è un altro caso in cui non c'è l'annullamento, e quindi voi già vedete che l'azione di annullamento ha cominciato ad espandersi.

Questo vuol dire che esiste il principio di atipicità delle azioni?

Vediamo cosa prevede nel corso del processo amministrativo in merito all'azione di accertamento. Allora il codice non prevede l'azione di accertamento in termini generali, prevede due ipotesi di sentenze di accertamento.

Quindi qui torniamo al problema se queste due azioni sono tipiche o meno. Innanzitutto vediamo quali azioni di accertamento prevede il codice.

Sono indicate all'articolo 31 comma 1:

Decorsi i termini per la conclusione del procedimento e negli altri casi previsti dalla legge, chi vi ha interesse può chiedere l'accertamento dell'obbligo dell'amministrazione di provvedere.

Allora qui abbiamo un'azione che è di accertamento circa l'esistenza dell'amministrazione dell'obbligo di provvedere.

Quindi è un indizio che riguarda il silenzio dell'amministrazione ed a fronte del silenzio, non ha un significato ex lege, cioè non è nè un silenzio assenso nè un silenzio diniego, laddove il silenzio non ha significati da parte della legge il privato può chiedere l'accertamento dell'obbligo di provvedere. Quindi non è l'annullamento, ma è l'accertamento che l'amministrazione deve provvedere. I termini del protocollo di azione è quello di un anno dalla scadenza del termine. Per cui se l'amministrazione a fronte della nostra istanza aveva 30 giorni di tempo per provvedere, decorsi questi 30 giorni si verifica il silenzio ed io ho 1 anno di tempo per proporre l'azione dinnanzi al giudice amministrativo, il quale dovrà accertarne l'obbligo dell'amministrazione di competenza.

Ma può stabilire anche come l'amministrazione può provvedere?

Allora il comma 3 dice:

Il giudice può pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere riconosciuti dall'amministrazione.

Allora tendenzialmente il giudice dovrà accertare l'obbligo di provvedere e laddove c'è un'attività vincolata potrà anche pronunciarsi sulla fondatezza dell'istanza. Vediamo poi se il giudice può anche condannare l'amministrazione ad emanare quel provvedimento.

Questa è la prima azione di accertamento prevista dal codice. A cui se ne aggiunge un'altra prevista dal comma 4, cioè la domanda volta all'accertamento delle nullità previste dalla legge si propone entro il termine di decadenza di 180 giorni.

Questa è la prima azione di accertamento prevista dal codice. A cui se ne aggiunte un'altra prevista dal comma 4, cioè la domanda volta all'accertamento delle nullità previste dalla legge si propone entro il termine di decadenza di 180 giorni.

Allora qui abbiamo un periodo di azione di accertamento volta a che cosa? A far constatare la nullità del provvedimento. Ci è qualche perplessità perchè l'azione di annullamento è un'azione dichiarativa è certo che ha una parte di accertamento, però diciamo che nonè un'azione di accertamento per antonomasia. è un'azione volta a dichiarare la nullità del provvedimento, che essendo una conseguenza automatica, non è un'azione costitutiva ma dichiarativa. In questo caso si limita a dichiarare la nullità del provvedimento. Quand'è che il provvedimento è nullo? Sono i casi previsti dall'articolo 21 della legge sexies 241, cioè nei casi in cui la nullità è prevista dalla legge, vale a dire nullità testuali, nei casi di mancanza di un elemento essenziale ed è il caso delle nullità strutturali, e nel caso di difetto assoluto di attribuzione o violazione del giudicato. Nel diritto amministrativo non esiste la nullità virtuale, cioè il contrasto con norme imperative, nel diritto amministrativo tutte le norme che disciplinano l'attività della Pubblica Amministrazione sono norme imperative.

Quando ricorre uno di questi casi, il giudice accerta la nullità. Accerta la nullità, ma lo deve fare in un tempo limitato, cioè 180 giorni, questa è un'importante deroga perchè voi sapete che l'azione di nullità nel diritto civile è prescrittibile, mentre nel processo amministrativo no. Ha un termine di prescrizione di 180 giorni, questo viene dal fatto che i provvedimenti amministrativi regolando interessi pubblici dopo un po' di tempo hanno bisogno di stabilità.

La norma prosegue dicendo che la nullità dell'atto può essere sia riproposta dalla parte resistente od essere rilevata d'ufficio dal giudice.

Questo invece avvicina l'azione di nullità nel diritto amministrativo, all'azione di nullità nel diritto civile, cioè qua non abbiamo un termine di decadenza, ma permane la rilevabilità d'ufficio sulla base del giudice. è un po' difficile conciliare le due cose perchè un conto è dire che l'azione è imprescrittibile ed il giudice la può rilevare d'ufficio anche dopo 10 anni, un altro conto è dire che l'azione di nullità deve essere proposta entro 180 giorni, ma il giudice in qualsiasi tempo può sempre rilevarla d'ufficio.

Qui c'è un problema. Quando la può rilevare d'ufficio vuol dire che non c'è la domanda della parte. Voi sapete che la Cassazione in materia civilista, nel processo civile, esiste il principio dispositivo, il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, il giudice non può andare oltre di quanto gli chiede la parte. E quando gli si riconosce un potere d'ufficio, vuol dire che può andare oltre quanto gli chiede la parte. Recentissimamente le Sezioni Unite della Cassazione hanno affrontato il problema risolvendo un contrasto, dicendo che la rilevabilità d'ufficio. Sussiste ogni volta in cui la nullità è condizione per l'accoglimento o mancato accoglimento della domanda principale. Cioè se io chiedo la risoluzione del contratto, faccio una domanda che presuppone la validità del contratto, se però il contratto è nullo, il giudice deve rilevare d'ufficio, perchè in quell'azione che io ho proposto per la risoluzione è implicitp che io faccio affidamento su un contratto valido, se è nullo il giudice non può accogliere la domanda di risoluzione ma dovrà dichiarare una nullità del contratto. Lo stesso vale anche nel processo amministrativo. però qui devo dire che non ci sono ancora orientamenti condivisi.

Articolo 30:

L'azione di condanna può essere proposta contestualmente ad altra azione e nei soli casi di giurisdizione esclusiva, anche in via autonoma.

Da questa norma si deduce che esiste un'azione di condanna. E che questa azione di condanna è effettivamente un'azione generale, cioè non precisa quando la si può proporre e con riferimento a che cosa. Quindi c'è certamente un riconoscimento generale dell'azione di condanna.

Quindi un'azione contestuale: o la propongo e chiedo l'annullamento e la condanna, chiedo l'accertamento e la condanna. E nei casi previsti da questo può essere proposta anche in via autonoma, cioè soltanto l'azione di condanna senza l'azione di annullamento e di accertamento, tra questi casi di proposizione autonoma dell'azione di condanna, c'è la condanna a risarcimento per lesioni ad interessi legittimi, cioè la possibilità di proporre l'azione per interessi legittimi in via autonoma rispetto all'azione di annullamento purchè nel termine di 120 giorni.

Quali effetti può avere questa domanda? Cioè qual è l'oggetto della condanna? Siamo d'accordo che può essere somme di denaro, ma può essere l'azione di condanna un'adozione di un provvedimento specifico? In base a questa norma lo può fare il giudice? Ed anche qui richiama l'esistenza o meno di una tipicità dell'azione. Ora secondo qualche autore già questa possibilità va rintracciata leggendo l'articolo 31 con l'articolo 34 che riguarda le pronunce del giudice. Allora come si può concludere? Con diversi tipi di sentenze, allora la prima sentenza, la più semplice annulla in tutto od in parte il provvedimento impugnato. E questo è l'accoglimento dell'azione di annullamento.

Oppure può ordinare l'amministrazione rimasta inerte di provvedere sul termine, anche qua accoglimento dell'azione di accertamento sul silenzio, con conseguente condanna a provvedere.

Condanna al pagamento di una somma di denaro per risarcimento del danno. E fin qui tutto come prima. Poi dice: all'adozione delle misure idonee a tutelare la situazione giuridica dedotta in giudizio. Qua invece no, perchè può assumere in sede di condanna tutte le misure idonee a tutelare la situazione dedotta in giudizio. Allora leggendo l'articolo 30 comma 1 con l'articolo 34 comma 1 lettera C dovremmo arrivare a conciliare che l'azione di condanna può essere tutte le misure idonee e quindi anche la condanna ad emanare uno specifico provvedimento.

Vediamo cos'è successo dopo l'adozione del codice.

Allora ovviamente dovete immaginare che essendo lo schema del codice elaborato dallo stesso giudice è evidente che le sforbiciature sono state tutte, ma nulla vieta alla giurisprudenza in via pretoria di reinserirle e questo è quello che praticamente è avvenuto, cioè la giurisprudenza ha rimesso ciò che il legislatore aveva tolto. L'ha rimesso in via giurisprudenziale. Ma poi nel processo amministrativo e nel diritto amministrativo in generale siamo ormai abituati ad avere una giurisprudenza creativa e pretoria, più che nel giudizio civile. E quindi di fatto poi la giurisprudenza ha ristabilito l'originaria formulazione del codice. Ovviamente la giurisprudenza non può fare norme, quindi non può riscrivere il codice, questo lo può fare solo il legislatore e quindi ovviamente le sentenze successive si reggono sul fatto che nel processo amministrativo esista il principio di atipicità dell'azione.

Quindi, noi possiamo avere 2 diverse teorie:

  • Possiamo dire che in realtà sono ammissibili solo le azioni previste dal codice e non si può andare oltre. E questa è un'interpretazione strettissima del principio di legalità e vale anche per il processo. Ci sono tante azioni tipiche e non c'è principio di atipicità.
  • C'è chi sostiene che la tesi dell'atipicità dell'azione,cioè ricava dalle norme che abbiamo letto l'implicita affermazione diun principio di atipicità. Questo secondo emendamento è certamente maggioritario.

Quindi la giurisprudenza ha cominciato ad affermare l'esistenza del principio di atipicità Quando l'ha fatto? L'ha fatto con due sentenze dell'adunanza plenaria del 2011, la numero 3 e la numero 15.

La numero 3 si pronuncia sulla questione della pregiudiziale amministrativa. Però fa riferimento ad una controversia precedente al codice. Parliamo del codice, l'adunanza plenaria dice: il riconoscimento dell'autonomia dell'azione di risarcimento rispetto all'azione di annullamento si inserisce in attuazione dei principi costituzionali in materia di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale nel codice che portando in adempimento il luogo e costante processo evolutivo traggiato dal legislatore e dalla giurisprudenza, amplia le tecniche di autotutela d annullamento la tutela di condanna, articolo 30, la tutela dichiarativa, cioè l'azione di nullità, articolo 31 comma 4, ed in materia di silenzio impedimento l'azione di condanna pubblicistica, l'adozione di un provvedimento. Cioè fa riferimento a quella norma del codice che dice che laddove c'è attività vincolata, il giudizio si cominicia sull'istanza, qua può condannare all'emanazione di un provvedimento. Quindi l'adunanza plenaria, cioè l'organo nomofilattico della giurisprudenza amministrativa, cioè l'organo che si occupa di stabilire e risolvere le questioni che possono creare conflitto si pronuncia nel senso dell'atipicità delle azioni. Dichiamo che lo fa in un obiter dictum, perchè la causa era sorta prima dl codice. Noi dobbiamo sempre distinguere l'obiter dictum della ratio decidendi. Quando leggere una sentenza non vi fidate mai della massima. La massima lo fa un commentatore, e quel principio che voi trovate in massima può essere un principio che non costituisce la ratio decidendi, cioè può essere una parte di argomentazione che poi magari il giudice ha disatteso. O comunque non ha considerato rilevante nella fattispecie. Quindi questo è uno dei tre dictum, cioè un'argomentazione che riguarda dal codice in una controversia non disciplinata dal codice. Non è la ratio decidendi, ma molto spesso accade che sia il giudice amministrativo, ma soprattutto la Cassazione anticipa dei principi. Cioè molto spesso si prepara il terreno come? C'è una serie di sentenze che anticipano una soluzione o fanno in un obiter dictum, cioè quella sentenza famosa sul risarcimento del danno di cui abbiamo parlato, la 500 del 1990 in realtà è stata anticipata da una serie di obiter dicta della Cassazione in cui in una famosa sentenza del 1996 le Sezioni Unite dicono: ma noi avremmo anche potuto ripensare al problema del risarcimento degli interessi legittimi, peccato che l'avvocato non ce l'ha chiesto, voi pensate questo povero avvocato che ha dovuto spiegare al cliente perchè non ha chiesto il risarcimento del danno. Non l'ha chiesto perchè? Perchè erano 40 anni di giurisprudenza contraria, però anticipa in questo modo un principio, cioè sono le scossine che precedono il terremoto. Quindi ciò ha fatto il Consiglio di Stato nell'adunanza plenaria dell'inizio 2011. Quando arriva invece la sentenza in cui la vera ratio decidendi in cui l'atipicità dell'azione costituisce la ratio decidendi della decisione arriva un pò più avanti con la pronuncia numero 15 del 2011. Richiama la 3 dicendo:

Ma guardate che il principio di atipicità dell'azione ed adesso lo applico.

E come? Introducendo l'azione di accertamento mero. Noi abbiamo visto che esiste un'azione di accertamento per il silenzio ma non esiste un'azione di accertamento per il silenzio ma non esiste in generale l'azione di accertamento. E con riferimento a quale istituto l'adunanza plenaria applica l'azione di accertamento? All'istituto della DIA, cioè la sostituzione del provvedimento con una denuncia. Cioè facciamo l'esempio del permesso di costruire. Se io voglio costruire devo secondo la precedente disciplina, presentare un'istanza, l'amministrazione la deve esaminare e deve pronunciarsi con un provvedimento espresso dandomi il permesso di costruire, ora per determinate categorie di interventi edilizi, cioè che io voglio realizzare quell'intervento edizio, presento una denuncia di inizio attività, se la legittimazione è immediata io posso esercitare subito l'attività ovvero se è a legittimazione differito devo aspettare 30 giorni ed in questi 30 giorni se l'amministrazione non mi dice nulla inizio l'attività, se invece riscontra l'inesistenza dei presupposti, mi inibisce di fare i lavori. Questa è la denuncia di inizio attività.

Ora che cos'è dal punto di vista giuridico? Un atto della Pubblica Amministrazione o no? Potremmo arrivare a configurarlo come tale. Però questo non è coerente con la finalità della DIA, perchè la DIA non è un provvedimento di semplificazione, ma è un provvedimento di liberalizzazione, in tutti i provvedimenti di semplificazione, quando si tratta di semplificare sostituiscono il regime dell'autorizzazione a quello della DIA, cioè vogliamo sostituire il provvedimento, qui noi non ne possiamo creare uno implicito, quindi se noi usciamo dalla prospettiva provvedimentocentrica, allora noi riconduciamo la DIA a quella che è, cioè un atto privato, cioè alla denuncia di un privato, alcuni dicono ad un atto di autoamministrazione. Cioè il privato che si fa il provvedimento.

Quindi noi abbiamo un codice che cerca di tipizzare le azioni ed una giurisprudenza che arricchisce quell'azione tipizzato attraverso il principio dell'atipicità delle azioni. Ora con il correttivo ultimo, cioè con il decreto legislativo 120 del 2010 hanno riprovato a rimettere le azioni di condanna pubblicistica, ed è successa la stessa cosa dell'altra volta, concertazione interministeriale, Ministero dell'economia, tagliuzzamento dell'azione. Fortunatamente cosa è successo? Che probabilmente lo sforbiciatore aveva poca competenza, cioè ha visto dove sta scritto azione di accertamento e condanna ed ha tagliato. Non si è accordo delle modifiche meno rilevanti ma site in altre parti delle norme e quindi quelle sono passate. Tra queste modifiche apparentemente irrilevanti, ce n'è unìimportante, cioè la modifica che apporta il decreto legislativo 120 del 2012 a quella lettera C del comma 1 dell'articolo 34. Lì zitti zitti viene messa una norma di cui non si accorge nessuno,

L'azione di condanna al rilascio di un provvedimento richiesto è esercitata nei limiti in cui all'articolo 31 comma 3 contestualmente all'azione di annullamento.

Qua nascosta tra le altre cose c'è l'azione di condanna all'adozione di un provvedimento, quindi l'articolo che prevedeva questa norma apparentemente insignificante, che però dice che esiste un'azione di condanna al rilasciodel provvedimento nell'ipotesi in cui all'articolo 31 comma 4, e cioè nell'ipotesi in cui il giudice rileva la fondatezza dell'istanza. Cioè qui ci dice che una volta che il giudice ha accertato la fondatezza può condannare l'amministrazione a rilasciare il provvedimento favorevole. Però ci dice che l'azione può essere richiesta contestualmente all'azione di annullamento e quindianche nei casi in cui non c'è un silenzio, ma c'è un provvedimento espresso. Quindi siamo arrivati alla situazione in cui si continua a negare l'esistenza di introduzione di norme che prevedano azioni generali, ma da una parte la giurisprudenza, da una parte il decreto correttivo con queste norme marginali che però vanno tutte a concorrere nel senso di ritenere che al di là della tipicità delle azioni tipicamente disciplinate dal codice, esista un principio generale dell'atipicità delle azioni che nel processo amministrativo.

La competenza[]

Esistono norme sulla giurisdizione che servono a ripartire le controversie tra giudici che appartengono a diverse giurisdizioni e queste sono appunto le norme sulla giurisdizione. Le norme sulla competenza sono le norme che, all'interno della stessa giurisdizione. Quindi le norme sulla competenza sono norme che attengono all'organizzazione del giudice. E, questa particolare natura delle norme sulla competenza ha fatto sì che per moltissimi anni, cioè fino al codice del 2010, la principale della competenza, ossia la competenza territoriale, fosse ritenuta sempre derogabile. Cioè che le parti esplicitamente, ma più spesso implicitamente, potessero deccidere di radicare il giudizio dinnanzi ad un giudice diverso da quello territorialmente competente secondo la regola. D'altronde uno può pensare che differenza c'è se anzi che al TAR del Piemonte vado al TAR della Lombardia o vado al TAR della Toscana o vado al TAR del Lazio? Se d'altra parte non mi solleva l'eccezione, il giudizio ha tempo a radicarsi nella sede. Questo ha avvallato però delle pratiche distorsive del regime della competenza attraverso quella prassi pratica che prende volgarmente il norme di forum shopping. Cioè nella possibilità delle parti di scegliere il giudice: questo si sommava alla regola secondo cui se io adisco il giudice che non ha competenza territoriale, allorchè il giudice ravvisa la propria incompetenza o meglio l'altra mi sollevi l'eccezione di incompetenza del giudice, comunque questo giudice che io ho adito deve pronunciarsi sul provvedimento cautelare perchè c'è immediatezza di pronuncia. E quindi c'è la tendenza un po' a classificare i Tribunail secondo i loro orientamenti, ioè, ad esempio, sulle quote latte il TAR di Brescia concedeva più facilmente la sospendeva. E questo ovviamente determina una certa distorsione dell'assetto giurisdizionale all'interno della giurisdizione amministrativa. E, quindi, a questa prassi si è reagito rendendo con il codice la competenza territoriale inderogabile. Oltre la competenza territoriale, quindi per territorio, esistono altri due tipi di competenza dottrinale:

  • Competenza funzionale. La competenza funzionale non riguarda tutta la materia, quanto il codice che deve decidere. Cioè si ritiene che un giudice possa vederla al criterio della territorialità decidere meglio una controversia rispetto all'altra in ragione di circostanze oggettive.
  • Competenza per materia. La competenza per materia è una deroga alla competenza territoriale giustificata dalla necessità di concentrare tutte le controversie dinnanzi ad uno stesso giudice perchè si tratti di controversie particolarmente delicate e sensibili con riferimento ai quali si vuole evitare che possa sorgere una diversità di orientamenti giurisprudenziali da giudici diversi. Attesa la particolare delicatezza della materia si decide che in deroga al principio della competenza territoriale si individua un unico giudice, un unico TAR, che ha competenza per materia su quel tipo di controversia.

In realtà, poi, il codice distingue la competenza in sole due tipologie:

  • Competenza territoriale,
  • Competenza funzionale: quando noi leggiamo la competenza funzionale, lì dentro c'è sia la competenza funzionale che la competenza per materia.

La competenza per materia e la competenza funzionale erano già pre-codice inderogabili. La novità del codice sta nel prevedere l'inderogabilità della competenza territoriale.

Qual è il criterio per trovare il giudice territorialmente competente?[]

Possiamo dire che in termini generali è il criterio dell'efficacia del provvedimento impugnato, cioè si prende il provvedimento, si guarda l'efficacia territoriale di questo caso si determina il giudice. Questo è il criterio. Com'è espresso dal codice? Con l'articolo 13 comma 1.

Articolo 13 del Codice del Processo Amministrativo. Competenza territoriale inderogabile. Comma 1:

Sulle controversie riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti di Pubbliche Amministrazioni è inderogabilmente competente il Tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione territoriale hanno sede. Il Tribunale amministrativo regionale è comunque inderogabilmente competente sulle controversie riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti di Pubbliche Amministrazioni i cui effetti diretti sono limitati all'ambito territoriale della regione in cui il Tribunale ha sede.

Prima si parla di sede e poi di efficacia, in realtà è quello dell'efficacia il criterio preponderante nel senso che potrebbe capitare che l'efficacia, in realtà è quello dell'efficacia il criterio preponderante nel senso che potrebbe capitare che l'efficacia e la sede coincidano. E questo capita negli enti territoriali: cioè il Comune non può fare provvedimenti che riguardano territori di un altro Comune, la Provincia di un'altra Provincia, la Regione di un'altra Regione. E quindi, in questi casi, se parliamo di enti territoriali, non c'è un grandissimo problema. Quand'è che che si pone il problema? Il problema si pone per gli enti non territoriali e per gli enti statali. E qua la sede può anche essere recessiva, perchè oviamente un ente territoriale non avendo un territorio come si fa a stabilire quale efficacia? Se fosse quello della sede, prendiamo il caso dell'ANAS, ha sede a Roma e se fosse quello della sede sarebbe sempre competente il TAR Lazio. Invece, al di là della sede, è rilevante la competenza territoriale, o meglio l'efficacia territoriale dell'atto adottato dall'ente non territoriale. Così come se per le amministrazioni dello Stato valesse la sede, tutti i ministeri hanno sede a Roma, quindi, sarebbe sempre competente il TAR Lazio. Invece può capitare che un ente statale possa produrre provvedimenti che hanno un'efficacia, diciamo, territorialmente limitata. Faccoamo un esempio: l'ANAS bandisce appalti per la manutenzione delle strade. Se fosse criterio della stata sarebbe competente il TAR Lazio ma, se quel contratto riguarda una strada che sta in Piemonte, per l'atto, in quel caso, è competente il TAR Piemonte perchè l'aggiudicazione dell'appalto riguarda l'efficacia di un provvedimento che riguarda esclusivamente il Piemonte. Facciamo un esempio dell'amministrazione statale: Ministero di Grazia e Giustizia si occupa di stabilire dove sono le sedi notarili. Ora, però, al di là dei provvedimenti generali quando tocca i provvedimenti per stabilire quali sedi notarili ci sono in Piemonte, il provvedimento è limitato alla Regione Piemonte. E, quindi, competente è il TAR Piemonte, sebbene il Ministero abbia sede a Roma. Quindi, quello determinante è il criterio dell'efficacia del provvedimento. A questo si aggiunge un criterio che riguarderà i pubblici dipendenti perchè si dice che per le controversie riguardanti i pubblici dipendenti è inderogabilmente competente il Tribunale nella circoscrizione territoriale in cui è situata la sede di servizio, cioè dove presta servizio, questo serve ovviamente ad agevolare il pubblico dipendente. Quindi, nel caso, di un trasferimento da Torino a Napoli il Tribunale competente contro il provvedimento di trasferimento d'ufficio è dove presta servizio e, quindi, il TAR Piemonte e non il TAR Campania. Quindi, quando l'ente territoriale o quando l'atto ha un'efficacia limitata alla Regione non ci sono problemi, la competenza si ripartisce in questo modo. In tutti gli altri casi, cosa dice la norma? Negli altri casi è inderogabilemnte competente per gli atti statali il TAR del Lazio con sede di Roma e, per gli atti dei soggetti pubblici a carattere ultraregionale il TAR nella cui circoscrizione ha sede il soggetto pubblico. Quindi, ad esempio, se un provvedimento per l'amministrazione statale riguarda tutto il territorio nazionale o riguarda più regioni, in questo caso è competente il TAR per il Lazio con sede di Roma (semplicemente perchè nel Lazio esistono 2 sedi del TAR: una a Roma ed una a Latina). Se non è un'amministrazione statale ma un ente a carattere ultraregionale, allora sarà competente il TAR dove ha sede il soggetto. Il decreto correttivo 160 del 2012 ha aggiunto un comma 4 bis.

Articolo 13 comma 4 bis (aggiunto con decreto correttivo 160/2012) del Codice del Processo Amministrativo. Competenza Territoriale Inderogabile.

La competenza territoriale relativa al provvedimento da cui deriva l'interessa a ricorrere attrae a sè anche quella relativa agl iatti presupposti dallo stesso provvedimento tranne che si tratti di atti normativi o generali, per la cui impugnazione restano fermi gli ordinari criteri di attribuzione della competenza.

Questa è una norma che scioglie i problemi della competenza per connessione: cioè non dobbiamo immaginarci il caso in cui anzichè impugnare un unico provvedimento, noi impugnamo più provvedimenti e, alcuni di questi provvedunebtu che si chiamano presupposti, cioè che costituiscono il provvedimento per cui è adottato il provvedimenti per noi lesivo, hanno ad esempio una portata ultraregionale. Quindi non abbiamo un provvedimento territorialmente limitato che impugnamo, ma impugnamo anche altri atti che sono non territorialmente limitati. Allora, in questo caso, chi è che attrae la competenza? L'atto finale, cioè l'atto lesivo. Quindi la competenza territoriale si determina con riferimento all'atto lesivo, Torniamo all'esempio delle sedi notarili, allora: il Ministero di Grazia e Giustizia dice con un provvedimento generale che riguarda tutto il territorio per quest'anno aumentano per tutto il territorio nazionale le sedi notarili e ne facciamo 20 in più. Questo è un provvedimento generale, è un provvedimento inizio del provvedimento, poi ci sono dei provvedimenti consequenziali che riguardano la distribuzione di queste nuove 20 sedi nelle diverse Regioni. Quindi provvedimento a carattere nazionale e provvedimenti a carattere territoriale. QUal è di questi due provvedimenti quello che determina la competenza? L'ultimo. Cioè se noi ad esempio siamo lesi dal fatto che vengono consentite altre 5 sedi in Piemonte impugnamo il provvedimento che riguarda ovviamente la Regione Piemonte ma, impugnamo anche l'atto a livello nazionale. L'atto, però, che determina la competenza territoriale è l'ultimo atto, cioè l'atto lesivo a meno che, dice la norma, l'atto presupposto non sia un atto di carattere normativo od a contenuto generale.

Articolo 135 del Codice del Processo Amministrativo. Competenza funzionale inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma.

Sono devolute alla competenza inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, salvo ulteriori previsioni di legge:

- Le controversie relative ai provvedimenti riguardanti i magistrati ordinari adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 24 marzo 1958, numero 195, nonchè quelle relative ai provvedimenti riguardanti i magistrati amministrativi adottati dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa.

- Le controversie aventi ad oggetto, provvedimenti dell'Autorità Garante per la concorrenza ed il mercato (Antitrust, ha sede a Roma) e quelli dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (ha sede a Napoli). In entrambi i casi le controversie sono devolute alle competenze del TAR del Lazio.

- Le controversie di cui all'articolo 133 comma 1 lettera L, fatta eccezione per quelle di cui all'articolo 14 comma 2 nonchè le controversie di cui all'articolo 104 comma 2 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993 numero 385.

- Le controversie contro i provvedimenti ministeriali di cui all'articolo 133 comma 1 lettera M, nonchè i giudizi riguardanti l'assegnazione di diritti d'uso delle frequenze, la gara e della legge 13 dicembre 2010, numero 220, incluse le procedure di cui all'articolo 4 del decreto legge 31 marzo 2011, numero 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2011, numero 75.

- Le controversie aventi ad oggetto le ordinanze ed i provvedimenti commissariali adottati in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'articolo 5 comma 1 della legge 24 febbraio 1992 numero 225 nonchè gli atti, i provvedimenti e le ordinanze emanati ai sensi dell'articolo 5 comma 2 e 4 della medesima legge numero 225 del 1992.

- Le controversie di cui all'articolo 133 comma 1 lettera O, limitatamente a quelle concernenti la produzione di energia elettrica da fonte nucleare, i rigassificatori, i gasdotti di importazione, le centrali termoelettriche di potenza termica a 400 MW, nonchè quelle relative ad infrastrutture di trasporto ricomprese o da ricomprendere nella rete di trasmissione nazionale o rete nazionale di gasdotti, salvo quanto previsto dall'articolo 14 comma 2.

- Le controversie di cui all'articolo 133 comma 1 lettera Z.

- Le controversie relative all'esercizio dei poteri speciali inerenti alle attività di rilevanza strategica nei settori della difesa e della sicurezza nazionale e nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni.

- Le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti di espulsione di cittadini extracomunitari per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato.

- Le controversie avverso i provvedimenti di allontanamento di cittadini comunitari per motivi di sicurezza dello Stato o per motivi di ordine pubblico di cui all'articolo 20 comma 1 del decreto legislativo 6 febbraio 2007 numero 30 e successive modificazioni.

- Le controversie avverso i provvedimenti previsti dal decreto legislativo 22 giugno 2007 numero 109.

- Le controversie disciplinate dal presente codice relative alle elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia.

- Le controversie relative al rapporto di lavoro del personale del DIS, dell'AISI e dell'AISE.

- Le controversie attribuite dalla giurisdizione del giudice amministrativo derivanti dall'applicazione del Titolo II del Libro III del decreto legislativo 6 settembre 2011 numero 159, relative all'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.

- Le controversie relative ai provvedimenti adottati ai sensi degli articoli 142 e 143 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000 numero 267.

- Le controversie di cui all'articolo 133 comma 1 lettera Z bis.

- Le controversie di cui all'articolo 133 comma 1 lettera Z ter.

- Le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti emessi dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato in materia di giochi pubblici con vincita in denaro e quelli emessi dall'Autorità di polizia relativi al rilascio di autorizzazioni in materia di giochi pubblici con vincita in denaro.

Restano esclusi dai casi di competenza inderogabile di cui al comma 1 le controversie sui rapporti di lavoro dei pubblici dipendenti, salvo quelle di cui alla lettera O dello stesso comma 1.

Tutte le controversie relative alle relazioni del CONI devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo c'è una competenza funzionale del TAR Lazio. Le controversie riguardanti situazioni di emergenza a cui si possono applicare provvedimenti ministeriali (la legge sulla protezione civile), le controversie relative allo svolgimento dei Consigli comunali per infiltrazione mafiose, le controversie relative a provvedimenti di allontanamento dei cittadini comunitari, l'espulsione dei cittadini extracomunitari, ed altre.

Articolo 14 del Codice del Processo Amministrativo. Competenza funzionale inderogabile.

Sono devolute funzionalmente alla competenza inderogabile del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sede di Roma, le controversie indicate dall'articolo 135 e dalla legge.

Sono devolute funzionalmente alla competenza inderogabile regionale della Lombardia, sede di Milano, le controversie relative ai poteri esercitati dall'Autorità per l'energia elettrica ed il gas.

La competenza è funzionalmente inderogabile altresì per i giudizi di cui agli articoli 113 e 119, nonchè per ogni altro giudizio per il quale la legge od il presente codice individuano il giudice competenti con criteri diversi da quelli di cui all'articolo 113.

Questa Autority è un'autority particolare, quella che riguarda l'energia ed il gas, che ha sede a Milano e quindi la competenza è devoluta al TAR Lombardia. Infine è una competenza derogabile quella prevista dagli articoli 113 e 119 del Codice del Processo Amministrativo. E questo è un importante caso di competenza funzionale che è quella del giudizio di ottemperanza, ossia l'esecuzione della sentenza.

Articolo 113 del Codice del Processo Amministrativo. Giudice dell'ottemperanza.

Il ricorso si propone, nel caso di cui all'articolo 112 comma 2 lettere A e B, al giudice che ha emesso il provvedimento della cui ottemperanza si tratta; la competenza è del Tribunale amministrativo regionale anche per i suoi provvedimenti confermati in appello con motivazione che abbia lo stesso contenuto dispositivo dei provvedimenti di primo grado.

Nei casi di cui all'articolo 112, comma 2, lettere C, D ed E, il ricorso si propone al Tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione ha sede il giudice che ha emesso la sentenza di cui è richiesta l'ottemperanza.

La regola è che dell'esecuzione si occupi il giudice che ha pronunciato la sentenza, e quindi se ho avuto la sentenza dal TAR Piemonte e voglio ottenere l'esecuzione devon andare dal TAR Piemonte. Un'altra competenza funzionale inderogabile è quella del Consiglio di Stato in sede di appello. Come si conciliano queste due forme di competenza? Vedremo che le sentenze del TAR si appellano al Consiglio di Stato. Allora, può succedere che io faccio appello al Consiglio di Stato confermi la sentenza del primo. A questo punto, il codice, ci dice che io devo fare l'esecuzione di fronte al giudice di primo grado (il Consiglio di Stato ha semplicemente confermato la sentenza). Allora, vedremo che in certi casi il giudice può confermare la sentenza con diversa motivazione. In questo caso se cambia la motivazione, qua, c'è un apporto del Consiglio di Stato ed in questo caso per l'esecuzione è competente il Consiglio di Stato. Il correttivo 120 ha consacrato il principio che già esisteva nella precedente disciplina del codice ma lo ha espressamente formalizzato ed è il comma 4 dell'articolo 13.

La competenza di cui al presente articolo (cioè la competenza territoriale) e dell'articolo 14 (cioè la competenza funzionale) è inderogabile anche in ordine alle misure cautelari.

Proprio per evitare quel fenomeno di forum shopping di cui abbiamo parlato prima. Qui ci dice che l'incompetenza territoriale deve essere esaminata dal giudice prima di decidere sulle misure cautelari. Se non vale più il ragionamento che si faceva un tempo, secondo cui il giudice si doveva comunquere pronunciare perchè c'è fretta, qua il giudice anche sulle misure cautelari deve verificare di essere competente territorialmente. Si parla di misure cautelari e, non solo di ordinaria sospensione del provvedimento, perchè vedremo che i provvedimenti cautelari che il giudice può adottare sono ben più della semplice sospensione del provvedimento.

Come si fa a fare rilevare l'incompetenza?[]

Articolo 15 del Codice del processo amministrativo. Rilievo dell'incompetenza.

Il difetto di competenza è rilevato d'ufficio finchè la cosa non è decisa in primo grado. Nei giudizi di impugnazione esso è rilevato se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo esplicito od implicito, ha statuito sulla competenza.

In ogni caso il giudice decide sulla competenza prima di provvedere sulla domanda cautelare e, se non riconosce la propria competenza ai sensi degli articoli 13 e 14, non decide sulla stessa.

In mancanza di domanda cautelare, il difetto di competenza può essere eccepito entro il termine previsto per la costituzione in giudizio. Il presidente fissa la Camera di Consiglio per la pronuncia immediata sulla questione di competenza. Si osserva il procedimento di cui all'articolo 87 comma 3.

Il giudice provvede con ordinanza, nei casi di cui ai commi 2 e 3. Se dichiara la propria incompetenza, indica il giudice ritenuto competente. Se, nel termine perentorio di 30 giorni dalla comunicazione di tale competenza, la causa è riassunta davanti al giudice dichiarato competente, il processo continua davanti al nuovo giudice, salvo quanto previsto al comma 6, la riassunzione preclude alla parte che l'ha effettuata la proposizione del regolamento di competenza.

L'ordinanza che pronuncia sulla competenza senza decidere sulla domanda cautelare è impugnabile.

L'ordinanza che pronuncia sulla competenza senza decidere sulla domanda cautelare è impugnabile esclusivamente con il regolamento di competenza di cui all'articolo 16. Il giudice dinnanzi al quale la causa è riassunta, se ritiene di essere a sua volta incompetente, richiede d'ufficio il regolamento di competenza. L'ordinanza che pronuncia sulla competenza e sulla domanda cautelare può essere impugnata col regolamento di competeza, oppure nei modi ordinari quando insieme con la pronuncia sulla competenza si impugna quella sulla domanda cautelare.

In presenza del regolamento di competenza la domanda cautelare si propone al giudice indicato come competente nell'ordinanza di cui al comma 4, che decide in ogni caso, fermo restando quanto disposto dal comma 7.

I provvedimenti cautelari pronunciati dal giudice dichiarato incompetente perdono efficacia alla scadenza del termine di 30 giorni dalla data di pubblicazione dell'ordinanza che regola la competenza.

La domanda cautelare può essere riproposta al giudice dichiarato competente.

Le disposizioni di cui ai commi 7 e 8 si applicano anche ai provvedimenti cautelari pronunciati dal giudice privato del potere di decidere il ricorso dall'ordinanza presidenziale di cui all'articolo 47 comma 2.

Il sistema essendo inderogabile per la competenza prevede che il giudice possa rivelarla d'ufficio in primo grado finchè la causa non è decisa.

Vedremo poi quando si determina questo momento in cui la causa è decisa ovvero è mandata in decisione però fino a questo momento il giudice di primo grado la può sempre rilevare. Nei giudizi di impugnazione è rilevabile se addotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia che in modo esplicito od implicito ha stabilito sulla competenza. Qui fa riferimento al caso in cui il giudice non se n'è accorto oppure è stata fatta eccezione oppure nessuno se n'è accorto in primo grado. Se l'altra parte ha fatto eccezione il giudice lo ha esaminato e si è pronunciato e magari si è ritenuto competente. Oppure ha rilevato d'ufficio la situazione ma poi si è comunque ritenuto competente. Allora in questo caso il giudice d'appello può esaminare la sentenza che sia pronunciata espressamente (se l'altra parte avrà fatta eccezione ed il giudice l'ha esaminata) od implicitamente. Il giufice decide implicitamente sulla competenza quando decide sul merito perchè se decide sul merito del ricorso ha implicitamente ritenuto di essere competente. Quindi il Consiglio di Stato può decidere su questo profilo soltanto se io ho impugnato il calco della sentenza in cui esplicitamente od implicitamente si è pronunciato il giudice di primo grado. L'ultimo decreto correttivo ha aggiunto i commi 2 e 3.

Articolo 15 del Codice del Processo Amministrativo. Rilievo sull'incompetenza.

In ogni caso il giudice decide sulla competenza prima di provvedere sulla domanda cautelare e, se non riconosce la propria competenza ai sensi degli articoli 13 e 14, non decide sulla stessa.

In mancanza di domanda cautelare, il difetto di competenza può essere eccepito entro il termine previsto per la costituzione in giudizio. Il presidente fissa la Camera di Consiglio per la pronuncia immediata sulla questione di competenza. Si osserva il provvedimento di cui all'articolo 87 comma 3.

Perchè ci sono queste norme e nel testo originale non c'erano? Perchè se noi stabiliammo che il giudice può rilevarla d'ufficio e, comunque, può essere rilevata in ogni stato e grado del procedimento, noi abbiamo che depositiamo un ricorso, magari il ricorso viene deciso in 10 anni ed al decimo anno scopriamo che il TAR è incompetente e, quindi, per evitare che ciò si verifichi e che quindi si debba ricominciare da capo il provvedimento, la norma prevede che se c'è già stata istanza di un provvedimento cautelare vorrà dire che sarà fissata una Camera di Consiglio ed in quella sede, cioè quando decide sui provvedimenti cautelari, il giudice deve prima esaminare la questione di incompetenza. E, se si ritiene di essere incompetente, non si può pronunciare sull'istanza cautelare. Se ciò non avviene, cioè quindi se non è stata presentata l'istanza di sospensione, c'è un limite preclusivo in capo alle altre parti di rilevare l'incompetenza. Infatti dice il comma 3:

In mancanza di domanda cautelare, il difetto di competenza può essere eccepito entro il termine previsto per la costituzione in giudizio. Il presidente fissa la Camera di Consiglio per la pronuncia immediata sulla questione di competenza. Si osserva il procedimento di cui all'articolo 87 comma 3.

Il termine previsto per la costituzione in giudizio è perentorio ed è di 60 giorni dalla notifica del ricorso. Entro questo termine le altre parti devono eccepire l'incompetenza. Allora o è fissata la Camera di Consiglio per la domanda cautelare o non è fissata, ma è sollevata l'eccezione, in questo caso il Tribunale deve fissare comunque la Camera di Consiglio per pronunciarsi sulla competenza territoriale in modo che la competenza venca risolta in tempi brevi rispetto alla proposizione del ricorso, non capiti il caso dove dopo 10 anni ci troviamo a discutere sulla competenza territoriale.

Articolo 15 del Codice del Processo Amministrativo. Commi 4 e seguenti.

Il giudice provvede con ordinanza, nei casi di cui ai commi 2 e 3. Se dichiara la propria incompetenza, indica il giudice ritenuto competente. Se, nel termine perentorio di 30 giorni dalla comunicazione di tale ordinanza, la causa è riassunta davanti al giudice dichiarato competente, il processo continua davanti al nuovo giudice.

Salvo quanto previsto dal comma 6, la riassunzione preclude alla parte che l'ha effettuata la proposizione del regolamento di competenza senza decidere sulla domanda cautelare è impugnabile esclusivamente con il regolamento di competenza di cui all'articolo 16.

Il giudice dinnanzi al quale la causa è riassunta, se ritiene di essere a sua volta incompetente, richiede d'ufficio il regolamento di competenza e sulla domanda cautelare può essere impugnata col regolamento di competenza, oppure nei modi ordinari quando insieme con la pronuncia sulla competenza si impugna quella sulla domanda cautelare.

In pendenza del regolamento di competenza la domanda cautelare si propone al giudice indicato come competente nell'ordinanza di cui al comma 4, che decide in ogni caso, fermo restando quanto disposto al comma 7.

I provvedimenti cautelari pronunciati dal giudice dichiarato incompetente perdono efficacia alla scadenza del termine di 30 giorni dalla data di pubblicazione dell'ordinanza che regola la competenza.

La domanda cautelare può essere riproposta al giudice dichiarato competente.

Le disposizioni di cui ai commi 7 e 8 si applicano anche ai provvedimenti cautelari pronunciati dal giudice privato del potere di decidere il ricorso dall'ordinanza presidenziale e di cui all'articolo 47 comma 2.

Qua serve per disciplinare che cosa succede dopo la pronuncia sulla competenza. Allora fatta l'eccezione di incompetenza, il giudice può effettivamente ritenersi incompetente. Il giudice, però, non può semplicemente dichiararsi incompetente: il giudice deve, per forza, indicare nell'ordinanza qual è il giudice competente.

Pronuncia sulla domanda cautelare[]

è ammissibile d'appello ordinario. L'articolo 14 dice:

Questo tipo di ordinanza, che è un'ordinanza che si pronuncia sul merito, superando il problema della competenza, può essere impugnato sia con regolamento di competenza, sia con appello ordinario.

Inoltre, il regolamento di competenza può essere sollevato d'ufficio. Questo si verifica nel caso di conflitto negativo di competenza. Cioè: adiamo un giudice, ad esempio il TAR Piemonte. Il TAR Piemonte ci dice "No, non sono competente" e fa un'ordinanza in cui dichiara la propria incompetenza.

Qual è il regime del regolamento di competenza?

Il giudice che decide sulla competenza è il Consiglio di Stato, che è il giudice pendolo della giustizia amministrativa, ma che ha anche la funzione di dirimere in modo vincolante i problemi di competenza territoriale e funzionale. Quindi il regolamento di competenza si propone al Consiglio di Stato.

L'articolo 16 dice che:

Il regolamento di competenza è proposto con istanza notificata alle altre parti nel termine, perentorio e non soggetto a dimezzamento, di 30 giorni dalla notificazione ovvero di 60 giorni dalla pubblicazione dell'ordinanza che pronuncia sulla competenza ed è depositato, unitamente a copia degli atti utili al fine del decidere, entro il termine di cui all'articolo 45 ridotto alla metà presso la segreteria del Consiglio di Stato. Nel casodi regolamento richiesto d'ufficio, ai sensi dell'articolo 15 comma 5, l'ordinanza è immediatamente trasmessa al Consiglio di Stato a cura della segreteria e comunicata alle parti.

Il Consiglio di Stato decide con ordinanza in Camera di Consiglio, previo avviso della fissazione della medesima, inviato almeno 10 giorni prima ai difensori che si sono costituiti. L'ordinanza provvede anche sulle spese del regolamento salvo il caso di regolamento richiesto d'ufficio. La pronuncia sulle spese conserva efficacia anche dopo la sentenza che definisce il giudizio, salvo diversa statuizione espressa nella sentenza. Al provvedimento si applicano le disposizioni di cui all'articolo 55, commi da 5 all'8.

La pronuncia sulla competenza resa dal Consiglio di Stato, in sede di regolamento o di appello ai sensi dell'articolo 62 comma 4 vincola i Tribunali amministrativi regionali. Se viene indicato come competente un Tribunale diverso da quello adito, il giudizio deve essere riassunto, nel termine perentorio di 30 giorni dalla notificazione dell'ordinanza che pronuncia sul regolamento, ovvero entro 60 giorni dalla sua pubblicazione.

Il regolamento si propone con istanza notificata dalle altre parti, cioè alle parti del giudizio; entro 30 giorni dalla notificazione dell'ordinanza che ha deciso sulla competenza (ovviamente se viene notificata) ovvero di 60 giorni dalla pubblicazione dell'ordinanza.

Quando si intende pubblicazione dell'ordinanza significa che sia le sentenze che le ordinanze sono redatte dal giudice ed acquistano rilevanza esterna al momento in cui vengono depositate presso la segreteria. Nel momento in cui vengono depositate, acquistano un numero progressivo. Quando sentite parlare della sentenza numero 450 del Consiglio di Stato, quel 450 è il numero progressivo che la sentenza ha assunto nel momento in cui è stata depositata. In questo caso non è una sentenza ma un'ordinanza, e quindi il termine (60 giorni) decorre dal momento in cui è pubblicata.

Poi questo termine, dice il codice, può essere abbreviato. E diventa di 30 giorni se quell'ordinanza è notificata. Chi è che la notifica? Una delle parti. Cioè: se io parte del processo, voglio che decorra brevemente il termine per proporre il regolamento di competenza, il mio onere è estrarre copia autentica dell'ordinanza e notificarla con l'ufficiale giudiziario.

Se io notifico (ovviamente alle altre parti) queste parti non hanno più 60 giorni dalla pubblicazione, ma il termine di 30 giorni dal giorno in cui ricevo la notifica. Cioè il cosiddetto termine breve. Questo vale in generale anche per l'appello, per qualsiasi tipo di impugnazione.

C'è un termine lungo, che decorre dalla pubblicazione della sentenza, e poi c'è un termine breve che decorre dalla notificazione della sentenza. La norma dice: "perentorio non soggetto a dimezzamento". Esistono alcuni riti che prevedono il dimezzamento dei termini. Qua questo termine non è soggetto a dimezzamento. Quindi va proposto ad istanza notificata nel termine di 30 giorni, o di 60 giorni, e depositata presso la segreteria del Consiglio di Stato nel termine dimezzato di cui all'articolo 45.

Il termine di cui all'articolo 45 è il trmine per il deposito. Questo termine è di 30 giorni. In questo caso la norma ci dice che lo dobbiamo dimezzare, quindi 15 giorni dalla notifica.

Il comma 2 dice:

Il Consiglio di Stato decide con ordinanza in Camera di Consiglio, previo avviso della fissazione della medesima, inviato almeno 10 giorni prima ai difensori che si sono costituiti. L'ordinanza prevede anche sulle spese del regolamento salvo il caso di regolamento richiesto d'ufficio. La pronuncia sulle spese conserva efficacia anche dopo la sentenza che definisce il giudizio, salvo diversa statuizione espressa nella sentenza. Al procedimento si applicano le disposizioni di cui all'articolo 55, commi dal 5 all'8.

Ci dice semplicemente che il Consiglio di Stato decide sul regolamento di competenza in Camera di Consiglio. Che cos'è la Camera di Consiglio? è un particolare procedimento accelerato di decisione, solitamente si fanno i provvedimenti cautelari in Camera di Consiglio. Mentre normalmente il rito ordinario prevede la discussione in udienza, per particolari situazioni, per particolare urgenza, è previsto il rito della Camera di Consiglio.

Dal punto di vista folcloristico, l'ordinamento giudiziario prevede che l'uso della toga è limitato all'udienza. Questo riguarda i giudici ordinari, mentre il Consiglio di Stato, a seconda della sezione, è necessaria o meno la toga anche in Camera di Consiglio.

Il 3° comma dell'articolo 16 dice:

La pronuncia sulla competenza resa dal Consiglio di Stato, in sede di regolamento o di appello ai sensi dell'articolo 62 comma 4, vincola i Tribunali amministrativi regionali. Se viene indicato come competente un Tribunale diverso da quello adito, il giudizio deve essere riassunto nel termine perentorio di 30 giorni dalla notificazione dell'ordinanza che pronuncia sul regolamento, ovvero entro 30 giorni dalla sua pubblicazione.

La pronuncia del Consiglio di Stato vincola i TAR. Vuol dire che è una pronuncia definitiva.

Il ricorso[]

Cosa deve contenere il ricorso?

Abbiamo visto materialmente come si fa un ricorso. Vediamo ora quali sono gli elementi essenziali del ricorso. La norma di riferimento è l'articolo 40, che ha avuto una leggera modifica da parte dell'ultimo decreto correttivo.

L'articolo 40 dice:

Il ricorso deve contenere distintamente:

- Gli elementi identificativi del ricorrente, del suo difensore e delle parti neicui confronti il ricorso è proposto.

- L'indicazione dell'oggetto della domanda, ivi compreso l'atto od il provvedimento eventualmente impugnato, e la data della sua notificazione, comunicazione o comunque della sua conoscenza.

- L'esposizione sommaria dei fatti.

.- L'indicazione dei provvedimenti chiesti al giudice.

- La sottoscrizione del ricorrente, se esso sta in giudizio personalmente, oppure del difensore, con indicazione, in questo caso, della procura speciale.

I motivi proposti in violazione del comma 1 lettera D sono inammissibili.

Quindi:

  • è pacifico che debba contenere le indicazioni del giudice adito; cioè quello che abbiamo scritto all'inizio: Tribunale amministrativo regionale per ... e quindi in base alla regola della competenza avremmo scelto il nostro TAR. Dopo l'indicazione del giudice adito ane perchè poi il ricorso va notificato. Se non notifichiamo un ricorso all'altra parte, e non c'è scritto qual è il giudice che abbiamo adito, come fa l'altra parte a sapere dove deve andare a costituirsi? Va scritto.
  • Dopo l'intestazione al giudice, al TAR, si mettono gli elementi indicativi del ricorrente.
  • Ci sono gli elementi identificativi del ricorrente, e del suo difensore.
  • Nel processo amministrativo noi abbiamo che una parte necessaria del ricorso è la Pubblica Amministrazione. Quindi è la Pubblica Amministrazione che ha emanato il provvedimento che state impugnando, nel caso di azione di annullamento. O l'azione dell'amministrazione nei cui confronti chiediamo l'accertamento di condanna. Questa è la parte necessaria del giudizio.
  • E poi ci sono altre parti che sono i cosiddetti contro interessati, cioè coloro che hanno una posizione diametralmente opposta a quella del ricorrente. Cioè il ricorrente, mentre nel caso dell'annullamento mira ad ottenere la caducazione dell'annullamento; i contro interessati sono coloro che hanno un interesse al mantenimento di quello provvedimento.
  • L'indicazione dell'oggetto della domanda. Ciò richiama tutto quello che abbiamo detto sulle domande proponibili nel processo amministrativo. E quindi il cosiddetto petitum, cioè l'accertamento, la condanna, ovvero l'annullamento dell'atto se chiediamo l'annullamento dell'atto dobbiamo indicare l'atto di cui chiediamo l'annullamento.
  • Dobbiamo indicare la data in cui abbiamo ricevuto la notificazione o la comunicazione avvenuta, o che comunque abbiamo avuto la piena conoscenza del provvedimento stesso. Questo perchè da questo movimento corre il tempo per il calcolo del termine di decadenza.
  • Solitamente si inseriscono altre clausole di rito. Cioè se ad esempio impugnamo il provvedimento e poi solitamente si inseriscono tutti gli altri addi del procedimento, nonchè gli atti presupposti consequenziali. Vedremoche adesso queste clausole diritto non sono più ammissibili. Però l'indicazione dell'oggetto della domanda, c'è il petitum, c'è l'esposizione sommaria dei fatti. Quindi ciò che è successo. Questa è una parte importante del ricorso, perchè è fondamentale che noi ricostruiamo esattamente cosa è capitato attraverso un esame accurato dei documenti.
  • La lettera D è stata modificata, perchè un tempo diceva "I motivi su cui si fonda il ricorso". Oggi dice, dopo il correttivo del 2012: "I motivi specifici su cui si fonda il ricorso". Cosa vuol dire motivo specifico? In realtà uno prima non poteva fare un motivo generico. Ma specificità ci comporta anche l'obbligo di dedurre i motivi con specifico riferimento a provvedimenti impugnati. Cioè noi non possiamo fare un'impugnazione di tutti gli atti del procedimento e dedurre un'impugnazione di tutti gli atti del procedimento e dedurre dei motivi senza ricollegarli agli atti che abbiamo impugnato. C'è quindi sia specificità nel motivo per sè, sia specificità del motivo con riferimento al provvedimento che abbiamo impugnato. E quindi le clausole di stile in cui si dice: impugno il provvedimento A e tutti gli atti del processo connessi e consequenziali, perde qualsiasi rilievo. Perchè devo impugnare specificamente. E con riferimento di ciascun atto, devo dedurre specificamente il vizio. Non posso fare un minestrone di atti ed un minestrone di motivi; senza sapere quel motivo a quale atto si riferisce.
  • Indicazione dei mezzi di prova. Questo è un aspetto nuovo del codice del processo amministrativo. C'è la necessità di indicare già nel ricorso i mezzi di prova di cui chiediamo l'assunzione. Questo vale anche per l'atto di citazione.
  • Lettera F: l'indicazione dei provvedimenti chiesti al giudice. I cosiddetti PQM. Cioè per questi motivi si chiede che l'eccellentissimo Tribunale voglia così giudicare: e quindi dobbiamo chiarire che provvedimento vogliamo: annullamento, accertamento, condanna.
  • Poi esistono elementi accidentali, come ad esempio soprattutto l'istanza di sospensione. O meglio istanza di misure cautelari. Che non è un elemento necessario per il ricorso. Posso anche non chiedere le misure cautelari. Però se le voglio chiedere, le devo chiedere o nel ricorso o lo posso fare con istanza separata, ma notificata nelle stesse forme del ricorso. Normalmente si propone con il ricorso. Quindi il ricorso avrà, oltre una parte dei motivi, avrà anche una parte volta a chiedere l'emissione di provvedimenti cautelari. Sono i fumus bono iuris (parvenza di un buon diritto) di fondatezza del ricorso.
  • La sottoscrizione del ricorrente, oppure del difensore con l'indicazione in questo caso della pronuncia speciale. La prova, secondo le norme del codice di procedura civile che si applica anche nel processo amministrativo, richiede la firma in originale del ricorrente, e l'autentica dell'avvocato. L'autenticazione da parte dell'avvocato è valida soltanto se avviene sul territorio nazionale.

Tutto questo riguarda il contenuto del ricorso. Però la nullità del ricorso, che è una sanzione particolarmente grave, è limitata soltanto a determinate ipotesi.

Qua rispetto al formalismo che caratterizza l'atto di citazione del processo civile, abbiamo un principio un po' più generoso che è quello della libertà delle forme, e quindi che puniscono con la sanzione più grave, che è quella della nullità del ricorso, soltanto in determinate ipotesi.

L'atto confermativo e l'atto sopravvenuto.[]

L'atto confermativo è un atto con cui l'amministrazione conferma un precedente provvedimento.

All'interno di tale atto dobbiamo distinguere l'atto meramente confermativo dall'atto che non è meramente confermativo, se noi non abbiamo impugnato il provvedimento nel termine di 60 giorni siamo decaduti nella possibilità di farlo ed anche se noi presentiamo istanza all'amministrazione e l'amministrazione ci fa un provvedimento che sostanzialmente conferma la sua posizione, questo nuovo provvedimento che sostanzialmente conferma la sua posizione, queso nuovo provvedimento non ci rimette in termini per impugnare quello confermativo. Questo è l'atto meramente confermativo.

Invece se l'atto non è meramente confermativo, allora avverso il secondo provvedimento posso proporre ricorso ancorchè non l'abbia proposto contro il provvedimento confermato, ma deve essere un provvedimento non meramente confermativo e lo è quando contiene un quod pluris rispetto a quello precedente ovvero contiene una diversa motivazione ovvero è adottato all'esito di un'ulteriore attività istruttoria. In questo casol'atto che se io non ho impugnato l'atto confermato posso impugnare l'atto confermativo.

Esempio:diniego, noi non abbiamo impugnato il diniego, chiediamo all'amministrazione di riprovvedere sulla nostra istanza e l'amministrazione ci fa un provvedimento in cui ci conferma il precedente diniego. Se io non ho impugnato quello originario non posso impugnare quello nuovo se è meramente confermativo, quindi se nulla aggiunge rispetto al precedente.

Se non è meramente confermativo anche se non ho impugnato il provvedimento confermato posso impugnare il provvedimento confermativo.

Esempio: atto non meramente confermativo: diniego di permesso di costruire, noi presentiamo la nostra istanza, il dirigente comunale ci nega il permesso di costruire, presentiamo nuova istanza e l'amministrazione ci dice che in realtà la ragione del precedente diniego non sussiste ed invece esiste un novo motivo per negare il permesso di costruire, resta fermo il diniego ma ad un diverso presupposto oppure compie un'istruttoria che non aveva compiuto prima, chiede un parere che non aveva chiesto prima, in questi due casi il provvedimento confermativo non riproduce quello confermato ma aggiunge sotto il profilo della motivazione e sotto il profilo dell'istruttoria.

Atto sopravvenuto: atto che sopravviene nel corso del giudizio, io ho impugnato il provvedimento A e nel corso del processo interviene il provvedimento B. Ipotesi in parte già esaminata laddove abbiamo fatto il caso parlando dell'interesse a ricorrere che noi impugnamo un provvedimento per noi negativo.

Il ricorso diventa improcedibile per cessazione della materia del contendere, scompare l'atto impugnato, quindi manca l'oggetto dell'impugnazione e c'è la cessazione della materia.

In altri casi diversi dalla cessazione della materia del contendere e sopraggiunga un provvedimento, dobbiamo valutare qual è la conseguenza.

Esempio: noi abbiamo impugnato il silenzio inadempimento, abbiamo presentato istanza, l'amministrazione non vi ha provveduto nel termine e quindi agiamo avverso il silenzio inadempimento, nel corso del processo l'amministrazione emana il provvedimento, se lo emana a noi favorevole ovviamente c'è la cessazione della materia del contendere, ma se invece ci emana un provvedimento espresso di diniego cosa succede?

Un tempo si riteneva che io dovevo impugnare il provvedimento con un provvedimento autonomo, quindi avevo proposto ricorso contro il silenzio, ora devo proporre il ricorso separato ed autonomo rispetto al provvedimento espresso di diniego.

Oggi fortunatamente questa rehola non vale più perchè io sono comunque obbligato ad impugnare il provvedimento sopraggiunto, ma posso farlo all'interno dello stesso giudizio attraverso un istituto che serve per ampliare il tema decidendum, cioè attraverso l'istituto dei motivi aggiunti.

Questo è previsto nel caso del silenzio dall'articolo 117 che dice:

Se nel corso del giudizio sopravviene il provvedimento espresso, od un atto connesso con l'oggetto della controversia, questo può essere impugnato con motivi aggiunti, nei termini e con il rito previsto per il nuovo provvedimento, e l'intero giudizio prosegue con tale rito.

Se io non lo impugno si determina un sopravvenuto difetto di interessi perchè io ho impugnato il provvedimento, l'amministrazione ne ha fatto un altro ed è ovvio che se io impugno entrambi, il giudice annulla il primo ma lascia in piedo il secondo e quindi non cambia nulla dal mio punto di vista e non ho più interesse alla sentenza sul primo provvedimento perchè comunque rimarrebbe in piedi il secondo.

Se lesivo il primo e lesivo il secondo, se mi eliminano il primo comunque conservo la lesione del secondo, quindi in questo caso avremmo una dichiarazione di improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse collegato alla mancata impugnazione del provvedimento sopravvenuto.

La notificazione del ricorso serve ad instaurare il contraddittorio, serve a portare a conoscenza delle altre parti il ricorso e quindi la lite, si determina quella che i civilisti chiamano vocatio.

Nel processo amministrativo non è sufficiente la notificazione del ricorso per instaurare il rapporto processuale, bensì il deposito del ricorso, in quanto vige il principio della vocatio iudicis: soltanto quando coinvolgo anche il giudice si instaura il rapporto processuale.

La notificazione è un procedimento formale il cui rispetto della forma conduce alla presunzione di conoscenza di chi è il destinatario della notificazione, questo perchè non si può pretendere che necessariamente il convenuto sia colpevole personalmente, per cui dobbiamo mettere su un sistema che ci conduca a ritenere che si presume che lui sappia e quindi il mancato rispetto di queste formalità, incidendo sulla presunzione di conoscenza, incide sulla nullità della notificazione.

Salvo alcune deroghe, nel processo amministrativo vigono le norme previste dal codice di procedura civile sul procedimento della notificazione e sugli agenti della notificazione, che sonocoloro che sono abilitati dall'ordinamento ad effettuare la notifica.

Tradizionalmente è agente di notificazione l'ufficiale giudiziario, che ha sede sempre presso la Corte d'Appello ed in taluni tribunali anche presso il singolo tribunale.

L'ufficiale giudiziario ha una competenza territoriale, perchè è competente soltanto a notificare gli atti che sono rivolti al giudice della sua circoscrizione.

La violazione delle norme sulla competenza determina la nullità della notifica.

L'ufficiale giudiziario può notificare a mano, cioè recandosi lui stesso al domicilio od alla sede soltanto quando il destinatario della notificazione ha sede nel Comune in cui ha sede l'ufficio dell'ufficiale giudiziario, in tutti gli altri posti notifica attraverso il servizio postale.

L'ufficiale giudiziario riceve l'originale dell'atto, tante copie quanti sono i destinatari, verificando che le copie degli atti siano conformi alla copia in suo possesso.

Se il destinatario, e fuori, l'ufficiale giudiziario andrà alla posta a spedire la copia con cartolina di ritorno tramite raccomandata. Torna in ufficio a scaricare l'originale.

A quel punto l'atto è notificato.

Un tempo era consentita la notifica attraverso i messi comunali, oggi non più.

L'altro agente oltre l'ufficiale giudiziario è l'avvocato, che prima però deve chiedere al consiglio dell'ordine il rilascio di un registro cronologico, dove dovrà annotare tutte le notifiche che ha fatto, che in base alla legge può notificare lui stesso attraverso il servizio postale. Per l'avvocato non valgono le regole territoriali che valgono per l'ufficiale giudiziario.

Perfezionamento della notifica.[]

Distinguiamo tra chi esegue la notifica ed il suo destinatario.

Nel primo caso, per chi esegue la notifica, si perfeziona al momento in cui presentiamo l'atto all'ufficiale giudiziario, quindi al momento della consegna. Si è discusso se questo valeva anche per gli avvocati, alla fine il Consiglio di Stato ci ha messo una pietra sopra stabilendoche questa regola vale anche per gli avvocati, ossia il termine in cui noi lo consegnamo all'ufficio postale.

Se il termine scade la domenica, è prorogato al lunedì.

Il secondo caso, il termine entro cui si perfeziona il termine per il destinatario, quando vi riceve la notifica, è di rilevante importanza perchè è da quando iniziano a decorrere i termini processuali.

Poi per l'articolo 41 entro il termine di 60 giorni il ricorso va notificato all'amministrazione ed ad almeno uno dei contro interessati, se invece l'amministrazione è più di una invece va notificato a tutte: i contro interessati sono persone fisiche o persone giuridiche, se sono persone fisiche va notificato alla resistenza, se sono persone giuridiche alla sede legale della società.

Per l'amministrazione va fatta presso la sede dell'amministrazione.

Un caso particolare riguarda le amministrazioni dello Stato, perchè sono domiciliate ex lege presso l'avvocatura dello Stato, quindi la notificazione non dobbiamo farla nella loro sede effettiva, ma all'avvocatura distrettuale in cui ha sede il giudice adito.

Il fatto che l'obbligo di notifica sia riferito ad almeno uno dei controinteressati, non esclude che il contraddittorio sia svolto con riferimento a tutti.

Il giudice può ordinare l'atto di integrazione dei contraddittori ai sensi dell'articolo 49, quando il ricorso è stato notificato solo a taluno dei contro interessati. Il giudice nell'ordinaria integrazione del contraddittorio fissa il relativo termine, indicando le parti il cui ricorso dovrà essere notificato. Se l'atto di integrazione del contraddittorio non è tempestivamente notificato, depositato, il giudice provvede ai sensi dell'articolo 35, ovvero il ricorso diventa improcedibile.

I soggetti nei cui confronti è integrato il contraddittorio non sono pregiudicati dagli atti processuali anteriormente compiuti, inoltre possono chiedere che vengano ripetuti degli atti già compiuti.

Le regole sono dettate dal Codice di procedura civile. L'articolo 138 dice:

L'ufficiale giudiziario esegue la notificazione di regola mediante la consegna della copia nelle mani del destinatario presso l'abitazione e se non è possibile presso la circoscrizione dell'ufficiale giudiziario al quale è addetto.

Se non lo trova nell'abitazione dove lo cerca? Ai sensi dell'articolo 139:

Lo cerca presso dove ha l'ufficio dove esercita l'industria ed il commercio. Se non lo trova nemmeno lì, l'ufficio consegna copia dell'atto od una persona di famiglia od addetta alla casa, cioè la colf, all'ufficio od all'azienda purchè non minore di 14 anni e non palesemente incapace.

E qui può scegliere se va all'abitazione e ci trova un'altra persona di famiglia può rilasciarlo purchè questa persona non abbia meno di 14 anni e non sia palesemente incapace.

Se non c'è nessuno neanche dentro l'abitazione? La copia è consegnata al portiere dello stabile dov'è l'abitazione, l'ufficio o l'azienda; quando anche il portiere manca, la dà al vicino di casa che accetta di riceverla.

Il portiere od il vicino deve sottoscrivere la ricevuta, però quando lo firma, l'ufficiale giudiziario è obbligato ad andare alla posta ed a mandare un avviso al destinatario.

Ora, questo è il caso tipo, il caso più frequente, cioè va, trova qualcuno, secondo questa sequenza e glielo riesce a consegnare.

Se non riesce, si fa quello previsto dall'articolo 140, cioè:

Se non è possibile ad eseguire la notifica per irreperibilità od incapacità delle persone, l'ufficiale giudiziario deve depositare la copia dell'atto nella casa comunale, deve affiggere un avviso sull'albo pretorio del comune ove ha sede l'abitazione.

Deve mandare lo stesso avviso, deve appiccicare l'avviso sulla porta dell'abitazione, deve affiggere sull'albo pretorio e deve mandare una raccomandata al destinatario dicendo che ha cercato di notificare l'atto. Quindi deve fare tre cose: affiggere sulla porta l'avviso, affiggerlo sull'albo pretorio e mandarlo per posta raccomandata. Se non fa una di queste cose, la notifica è nulla perchè ovviamente se io non ci sonodeve appendermi l'avviso sulla porta, ma magari qualcuno dispettoso me lo strappa dalla pprta, quindi non basta e deve andare all'albo pretorio, che è l'albo per la notificazione del comune, ed in più mi deve avvertire mandandomi una raccomandata con ricevuta di ritorno, quindi solo eseguite tutte queste formalità raggiungiamo la presunzione di conoscenza del destinatario, che se poi non va a ritirare l'atto sono fatti suoi.

Noi abbiamo la notifica per avvenuta giacenza, cioè l'atto è rimasto lì, glielo abbiamo detto in tutti i modi, il destinatario non c'è andato e noi non possiamo aspettare che lui abbia la completa conoscenza, per noi è sufficiente, e come se glielo avessimo notificato, cioè la presunzione di conoscenza. Se si inceppa uno di questi ingranaggi, la presunzione di conoscenza non ce l'abbiamo più. E quindi dobbiamo farci il caso della nullità della notifica.

La nullità della notifica è un atto che dipende dall'ufficiale giudiziario perchp la notifica è un atto dell'ufficiale giudiziario; poi scoprirete che la relata notifica la compila l'avvocato. Se è nulla è per colpa sua. Quindi tendenzialmente la nullità della notifica è una conseguenza che deriva dal comportamento dell'ufficiale giudiziario e quindi tendenzialmente non si può far ricadere le conseguenze della nullità della notifica su chi l'ha fatta perchè non ne ha colpa.

Però c'è qualcuno che dice "ma se tu hai aspettato l'ultimo giorno per fare la notifica oppure se tu hai chiesto all'ufficiale giudiziario di fare la notifica per posta ed è arrivata con un ritardo straordinario, allora è colpa di chi l'ha fatta", ma in realtà è un orientamento superato da parte della Cassazione, quindi tendenzialmente la nullità della notifica dovrebbe essere sanata o potersi sanare perchè mentre se noi sbagliamo la notifica con l'atto di citazione, noi abbiamo a disposizione tutto il termine di prescrizione del diritto. Quindi a noi che ci importa, rifacciamo la notifica! Tanto sono 5/10 anni. Ma se noi abbiamo 60 giorni e sbagliamo la notifica ed arriva al 61° giorni, è un problema perchè siamo fuori dal termine di decadenza.

La costituzione degli intimati sana la nullità del ricorso. Perchè? Se la parte che noi avevamo intimato con la notificazione si costituisce, l'atto raggiunge il suo scopo. Ed ovviamente se si costituisce sana ex tunc la nullità, e cioè come se noi l'avessimo notificata correttamente; quindi anche se è scaduto il termine per proporre il ricorso ed il convenuto comunque si costituisce, la sua costituzione sana con effetti retroattivi.

Lo stesso vale per l'amministrazione.

Bisogna fare particolare attenzione a costituirsi se rileviamo che la notifica è nulla, perchè se noi ci costituiamo, saniamo la nullità. Ovviamente ci sono vie di mezzo: o decidiamo di non costituirci e semplicemente facciamo una cosa un po' inelegante e compariamo in udienza e diciamo che non ci costituiamo, però la notifica è nulla ed il Collegio può rilevarlo d'ufficio: in quel caso non costituendoci non saniamo la nullità, però se invece vogliamo difenderci non possiamo difenderci e dire che è nulla la notifica ed in via subordinata se non è nulla io mi difendo.

Ovviamente l'effetto sanante deriva dalla costituzione e quindi dall'aver accettato il contraddittorio e quindi da un atto processuale ben preciso, è un atto successivo alla notifica ed è un atto del processo. O si costituisce o se non si costituisce non sana ed ovviamente la sanatoria riguarda la notifica nulla, non la notificazione inesistente: è inesistente quando mancano i presupposti per considerarla notifica, ad esempio quando la fa un soggetto che non è agente di notificazione.

O mettiamo il caso che la notifica sia nulla ma non c'è comparizione delle parti e non si può sanare. A questo punto l'unica possibilità è rimessa al giudice: però noi qua dobbiamo distinguere il Codice del Processo Amministrativo dal Codice di Procedura Civile perchè in realtà il Codice di Procedura Civile ha una norma che dice:

Se il convenuto non si costituisce ed il giudice istruttorio rileva un vizio che importi la nullità della notificazione, fissa all'attore un termine perentorio per rinnovarla. La rinnovazione impedisce ogni decadenza.

Quindi il Codice del Processo Amministrativo aggiunge al Codice di Procedura Civile una valutazione del giudice perchè dice che se ritiene che l'esito negativo della notificazione dipenda da cause non imputabili al notificante. Ora, siccome abbiamo detto che la notificazione difficile che ricorra una causa imputabile al notificante, però va fatta una precisazione. Cìè questo ulteriore giudizio che laddove io chieda il termine per rinnovare la notificazione, il giudice deve comunque deliberare in ordine al fatto che la nullità non è dipesa da cause a me imputabili.

Abbiamo fatto il ricorso, notificato il ricorso e però ciò non comporta l'instaurazione del rapporto processuale perchè si instaura al momento in cui il ricorso è depositato. Quindi abbiamo quest'ulteriore onere del deposito da cui dipende l'instaurazione del rapporto. Per cui abbiamo giàdetto che se io ho notificato il ricorso giurisdizionale, però non l'ho depositato, non si è ancora instaurato il rapporto processuale ed io posso scegliere di abbandonare questa strada e di fare ricorso straordinario. Abbiamo visto che sono alternativi. Però è alternativo il ricorso straordinario quando io ho proposto il ricorso giurisdizional ed io non l'ho proposto fino a quando non solo l'ho notificato ma l'ho anche depositato.

è vero che se io l'ho notificato ma non l'ho depositato io non posso rinunciare. Mentre l'atto di citazione dopo la notifica, io devo rinunciare all'azione, posso decidere di notificare un ricorso e non depositarlo. Il mancato deposito equivale a rinuncia perchè vale il principio della vocatio iudicis.

Qual è il termine per il deposito del ricorso?[]

L'articolo 45 dice che:

Il ricorso e gli atti processuali soggetti a preventiva notificazione sono depositati nella segreteria del giudice nel termine di 30 giorni decorrenti dal momento in cui l'ultima notificazione dell'atto si perfeziona per il destinatario.

Quindi il termine di 30 giorni decorre dal momento in cui l'ultimo dei destinatari a cui abbiamo fatto la notificazione ha ricevuto la notifica. Ovviamente noi come facciamo a saperlo? Lo sappiamo perchè abbiamo la ricevuta di ritorno o l'ufficiale ci fa la relata. Qui sappiamo il giorno in cui si è perfezionata la notifica: da questo giorno dobbiamo calcolare i 30 giorni ed entro il 30° giorno dobbiamo fare il deposito del ricorso. Cosa dobbiamo depositare? Il ricorso più la prova dell'avvenuta notifica, cioè o la relata dell'ufficiale giudiziario o la cartolina di ritorno. Ovviamente noi ce li abbiamo nel momento in cui ci torna la cartolina o l'ufficiale giudiziario ci fa la concessione di scaricarci l'originale, perchè se lo tiene lì o se decide di fare sciopero, noi l'originale con la relata non ce l'abbiamo.

Cosa possiamo fare? Il codice codifica quanto era già previsto prima e che va sotto il nome gergale di deposito della velina, che è la copia semplice dell'atto con la richiesta dell'avvenuta notifica. Decide:

è fatta salva la facoltà della parte di effettuare il deposito dell'atto anche se non è ancora pervenuto al destinatario sin dal momento in cui la notificazione del ricorso si perfeziona per il notificante.

E quindi noi andiamo dall'ufficiale giudiziario, gli diamo l'originale, lui se lo tiene e va a fare la notifica e ci impiega il tempo che ci impiega, però ci rilascia un foglio dove dice: Tizio ha presentato l'atto per la notifica. Quindi ad una copia normale del ricorso ci appiccichiamo la richiesta di notifica dell'ufficiale giudiziario e possiamo depositare quello.

Perchè si fa questo? Perchè non sappiamo quando le cartoline ci tornano, non sappiamo quando l'ufficiale si degna di scaricare l'originale ed il termine di 30 giorni noi lo dobbiamo rispettare perchè altrimenti il ricorso è inammissibile e quindi se noi pensiamo che l'originale dell'atto non ce l'abbiamo in tempo utile, facciamo il deposito della velina.

Fermo restando che il comma 3 dell'articolo 45 ci dice che:

In assenza della prova del perfezionamento della notifica, le domande introdotte non possono essere esaminate.

Noi abbiamo la facoltà di depositare la velina ed il ricorso viene ricevuto e depositato, ma finchè non dimostriamo che il destinatario ha ricevuto la notifica, non possiamo provare l'instaurazione del contraddittorio e quindi fino a quel momento il giudice non si può pronunciare sulle domande. Non è un problema con l'udienza di merito, se invece abbiamo un provvedimento cautelare e dobbiamo andare presto in decisione, vedremo che c'è un mezzo consentito dal codice che ci consente di dimostrare che il destinatario ha ricevuto la notifica anche se non ci è tornata la cartolina.

Allora noi abbiamo il ricorso, abbiamo fatto la notifica, abbiamo l'originale e quindi lo depositiamo. A questo punto il rapporto processuale è instaurato ed inizia il giudizio.

Deposito.[]

Dopo la notifica il ricorso va notificato nel termine di 30 giorni decorrente dal momento in cui si perfezionano, per il destinatario la notificazione.

Entro il 30esimo giorno a pena di inammissibilità del ricorso il ricorso va depositato unitamente alla prova delle avvenute notifiche.

Se sono fatte con l'ufficiale giudiziario vanno depositate le relate; se invece l'ufficiale giudiziario le ha fatte tramite servizio postale od alla notifica vi ha provveduto l'avvocato abilitato vanno depositate le cartoline di ritorno.

Oltre al ricorso, il ricorrente deve depositare il provvedimento impugnato se nella sua disponibilità.

Si è lungamente discussose fosse o meno necessario il deposito del provvedimento impugnato, perchè un tempo il testo unico della legge dinnanzi al Consiglio di Stato prevedeva come obbligatorio il deposito del provvedimento insieme al riorso, questo rendeva il deposito un'operazione piuttosto complessa nel caso in cui il ricorrente non avesse il provvedimento.

La giurisprudenza riteneva che, se non era in suo possesso, dovesse rivolgersi alla Pubblica Amministrazione chiedendo copia del provvedimento e se la Pubblica Amministrazione avesse negato il rilascio della copia del provvedimento, il ricorrente avrebbe dovuto far constatare il rifiuto della Pubblica Amministrazione di rilasciare copia del provvedimento dal pubblico ufficiale.

L'ufficiale giudiziario doveva constatare che la Pubblica Amministrazione si rifiutava di rilasciare il provvedimento. Dopodichè con il verbale di rifiuto del provvedimento si dovrebbe depositarlo quando si costituisce.

Il problema è stato superato con la norma ripresa dall'ultimo comma dell'articolo 45, che dice:

La mancata produzione, da parte del ricorrente, della copia del provvedimento impugnato e della documentazione a sostegno del ricorso non implica decadenza'.

Quindi posso depositare il provvedimento se ce l'ho. Se invece non è in mio possesso e quindi non lo deposito, non avrò conseguenze di ordine processuale perchè è la Pubblica Amministrazione a dover depositare il provvedimento impugnato.

Arriviamo così al passaggio successivo, al deposito.

Ricorso è notificato, depositato entro 30 giorni, a questo punto il contraddittorio è instaurato fuori dal processo attraverso la notificazione.

C'è un ulteriore termine previsto per la costituzione di tutte le altre parti.

Questo termine è stabilito dall'articolo 46 ed è di 60 giorni:

Nel termine di 60 giorni dal perfezionamento nei propri confronti della notificazione del ricorso, le parti intimate possono costituirsi, presentare memorie, fare istanze, indicare i mezzi di prova di cui intendono valersi e produrre documenti.

Ciascuna parte ha il termine di 60 giorni, da quando riceve la notifica del ricorso per costituirsi.

In procedura civile il termine fissato per la comparizione delle parti (che va indicato nell'atto di citazione) determina una serie di decadenze. Questo regime di decadenze non vale per il processo amministrativo.

Le parti possono anche costituirsi successivamente a questo termine e possono in ogni momento presentare memorie, presentare istanze e richiedere mezzi istruttori.

Il limite temporale cade a ridosso dell'udienza di discussione del ricorso, quindi non è un termine perentorio che comporta decadenziale, ma è un termine dilatorio.

Significa che se le parti hanno a disposizione 60 giorni, per costituirsi l'udienza non può essere fissato prima del 60esimo giorno, questo perchè è un termine a tutela delle parti. Prima di questi 60 giorni il ricorso non può essere deciso.

Chi si costituisce? I controinteressati che lo sanno e quindi che hanno ricevuto notifica del ricorso, ovviamente la loro costituzione non è obbligatoria.

Può decidere di costituirsi anche la stessa Pubblica Amministrazione che ha emanato il provvedimento, non è un obbligo!

La Pubblica Amministrazione potrebbe scegliere di non costituirsi, la valutazione dipende da scelte di opportunità della stessa Pubblica Amministrazione. Siccome deve tutelare l'interesse collegato con il provvedimento è opportuno che si costituisca, anche perchè ove dovesse riportare una condanna, la Corte dei Conti potrebbe censurare il comportamento della Pubblica Amministrazione che pur avendo ricevuto la notifica ha deciso di non costituirsi e quindi non difendendosi. Quindi anche per la Pubblica Amministrazione non è obbligatorio costituirsi salvo la rilevanza sotto il profilo della responsabilità amministrativa di non costituirsi.

La Pubblica Amministrazione, come i controinteressati, deve costituirsi attraverso un avvocato, salvo rarissimi casi.

Continua l'articolo 46 dicendo:

L'amministrazione, nel termine di cui al comma 1, deve produrre l'eventuale provvedimento impugnato, nonchè gli atti ed i documenti in base ai quali l'atto è stato emanato, quelli in esso citati e quelli che l'amministrazione ritiene utili al giudizio.

La norma stessa dice alla Pubblica Amministrazione di produrre il provvedimento impugnato.

La Pubblica Amministrazione potrebbe decidere di non costituirsi. L'obbligo di depositare i documenti la riguarda direttamente e può assolverlo senza chiamare un avvocato.

Dal mancato deposito il giudice può trarre argomenti di prova.

Il deposito dei documenti non equivale a costituirsi, semplicemente assolve l'obbligo previsto dal codice. Ed un obbligo di correttezza nei confronti del giudice, perchè questo non può annullare un provvedimento che non ha mai visto.

Cosa deve produrre la Pubblica Amministrazione?[]

Innanzitutto il provvedimento impugnato.

Poi la norma aggiunge che deve produrre anche i documenti in base ai quali l'atto è stato emanato e quindi occorrerà ricostruire il procedimento che ha portato all'emanazione di quell'atto.

A volte questi sono richiamati nell'atto, per questo la norma dice

Quelli in esso citati.

La norma conclude includendo anche quelli che la Pubblica Amministrazione ritiene utili per il giudizio. Qui abbiamo la massima libertà per la Pubblica Amministrazione di stabilire quali sono gli atti che pur non essendo richiamati nel provvedimento sono utili per valutare non tanto la validità del provvedimento ma il vero oggetto del processo, e cioè il rapporto amministrativo, per cui servono tutti i documenti.

Anche questo termine di 60 giorni per la produzione di documenti è un termine non perentorio. Quindi la Pubblica Amministrazione può rimanere inerte. Un comportamento scorreto dal punto di vista processuale, ma può decidere di non depositare nulla.

Vedremo che essendo un obbligo previsto dal codice, lo stesso codice riconosce al giudice il potere d'ufficio di ordinare alla Pubblica Amministrazione di esibire quel documento perchè non si deve arrivare al giudizio senza il provvedimento impugnato.

Quindi su istanza di parte o d'ufficio, il giudice può sempre ordinare alla Pubblica Amministrazione di produrre il documento, ovviamente questo potere sussiste nella misura in cui è scaduto il termine di 60 giorni. Alla scadenza dito termine se la Pubblica Amministrazione non ha presentato i documenti, il ricorrente può presentare al giudice un'istanza istruttoria volta a far sì che lui stesso ordini alla Pubblica Amministrazione di produrli.

Il terzo comma dice:

Della produzione di cui al comma 2 è data comunicazione alle parti costituite a cura della segreteria.

Significa la segreteria del TAR, quando la Pubblica Amministrazione deposita i documenti, ne deve dare avviso alle parti costituite. Ovviamente nel domicilio eletto.

Mettiamo il caso in cui la Pubblica Amministrazione produca quello che si chiama provvedimento sopravvenuto. In questo caso le parti ne devono essere a conoscenza perchè se interviene un provvedimento sopravenuto il ricorrente per non incorrere nell'inammissibilità per sopravvenuto difetto di interesse deve impugnarlo per motivi aggiunti. Però non possiamo pretendere che il ricorrente od i controinteressati vadano tutti i giorni a controllare se la Pubblica Amministrazione ha pubblicato il documento. Allora il legislatore prevede l'obbligo per la segreteria di dare comunicazione dell'avvenuto deposito dei documenti.

Da quando l'avvocato del ricorrente riceve la comunicazione del deposito del provvedimento decorrono i 60 giorni per impugnare il provvedimento sopravvenuto oppure per impugnare il provvedimento presupposto, cioè emanato prima del provvedimento impugnato di cui però non ero a conoscenza.

Il giudice amministrativo può disporre un'integrazione del contraddittorio, ma non è detto che lo faccia. Quindi abbiamo l'ipotesi in cui ci siano dei controinteressati, il ricorrente abbia notificato ad uno solo dei controinteressati ed il giudice non abbia ordinato il contraddittorio.

Poi esiste tutta una serie di terzi che possono subire direttamente od indirettamente gli effetti della sentenza. Quindi non sono controinteressati in senso proprio, ma sono soggetti terzi che dall'accoglimento o dal rigetto del ricorso possono trarre un vantaggio od uno svantaggio.

Articolo 28. intervento:

Se il giudizio non è stato promosso contro alcuna delle parti nei cui confronti la sentenza deve essere pronunciata, queste possono intervenirvi, senza pregiudizio del diritto di difesa.

Chiunque non sia parte del giudizio e non sia decaduto dall'esercizio delle relative azioni, ma vi abbia interesse, può intervenire accettando lo stato ed il grado in cui il giudizio si trova.

Il giudice, anche su istanza di parte, quando ritiene opportuno che il processo si svolga nei confronti di un terzo, ne ordina l'intervento.

L'articolo 28 prevede proprio questi due diversi soggetti:

  • Comma 1: si fa riferimento ai controinteressati, perchè come tali la pronuncia va anche nei loro confronti. Quindi se non gli viene notificato il ricorso, questi controinteressati pretermessi possono intervenire.
  • Comma 2:dice "chiunque", chiunque terzo, diverso dal controinteressato pretermesso, se vi ha interesse vi può intervenire.

Mentre il comma 1 dice che il controinteressato pretermesso non avrà pregiudizio per il diritto di difesa, i soggetti di cui al comma 2 dovranno accettare il giudizio allo stato e grado in cui si trova. Questo perchè per il controinteressato pretermesso il giudice doveva ordinare l'integrazione del contraddittorio, quindi, se c'è un interessato che non ha potuto partecipare, gli atti devono essere ripetuti e quindi questo non deve avere pregiudizio per la difesa.

Il controinteressato interviene ma ha, in quanto controinteressato, diritto di chiedere che siano ripetuti gli atti processuali a cui non ha partecipato.

Invece il comma 2 dice che i terzi, non cointrointeressati, che ritengono di avere interesse possono intervenire ma devono accettare il processo nello stato in cui si trova, perchè non essendo controinteressati non vanno ripetuti gli atti.

L'intervento, a seconda da che parte si interviene, può avvenire: ad adiuvandum, se si interviene a lato del ricorrente; ad opponendum, se si interviene schierandosi dalla parte della Pubblica Amministrazione.

L'intervento ad opponendum è più facile perchè la giurisprudenza ritiene che non si debba dimostrare un particolare interesse e basta anche un interesse di fatto, perchè la Pubblica Amministrazione difende un interesse pubblico.

Diverso è il caso dell'intervento dalla parte del ricorrente. L'intervento ad adiuvandum può essere un intervento adesivo od un intervento litisconsortile. è adesivo quando intervengo dalla parte del ricorrente e mi limito a supportarlo nella sua azione, cioè non deduco nulla di nuovo. Mi limito ad aiutare il ricorrente nel sostenere le sue censure di illegittimità del provvedimento impugnato, quindi in realtà aderisco alla sua strategia processuale. Anche questo tipo di intervento non richiede una particolare dimostrazione. Diverso è il caso dell'intervento litisconsortile, cioè entro in giudizio dalla parte del ricorrente ma propongo domande nuove sebbene collegate a quelle del ricorrente.

La giurisprudenza ha ampiamente discusso la possibilità dell'intervento litisconsortile ed è arrivata alla conclusione per cui non c'è ragione per non ammettere l'intervento litisconsortile purchè non serva ad eludere il tempo per l'impugnazione.

Come si fa l'intervento?[]

Articolo 50 - Intervento volontario in causa:

L'intervento è proposto con atto diretto al giudice adito, recante l'indicazione delle generalità dell'interveniente. L'atto deve contenere le ragioni su cui si fonda, con la produzione dei documenti giustificativi, e deve essere sottoscritto ai sensi dell'articolo 40 comma 1 lettera D.

L'atto di intervento è notificato alle altre parti ed è depositato nei termini di cui all'articolo 45; nei confronti di quelle costituite è notificato ai sensi dell'articolo 170 del codice di procedura civile.

Notificato e depositato come un ricorso, quindi nel termine di 30 giorni dall'ultima notifica.

C'è un'aggiunta "nei confronti delle parti costituite è notificato ai sensi dell'articolo 170 del codice di procedura civile", cioè se sono le altre parti non posso notificarglielo nella loro sede, ma essendo costituite devo notificare l'intervento nel domicilio eletto nel giudizio.

Il comma 3 dice:

Il deposito dell'atto di intervento di cui all'articolo 28 comma 2 è ammesso fino a 30 giorni prima dell'udienza.

Il riferimento all'articolo 28 comma 2 riguarda l'intervento dei terzi, quindi non i controinteressati pretermessi. Non stabilisce un termine per la proposizione dell'intervento, ma dice che il deposito è ammesso fino a 30 giorni prima dell'udienza. Quindi sostanzialmente non esiste un termine per proporre intervento, posso proporlo quando voglio, fermo restando che devo depositarlo almeno 30 giorni prima dell'udienza. Questo è l'unico termine e riguarda l'intervento dei terzi. Mentre per l'intervento dei controinteressati, cioè quelli previsti dall'articolo 28 comma 1, non c'è un termine per depositare l'intervento.

Ovviamente se avverrà in prossimità dell'udienza, si potrà porre un problema di contraddittorio con l'interveniente, cioè l'interveniente dovrà poter replicare ed eventualmente questo potrù essere motivo per il rinvio dell'udienza, ma l'intervento può avvenire in qualsiasi stato del giudizio e questo conferma l'ipotesi che se l'intervento è litisconsortile, io non posso essere decaduto perchè altrimenti lo utilizzerei per recuperare i termini scaduti.

L'articolo 39 comma 2 richiama le norme del codice di procedura civile per quanto riguarda le notificazioni e le leggi speciali, però in realtà ci sono alcune deroghe. Nel processo amministrativo, infatti, il giudice può ad esempio autorizzare la notifica a mezzi di pubblici proclami, cosa in realtà prevista alche dal codice di procedura civile, ma lì occorre comunque l'intervento dell'ufficiale giudiziario.

L'altra deroga importante è fissata dall'articolo 52 dove si dice che

Il Presidente del TAR può autorizzare la notificazione del ricorso o di provvedimenti anche direttamente dal difensore con qualunque mezzo idoneo, compresi quelli per via telematica o fax.

Queste sono le due importanti deroghe rispetto alla disciplina del codice di procedura civile.

Ora: abbiamo fatto il ricorso, l'abbiamo notificato, l'abbiamo depositato, a questo punto inizia il giudizio: inizia quella serie di atti processuali che ci porterà alla decisione del riorso, e quindi all'atto conclusivo del processo di primo grado che è appunto la sentenza. L'obiettivo del giudizio di primo grado è arrivare ad una sentenza.

Ovviamente, come tutti i processi, c'è bisogno di un'istruttoria: ciò che separa l'atto dalla costituzione della sentenza è il compimento dell'istruttoria. La rappresentazione dinnanzi al giudice delle vicende di causa.

Il processo amministrativo in realtà è un processo documentale che si basa sul provvedimento impugnato e sugli altri atti compiuti nel procedimento, qua la rappresentazione della realtà è molto più ridotta, si possono chiedere ed acquisire mezzi istruttori, testimonianze ecc, però diciamo che è un aspetto piuttosto marginale nel processo amministrativo. Quindi tendenzialmente di un'istruttoria non c'è nemmeno bisogno, o meglio i casi in cui c'è bisogno di un'istruttoria sono piuttosto ridotti. Tanto è vero che non esiste, neanche dopo il codice del processo amministrativo, un giudice istruttore come esiste nel processo civile.

L'attività istruttoria più importante la fa l'amministrazione che, ai sensi dell'articolo 46, è tenuta a depositare il provvedimento, gli atti ed i documenti.

Quindi, tendenzialmente dopo la costituzione delle parti, salva la parentesi dell'istruttoria se disposta, si arriva all'udienza.

Salvo in alcuni casi, l'udienza non consegue automaticamente al deposito del ricorso ed alla costituzione delle parti, noi abbiamo i termini dilatori, che sono i famosi 60 giorni per la costituzione, ma non è detto che dopo questi 60 giorni ci venga fissata l'udienza: normalmente l'udienza non è fissata e quindi dovremmo fare un'ulteriore attività processuale perchè il giudice fissi quell'udienza, e siccome il carico di lavoro dei TAR è sempre piuttosto consistente non è dato sapere quando verrà fissata.

Però tendenzialmente la giustizia amministrativa è molto più rapida ed efficiente della giustizia ordinaria, a parte rari casi si ha la decisione in primo grado entro un anno e la decisione in appello nell'anno successivo.

Peraltro tra la costituzione e l'udienza capita, molto più frequentemente che nel giudizio ordinario che scatti l'incidente processuale determinato dalla pronuncia sulla richiesta di misure cautelari.

Cos'è la cautela?[]

Quello che diceva Chiovenda, cioè: il mezzo per evitare che il tempo necessario del processo non vada a danno di chi ha ragione.

Qual è la caratteristica fondamentale della tutela cautelare nel processo amministrativo?

SOlo in tempi relativamente recenti noi disponiamo nel processo amministrativo di una tutela cautelare veramente efficace, perchè fino al 2000 l'unica misura cautelare che io potevo chiedere al giudice amministrativo era quella di sospendere l'esecuzione del provvedimento impugnato. Quindi una misura catelare di tipo meramente inibitorio che non faceva altro che anticipare la pronuncia di merito, perchè se il giudice nel merito non può che annullare il provvedimento, l'unica misura che anticipa l'annullamento è la sospensione dell'esecuzione. Questa era una caratteristica del processo amministrativo, che può andare bene per gli interessi oppositivi, è invece una misura cautelare che non è adeguata agli altri interessi di carattere pretensivo, perchè se io ho chiesto un'autorizzazione e l'amministrazione me la nega, io posso anche chiedere la sospensione dell'esecuzione del diniego, ma non equivale a darmi medio tempore l'autorizzazione.

Questa è una prima caratteristica del processo amministrativo, che è stata censurata dalla Corte Costituzionale nel 1985 con riferimento alla giurisdizione esclusiva, perchè laddove si trattava di diritti soggettivi la Corte Cnostituzionale ha dichiarato l'incostituzionalità delle norme sul processo amministrativo nella parte in cui non prevedono, nella giurisdizione esclusiva, che il giudice possa adottare provvedimenti analoghi all'articolo 700 del codice di procedura civile.

L'altra caratteristica della tutela cautelare nel processo amministrativo era quella sostanzialmente della definitività del provvedimento cautelare. Noi sappiamo che il provvedimento cautelare è per sua natura provvisorio, cioè rimane in piedi fino a quando non c'è la sentenza del giudice amministrativo. Nel processo amministrativo per prassi prevalente, ottenuto il provvedimento cautelare il ricorrente ora indotto a non chiedere la fissazione.

Su entrambi i profili, cioè l'ampiezza della tutela cautelare e la definitività dei provvedimenti cautelari, è intervenuto già il legislatore del 2000 e poi ovviamente il codice che ha sostanzialmente modificato quello che già era stato oggetto della riforma del 2000.

La prima importante modifica è quindi il riconoscimento al giudice amministrativo di un potere cautelare generale ed atipico, cioè quindi non cristallizzato, non tipizzato in un provvedimento specifico. Il giudice può cioè adottare qualsiasi misura cautelare che ritenga sufficieente o necessaria per tutelare medio tempore il ricorrente. Quindi ormai la tutela cautelare nel processo amministrativo è parificata alla tutela cautelare che può emanare il giudice ordinario col 700 del codice di procedura civile, quindi è un potere generale ed atipico.

Poi ovviamente la prassi offre una serie infinita di provvedimenti cautelari. Immaginiamo l'esempio tipico: il ragazzino è escluso all'esame di maturità perchè non supera gli scrutini. Lo scrutinio è illegittimo ma poichè l'esame di maturità si svolge una volta sola all'anno non posso aspettare che si pronunci il giudice, dovrò fare ricorso contro il diniego di ammissione all'esame di maturità e l'unico provvedimento cautelare che il giudice può adottare è l'ammissione con riserva, cioè se ritiene che vi sia una parvenza di fondatezza lo ammetta con riserva, se avrò ragione sarò diplomato, se avrò torto nel merito decadrà quell'ammissione con riserva e quindi anche gli effetti e provvedimenti successivi adottati.

Altro esempio di provvedimento cautelare atipico è la cosiddetta sospensiva di rinvio chiedo un'autorizzazione e l'amministrazione me la nega illegittimamente. Ovviamente la semplice sospensione del diniego non equivale a darmi l'autorizzazione ma il giudice non mi può autorizzare lui con provvedimento cautelare: l'unica possibilità è di accogliere la misura cautelare ordinario all'amministrazione di riesaminare la mia istanza senza i vizi in cui era in corsa nel primo diniego. è sostanzialmente un rinvio all'amministrazione, questa potrebbe allora rilasciare l'autorizzazione e quindi cessa la materia del contendere, oppure negarla di nuovo e quindi abbiamo un atto sopravvenuto e quindi dobbiamo impugnarlo con i motivi aggiunti.

La prassi conosce una serie indeterminata di provvedimenti cautelari.

La tutela è quindi di carattere generale ed atipica, non ci limitiamo solo alla sospensione del provvedimento.

L'altro problema, cioè quello del provvedimento cautelare che diventa definitivo, è stato risolto dicendo che il provvedimento cautelare ordinario è dato dalla fissazione dell'udienza di merito. Se c'è un rischio di pregiudizio, se questo pregiudizio non è talmente impellente il provvedimento cautelare consiste nel fissare l'udienza nel termine più breve è la fissazione immediata dell'udienza, siccome sappiamo che questa non ci viene fissata subito, allora noi facciamo una richiesta di provvedimento cautelare anche se non abbiamo i presupposti per ottenere poi la fissazione nel merito il prima possibile. è utilizzata, cioè, la richiesta di provvedimento cautelare per avere un'udienza in tempi brevi.

Nel processo amministrativo, come nel processo ordinario, due sono i presupposti che devono sussistere per la concessione della misura cautelare: il periculum in mora ed il fumus boni iuris. Il periculum in mora è, come dice il codice, l'esistenza di un pregiudizio grave ed irripetibile. Il fumus boni iuris è la verosimigliante fondatezza del ricorso.

La gravità del pregiudizio è un aspetto prevalentemente soggettivo, cioè un pregiudizio può essere grave per un soggetto ma non per un altro. La gravità è un aspetto che va valutato rispetto alle condizioni del ricorrente.

L'irreparabilità è invece un dato oggettivo: è per definizione un danno che non è più riparabile. Certi danni sono senz'altro irripetibili: ordinanza di demolizione di un edificio, la demolizione determina un effetto irreparabile.

Tutti i danni patrimoniali invece sono sempre riparabili per equivalente, salvo il caso del nostro dipendente che con la retribuzione ci campa, però tendenzialmente il danno economico - patrimoniale non è un danno irreparabile.

Ovviamente la valutazione sul periculum in mora è una valutazione che il giudice deve fare in modo comparato. Siccome si tratta di un provvedimento amministrativo o comunque di una controversia che riguarda un interesse pubblico, l'altro pericolo che dobbiamo prendere in considerazione è il pericolo per l'interesse pubblico. Il giudice amministrativo deve fare una valutazione ponderata tra i due interessi: appalto per la fornitura di una TAC per un ospedale, ovviamente chi non ha vinto l'appalto fa ricorso perchè ha danno di 3 milioni di euro, il che comporterebbe la sospensione della fornitura,ma se noi tardiamo nel fornire un apparecchio del genere ad un ospedale e non riesce a fare gli esami diagnostici o ha dei tempi di attesa lunghissimi. Quindi mettiamo sulla bilancia l'interesse del ricorrente e l'interesse pubblico dell'amministrazione e valutiamo qual è il prevalente.

I requisiti del periculum in mora e del fumus boni iuris cumulativi e non alternativi: deve esserci il danno, il pregiudizio grave ed irreparabile e poi ci deve essere il fumus. Già se non c'è il pregiudizio grave ed irreparabile non si dà la tutela cautelare. Una volta che abbiamo valutato se c'è il periculum, dobbiamo stabilire se c'è anche il fumus.

Perchè si dice fumus boni iuris, cioè la verosimigliante fondatezza del ricorso: perchè il provvedimento cautelare è adottato in base ad una cognizione sommaria, deve essere visibile od in base ad una cognizione sommaria, deve essere visibile od ictu oculi rilevabile una verosimigliante fondatezza del ricorso, cioè il ricorso non deve essere palesemente inammissibile e la tesi sostenuta deve essere fondata a livellodi una cognizione sommaria.

Questo comporta che non necessariamente poi la sentenza sia conforme o coerente con la sospensiva: cioè ammettiamo che il giudice abbia ritenuto che il mio ricorso era assistito dal fumus, ma poi in base ad una cognizione piena del fatto del ricorso potrebbe nella sentenza decidere diversamente da quello che ha deciso in sede cautelare.

Tutela cautelare.[]

Il codice dedica alla tutela cautelare numerosi articoli; esaminiamo l'ipotesi ordinaria di che cosa succede alla richiesta cautelare.

Articolo 55 comma 1:

Se il ricorrente, allegando di subire un pregiudizio grave ed irreparabile durante il tempo necessario a giungere alla decisione sul ricorso, chiede l'emanazione di misure cautelari, compresa l'ingiunzione a pagare una somma in via provvisoria, che appaiono, secondo le circostanze, più idonee ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso, si pronuncia con ordinanza emessa in Camera di Consiglio.

Questo comma cosa dice? Ci dice che deve sussistere il pregiudizio grave ed irreparabile, che il giudice può adottare qualsiasi misura idonea ad assicurare in via provvisoria gli effetti della decisione sul ricorso. Quindi, individua quale elemento della tutela cautelare quello della strumentalità e della provvisorietà; cioè, deve assicurare "in via provvisoria": vuol dire che il provvedimento cautelare è un provvedimento provvisorio.

Assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso: è qui la strumentalità, cioè la misura cautelare è strumentale alla decisione di merito, cioè il giudice cautelare deve e può adottare tutte le misure che risultano idonee ad assicurare la decisione sul merito, o meglio, che la decisione sul merito giunga, come si dice, re adhuc integra, cioè senza che si verifichino dei fatti irreversibili.

La norma ci dice che, se chiediamo questa tutela cautelare, il collegio si pronuncia con ordinanza emessa in camera di consiglio; quindi, ci dice:

  • Qual è l'organo: è il collegio; quindi si tratta di un provvedimento collegiale;
  • Qual è il provvedimento: è l'ordinanza; diversamente dalla sentenza, è un atto endoprocessuale che, in termini generali, non può acquisire effetti di giudicato: quindi, l'ordinanza è il tipico provvedimento provvisorio che adotta il giudice. è un'ordinanza pronunciata dal collegio e quindi c'è un'ordinanza collegiale;
  • Pronunciata dove? In camera di consiglio, cioè attraverso quel procedimento che consente al giudice di decidere in modo celere sulla richiesta, quindi è un rito molto breve.

Comma 2:

Qualora dalla decisione sulla domanda cautelare derivino effetti irreversibili, il Collegio può disporre la presentazione di una cauzione, anche mediante fideiussione, cui subordinare la concessione od il diniego della misura cautelare. La concessione od il diniego della misura cautelare non può essere subordinata a cauzione quando la domanda cautelare attenga a diritti fondamentali della persona od ad altri beni di primario rilievo costituzionale. Il provvedimento che impone la cauzione ne indica l'oggetto, il modo di presentarla ed il termine entro cui la presentazione va eseguita.

Qua il riferimento all'ipotesi in cui l'ordinanza determini degli effetti irrebersibili: normalmente l'ordinanza non determina effetti irreversibili, perchè, essendo un provvedimento provvisorio, non potrebbe determinare effetti irreversibili; può capitare che, di fatto, l'ordinanza possa determinare degli effetti irreversibili ed a questo punto il giudice può concedere la misura cautelare subordinandone l'efficacia alla presentazione della cauzione.

Ipotizziamo che ci sia un'ordinanza che impone al proprietario di un'area la bonifica dai rifiuti che sono lì presenti: molto spesso in questi casi si fa ricorso perchè si dice "io sono proprietario del fondo ma non sono l'inquinatore e non sono chi ha messo i rifiuti e quindi non posso essere obbligato a rimuoverli": possiamo impugnare questa ordinanza ed il giudice potrebbe dire" io posso concederti la tutela cautelare, però avendo dei dubbi su chi paga e se ci sono le risorse, io ti concedo la misura cautelare, ma tu intanto prestami una cauzione in modo che, se poi nel merito decido che hai torto e devi rimuoverli, l'amministrazione può utilizzare la cauzione per coprire le spese della rimozione se tu non vorrai rimuoverli"; quindi, subordina l'efficacia dell'ordinanza alla presentazione della cauzione. Ovviamente, la cauzione non può essere richiesta quando si tratta di beni fondamentali e quando la dispone il giudice stesso, che stabilisce come farla.

Comma 3:

La domanda cautelare può essere proposta con il ricorso di merito o con distinto ricorso notificato alle altre parti.

Qua significa che io posso proporla con ricorso oppure con un atto separato, successivo: perchè il periculum grave ed irreparabile potrebbe non esserci al momento in cui io faccio ricorso ma potrebbe sopraggiungere durante il processo

Comma 4:

La domanda cautelare è improcedibile finchè non è presentata l'istanza di fissazione dell'udienza di merito, salvo che essa debba essere fissata d'ufficio.

Salvo i casi in cui è fissata d'ufficio, e sono rarissimi, affinchè venga fissata la camera di consiglio per la decisione sulla domanda cautelare è necessario presentare l'istanza di fissazione dell'istanza: abbiamo detto che il semplice deposito del ricorso non comporta la fissazione dell'udienza ma bisogna compiere un ulteriore atto, cioè presentare l'istanza di fissazione dell'udienza.

Perchè è improcedibile finchè non si faccia l'istanza di fissazione? Vedremo che il provvedimento cautelare ordinario nel processo amministrativo non è tanto la sospensione del provvedimento od altre misure cautelari, quanto, invece, l'immediata fissazione dell'udienza. Il giudice deve privilegiare, tra tutti i provvedimenti cautelari, l'immediata fissazione dell'udienza per la pronuncia della sentenza; se la tutela cautelare serve per evitare che il tempo vada a danno del ricorrente, qual è il modo migliore di tutelarlo se non fissare subito l'udienza? Ma per fissare subito l'udienza, il giudice ha bisogno dell'istanza di fissazione dell'udienza: per cui la norma dice "se vuoi che ti fisso la Camera di Consiglio per la tutela cautelare, tu mi devi subito presentare l'istanza di fissazione in modo che io, se lo riterrò, anzichè darti il provvedimento cautelare, potrò fissare subito l'udienza per la discussione del ricorso".

Comma 5:

Sulla domanda cautelare il Collegio pronuncia nella prima camera di consiglio successiva al ventesimo giorno dal perfezionamento, anche per il destinatario, dell'ultima notificazione e, altresì, al decimo giorno dal deposito del ricorso. Le parti possono depositare memorie e documenti fino a due giorni liberi prima della camera di consiglio.

Abbiamo visto che esiste un termine per la costituzione delle parti, che è di 60 giorni dal perfezionamento della notifica; qui siamo in sede cautelare, quindi i tempi sono molto più stretti e la camera di consiglio deve essere fissata ma in tempi più brevi rispetto ai 60 giorni: qua dice 20 giorni, dice che non può essere fissata prima di 20 giorni; quiindi io so che quando notifico il ricorso, da quando si perfeziona la notifica per il destinatario, devono decorrere almeno 20 giorni prima che il giudice fissi la camera di consiglio: quindi questi 20 giorni sono un termine dilatorio che deve trascorrere necessariamente perchè prima di quel termine non si può fissare la camera di consiglio.

Le parti possono produrre memorie e documenti fino a 2 giorni liberi prima: i giorni liberi sono i giorni che vanno calcolati all'indietro dalla camera di consiglio e che non considerano la domenica, quindi sono liberi.

Comma 6:

Ai fini del giudizio cautelare, se la notificazione è effettuata a mezzo del servizio postale, il ricorrente, se non è ancora in possesso dell'avviso di ricevimento, può provare la data di perfezionamento della notificazione producendo copia dell'attestazione di consegna del servizio di monitoraggio della corrispondenza nel sito internet delle poste. è fatta salva la prova contraria.

Noi possiamo notificare, e possiamo farlo od attraverso l'ufficiale giudiziario o noi stessi, in quanto avvocato, attraverso il servizio postale; però, non abbiamo la possibilità di incidere sul tempo in cui impiega la cartolina a tornare. Se la spedizione della raccomandata è piuttosto rapida, la cartolina torna con la posta ordinaria e quindi potrebbe anche arrivare dopo mesi da quando il destinatario l'ha ricevuta; ma noi dobbiamo discutere la tutela cautelare e quindi non possiamo aspettare che le poste ci consegnino la cartolina di ricevimento.

Qui il codice dice "Tu puoi provare che il destinatario l'ha ricevuta andando sul sito delle poste, mettendo il numero della raccomandata ed avendo quell'estratto ce dice consegnata il ...". Questo è sufficiente per ritenere che il destinatario abbia ricevuto la notifica, ma è ovviamente salva la prova contraria, cioè il destinatario potrebbe provare che non l'ha ricevuta.

Questa è una norma che non esiste nel codice di procedura civile.

Comma 7:

Nella camera di consiglio le parti possono costituirsi ed i difensori sono sentiti ove ne facciano richiesta. La trattazione si svolge oralmente ed in modo sintetico.

Questa riguarda la camera di consiglio; mentre all'udienza l'avvocato è ammesso d'ufficio perchè l'udienza è pubblica, la camera di consiglio non è pubblica perchè è il luogo in cui il giudice decide e l'avvocato può essere sentito solo se ne fa richiesta.

La trattazione si svolge oralmente ed in modo sintetico, perchè siamo in fase cautelare, ma in realtà anche il processo amministrativo è un processo prevalentemente scritto, non ci sono quelle discussioni infinite del processo penale; solitamente si scrive, magari c'è qualcosa da aggiungere, ma evitiamo di perdere tempo. Quindi, nel processo amministrativo si discute poco; può essere che si faccia qualche precisazione, sui profili che attengono al periculum in mora e si aggiorna il collegio in base alle ultime risultanze ma, normalmente, è il collegio stesso che, quando uno entra, dice "abbiamo letto tutto, non c'è nulla da aggiungere e non abbiamo bisogno di chiarimenti", e quindi si esce e si torna a lavorare in studio. Questo, tendenzialmente, è quello che capita nel processo amministrativo.

Quindi, alla fine della camera di consiglio, il Collegio si pronuncia. L'ordinanza cautelare motiva in ordine alla valutazione del pregiudizio allegato ed indica i profili che, ad un sommario esame, inducono ad una ragionevole previsione sull'esito del ricorso; ecco qua i due presupposti: cioè, l'odinanza motiva con riferimento a cosa? Al pregiudizio, e quindi al periculum in mora, nonchè ai profili che, ad un sommario esame. inducono ad una ragionevole previsione sull'esito del ricorso.

Nel processo amministrativo è previsto l'appello, e quindi la possibilità di appellare l'ordinanza al Consiglio di Stato. L'appello si può fare in quanto l'ordinanza sia motivata.

Comma 10:

Il Tribunale amministrativo regionale, in sede cautelare, se ritiene che le esigenze del ricorrente siano apprezzabili favorevolmente e tutelabili adeguatamente con la sollecita definizione del giudizio di merito, fissa con ordinanza collegiale la data della discussione del ricorso nel merito. Nello stesso senso può provvedere il Consiglio di Stato, motivando sulle ragioni per cui ritiene di riformare l'ordinanza cautelare di primo grado, la pronuncia di appello è trasmessa al Tribunale amministrativo regionale per la sollecita fissazione dell'udienza di merito.

La prima parte dice quello che abbiamo già detto, e cioè che, se ritiene che il ricorrente possa essere tutelato adeguatamente con la fissazione dell'udienza di merito, non dà nessun provvedimento cautelare ma fissa l'udienza di merito, che è il modo migliore per tutelare il ricorrente, cioè dandogli subito l'udienza di merito e per evitare quella degenerazione della cautela nel processo amministrativo, cioè dei provvedimenti cautelari che stanno lì e diventano definitivi, senza che la controversia sia decisa con la sentenza. E quindi diciamo che la misura cautelare ordinaria è quella dell'immediata fissazione dell'udienza di merito. Poi se c'è un pregiudizio irreparabile e che quindi non consente neanche l'immediata fissazione dell'udienza di merito, allora darà il provvedimento cautelare richiesto.

Comma 11:

L'ordinanza con cui è disposta una misura cautelare fissa la data di discussione del ricorso nel merito. In caso di mancata fissazione dell'udienza, il Consiglio di Stato, se conferma in appello la misura cautelare, dispone che il Tribunale amministrativo regionale provveda alla fissazione della stessa con priorità.

Quindi proprio per evitare che il provvedimento cautelare diventi un provvedimento definitivo, il giudice, se accoglie la domanda cautelare e quindi sospende il provvedimento, è obbligato a fissare con la stessa ordinanza l'udienza di discussione, per evitare che il provvedimento cautelare acquisti di fatto una definitività che non può e non deve avere.

Comma 12:

In sede di esame della domanda cautelare il Collegio adotta, su istanza di parte, i provvedimenti necessari per assicurare la completezza dell'istruttoria e l'integrità del contraddittorio.

Questa è una norma molto importante, perchè, siccome nel processo amministrativo non ci sono tutte le udienze che ci sono nel processo ordinario, la prima volta che il Collegio esamina il ricorso è molto spesso quella in cui decide sulla tutela cautelare. Allora il codice dice: "Collegio, siccome stai esaminando il ricorso, vedi che, se è necessario che tu adotti dei provvedimenti istruttori, fallo adesso, non aspettare che arrivi l'udienza". E quindi molto spesso i giudici, in sede cautelare, oltre a pronunciarsi sulla tutela cautelare, dispongono con la stessa o con diversa ordinanza anche provvedimenti istruttori.

Ultimo comma:

Il giudice adito può disporre misure cautelari solo se ritiene sussistente la propria competenza ai sensi degli articoli 13 e 14, altrimenti provvede ai sensi dell'articolo 15 comma 4.

Siccome la competenza territoriale è inderogabile, abbiamo visto che se il giudice è incompetente territorialmente non può prinunciarsi sui provvedimenti cautelari. Deve sismettere il proprio ricorso ed indicare qual è il giudice competente. A quel giudice noi possiamo chiedere i provvedimenti cautelari.

Articolo 59:

Qualora i provvedimenti cautelari non siano eseguiti, in tutto od in parte, l'interessato, con istanza motivata e notificata alle altre parti, può chiedere al Tribunale amministrativo regionale le opportune misure attuative. Il Tribunale esercita i poteri inerenti al giudizio di ottemperanza di cui al Titolo I del Libro IV e provvede sulle spese.

Quindi che significa? Che se l'amministrazione non si adegua all'ordinanza, io posso chiedere che il giudice faccia eseguire l'ordinanza, usando lo strumento del giudizio di ottemperanza: qua ulteriore grande eccezione, perchè il giudizio di ottemperanza teoricamente richiede che ci sia una sentenza, e qui abbiamo un'ordinanza, poi richiede che la sentenza sia passata in giudicato ed invece qui abbiamo un provvedimento che non passa in giudicato, ma le ragioni di effettività della tutela sono maggiori rispetto ai principi. Per cui, anche se è un provvedimento non definitivo ed è un provvedimento che non ha efficacia di giudicato, si consente di ottenere l'esecuzione.

Ovviamente, l'appello si propone al Consiglio di Stato.

Dicevamo che le ordinanze cautelari pur essendo ordinanze sono appellabili.

L'articolo 62 dice che contro le ordinanze cautelari è ammesso appello al Consiglio di Stato, da proporre nel termine di 30 giorni dalla notificazione dell'ordinanza, ovvero di 60 giorni dalla sua pubblicazione. Quindi o l'ordinanza non c'è stata notificata e quindi il termine è di 60 giorni dalla pubblicazione in fondo all'ordinanza: depositata in segreteria. Questo è il giorno di pubblicazione dell'ordinanza. Trattandosi di provvedimenti cautelari non vale la sospensione feriale dei termini. Quella che decorre dal 1° agosto al 15 settembre, vale in generale ma non per il rito cautelare, e quindi sono 60 giorni netti.

L'appello è depositato nei termini di cui all'articolo 45, cioè 30 giorni dall'ultima notificazione e deciso in camera di consiglio con ordinanza. Quindi sostanzialmente il rito cautelare dinnanzi al Consiglio di Stato è esattamente identco a quello dinnanzi al TAR. Quindi viene decisa come ha deciso, anche il Consiglio di Stato in camera di consiglio.

La Camera di Consiglio accoglie l'ordinanza cautelare.

Articolo 60 - Definizone del giudizio in esito all'udienza cautelare:

In sede di decisione della domanda cautelare, purchè siano trascorsi almeno 20 giorni dall'ultima notificazione del ricorso, il collegio, accertata la completezza del contraddittorio e dell'istruttoria, sentite sul punto le parti costituite, può definire, in Camera di Consiglio, il giudizio con sentenza in forma semplificata.

Noi qua abbiamo un rito cautelare con la fissazione di una Camera di Consiglio per decidere su una domanda cautelare ma potrebbe essere che il giudizio arrivi, anzichè un'ordinanza, a pronunciare una sentenza. Ma per fare ciò, cosa è necessario? Noi dobbiamo accertare che il contraddittorio sia integro, cioè dobbiamo accertare che tutte le parti abbiano avuto la notifica del ricorso. Se ci sono controinteressati a cui il ricorso non è stato notificato, perchè si deve notificare ad uno solo dei controinteressati, in questo casi si può perchè ci sono dei soggetti a cui deve essere ancora notificato, quindi il giudice deve provvedere all'integrazione del contraddittorio. Ma laddove invece tutti i soggetti siano stati notificati e quindi sia integro il contraddittorio.

Quand'è che il giudice non può decidere in forma semplificata? Le parti non si possono opporre tendenzialmente, però il giudice non può decidere in forma semplificata quando una delle parti dichiara di voler proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale al regolamento di competenza ovvero regolamento di giurisdizione.

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